Furia omicida contro Lia, transessuale napoletana


Un'altra transessuale pestata nel popolare quartiere di Fuorigrotta, a Napoli, nella medesima zona in cui solo qualche mese fa era stata uccisa "piccola Ketty" e a poche settimane da altre gravissime aggressioni, sempre a sfondo transfobico.
È accaduto domenica 26 giugno, nel pomeriggio e stavolta è toccato a una ragazza trans che percorreva la strada con il suo scooter. Speronata improvvisamente da due ragazzi intenzionati probabilmente a rapinarla, Lia, questo il nome della vittima, è stata massacrata di botte dai due manigoldi appena hanno capito che si trattava di una transessuale.
Daniela Lourdes Falanga, responsabile per le politiche trans di Arcigay Napoli, ci racconta che Lia è stata sottratta alla furia omicida solo perché è sopraggiunto un automobilista che l'ha coraggiosamente soccorsa. Poi, arrivato sul posto del pestaggio anche il compagno, Lia è stata portata d'urgenza in ospedale e qui ha dovuto subire l'ennesima mortificazione da parte di un chirurgo d'urgenza che pretendeva di ricoverarla nel reparto maschile.
«Ovviamente, Lia ha abbandonato immediatamente l'ipotesi di ricovero ma le sue condizioni restano ancora molto gravi e preoccupanti -ci precisa Daniela Lourdes Falanga che sta seguendo costantemente la situazione- infatti Lia ha riportato la frattura di una costola e la lesione di un'altra. Ha il naso rotto e un polmone è probabilmente perforato. Danneggiato, ma fortunatamente non in maniera irreversibile, anche un occhio. I due rapinatori erano dunque dei potenziali killer e dobbiamo pensare che, se Lia non fosse stata tempestivamente soccorsa, oggi sarebbe morta come Ketty».
Il caso di Lia porta ancora una volta alla ribalta della cronaca nera le violenze a sfondo omotransfobico che, nel nostro paese, non sono ancora sanzionate con una giusta ed opportuna aggravante di legge.
«Infine -aggiunge Daniela Lourdes Falanga -sarebbe importante che un area ampia, inutilizzata e in disuso, come quella della Nato di Bagnoli, fosse adibita a luogo d’accoglienza per persone LGBT vittime di violenze».

Claudio Finelli
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