Gianfranco Amato: «Il Popolo della Famiglia è un'opera voluta da Dio che non può essere criticata»


Forse non tutti se ne sono accorti, ma al'interno dell'integralismo cattolico è in corso una lotta di potere. Si potrebbe tranquillamente ipotizzare che nessuno di loro abbia realmente dei seri motivi per avercela con i gay, così come non sarebbe poi così folle ipotizzare che tutta la crociata d'odio che ha mosso i loro passi servisse solo a legittimare precisi obiettivi politici. È un po' come ai tempi della Roma antica, dove l'imperatore non aveva nulla di personale contro i singoli schiavi, ma li faceva massacrare nelle arene perché ciò serviva a saziare la fame di sangue del popolo.
Vien da sé che quando Mario Adinolfi e Gianfranco Amato hanno tentato la fuga con la creazione del loro partito, gli altri gruppi si siano risentiti. In fondo non è da escludersi che ognuno di loro potesse avere in mente finalità diverse attraverso la loro attività volta a sfamare la sete di odio degli integralisti cattolici, motivo per cui non si è fetta attendere l'ira verso chi ha evidenziato come la loro ideologia sia radicata solo in un misero 0,6% di persone.
Ed è a proprio all'integralista medio che Gianfranco Amato ha scritto una surreale missiva intitolata "Lettera aperta a tutti i combattenti del Family day", nella quale sostiene di essere vittima di Satana e in cui si parla di «eserciti nemici potentissimi» e di «valanghe antropologiche».

Citando i soliti testi decontestualizzati che facciano comprendere che lui è tanto "cristiano" e tanto devoto a Dio, il segretario del partito di Adinolfi (nonché presidente dei Giuristi per la vita) scrive:

«Omne regnum in seipsum divisum desolatur, et domus supra domum cadit» (Lc 11,17). Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra, ammonisce il Signore.
Se tutti noi ci diciamo –come io credo– discepoli dell’unico Maestro, non possiamo ignorare questo Suo preziosissimo ammonimento. Non dobbiamo cadere nell’errore fatale di dividerci e litigare tra di noi. Ascoltiamo e meditiamo le Sue parole.
Vi confesso di aver vissuto con particolare dolore e sofferenza la colluttazione fratricida che si è ingaggiata giorni fa nella Rete, attraverso una serie indicibile di colpi bassi, di battute al vetriolo, di attacchi rancorosi, impensabili tra amici, e meno che mai tra fratelli. A volte mi chiedo se davvero ci consideriamo tutti figli dello stesso Padre.
Avete valutato anche quale esempio stiamo dando ai figli del mondo? Come pensate che vedano fratelli che si sbranano a vicenda con un livore che loro non riserverebbero neppure al peggior nemico?
Io non sono nessuno e non ho alcun titolo per intervenire, ma vi scongiuro di fermarvi, di cessare il fuoco, di dichiarare una tregua.
Non serve dividersi!

Questo è quanto afferma un uomo che va in giro per l'Italia a creare divisioni, predicando che gli etero debbano fare la guerra ai gay per negare loro pari dignità. È interessante, dunque, come possa sostenere che si a necessario appianare le differenze mentre si predicano divisioni. Eppure Amato appare imperterrito nel proseguire:

Vi assicuro che se vi fermaste un attimo a riflettere, se per un momento riusciste a soffocare l’acredine, se per un istante provaste a frenare l’astio, apparirebbe del tutto evidente anche a voi come questo inutile accapigliarsi vicendevole faccia semplicemente il gioco del Nemico. E non uso a caso la lettera maiuscola.
E’ chiaro che siamo sotto attacco del Maligno, del Grande Divisore, dell’«Inimicus qui seminat zizaniam». Questo da un lato mi addolora, ma dall’altro mi conferma nella bontà della nostra azione. Se diamo fastidio a Satana, significa che siamo sulla strada giusta.
Ma guardiamoci intorno! Stiamo precipitando verso l’abisso, siamo circondati da un esercito nemico potentissimo, e noi non riusciamo a trovare niente di meglio da fare che azzuffarci l’un l’altro. Ma che senso ha tirarsi addosso gli stracci proprio il giorno in cui la Cassazione avalla la stepchild adoption? Non dovremmo essere tutti impegnati, in prima fila e compatti, a lottare contro la valanga antropologica che ci sta travolgendo?
Io non sono nessuno e non ho alcun titolo per intervenire, però vi prego con il cuore in mano di considerare questo mio accorato appello alla tregua.

Insomma, gli altri sono personaggi rabbiosi e iracondi che devono soffermarsi a riconoscere quanto lui sia migliore di loro. Il tutto appellandosi al fatto che ci sono i gay che devono essere combattuti e discriminati, motivo per cui è necessario che gli altri integralisti diano a lui piena fiducia per annientare la loro vita nel nome del suo pregiudizio. Ma la sua superbia risulta qui ancora contenuta rispetto a quanto segue:

Il Popolo della Famiglia è oramai una realtà. Si tratta di un’esperienza che sta coinvolgendo tantissimi uomini e donne di buona volontà, e che continua a crescere. A tutti gli amici che nutrono perplessità verso questo progetto, e anche a tutti quelli che sono fortemente critici verso questa iniziativa che Mario Adinolfi ed io abbiamo intrapreso, chiedo una sola cosa. Solo una cosa: la saggezza di Gamaliele. Se questo progetto è di origine umana, fallirà come sono destinati a fallire tutti i progetti degli uomini, ma se viene da Dio, nessuno riuscirà a distruggerlo. Vi prego, amici, lasciate che quest’opera continui secondo il suo destino e riveli a tutti qual è la sua vera origine. «Non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!» (At 5,39).

Esatto: Amato afferma che il partito di Adinolfi sia opera di Dio e che chiunque abbia un'opinione diversa dalla sua stia combattendo Dio. Visto l'atteggiamento, a qualcuno potrebbero anche venire in mente le parole che Gesù disse nell'affermare: «Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi» (Mt 4, 4-6). Amato prosegue poi:

Colgo l’occasione per riaffermare pubblicamente il mio affetto fraterno per tutti coloro che in questi anni hanno combattuto al mio fianco, e che erano accanto a me anche al Family Day del 20 giugno 2015 e a quello del 30 gennaio 2016. Tutti, nessuno escluso. Ed è proprio in nome di questo sincero affetto fraterno che supplico tutti a non perdere inutilmente tempo cadendo nella trappola demoniaca della discordia e dello scontro intestino.
«Tempus breviatum est», dice San Paolo (1 Cor 7,29). Il tempo si fa breve, e non possiamo permetterci il lusso di sprecare energie azzannandoci tra di noi. Un giorno risponderemo di come abbiamo usato questo poco tempo che ci rimane e di come abbiamo impiegato le energie che il buon Dio ci ha dato per combattere la buona battaglia.

Ritorna il ritornello della "battaglia", ovviamente sostenendo che lui sia sicuramente dalla parte giusta. Pare quasi uno di quei film western degli anni '50 in cui i cowboy erano sempre bravi e buoni anche quando massacravano violentemente gli indiani indifesi che non avevano fatto nulla di male. Ma in fondo nessuno se ne preoccupava, dato che era John Wayne a dire che «l'unico indiano buono è l'indiano morto».
Ma il pregiudizio è questo: si parte dall'idea che si sia i migliori e che non ci si debba preoccupare degli altri o dei loro diritti, senza curarsi di mettersi nei panni di chi viene ingiustamente perseguitato per il solo fatto di esistere. Tornando alla lettera di Amato, l'avvocato prosegue:

Oggi durante la Santa Messa, don Piero Corsi, il coraggioso e pugnace Parroco di San Terenzo, dove mi trovo in questi giorni, ha commentato in modo splendido le letture liturgiche, tra cui un passo tratto dal quinto capitolo dell’Epistola di San Paolo ai Galati. E proprio mentre pensavo alla lettera che avrei voluto scrivervi, ho ascoltato queste parole: «Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!» (Gal 5,15). Riflettiamo.

Viene dunque sottolineato come lui vada a messa, quasi come se ciò lo rendesse automaticamente un buon cristiano, nonostante un simile atteggiamento paia ricordare la parabola del fariseo. Nei Vangeli Gesù racconta: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 18, 10-14).

Nonostante chiunque abbia visto uno spettacolo o un suo comizio di Amato sia solito notare che ci sia un certo protagonismo nel suo modo di atteggiarsi sul palco e nel compiacersi dinnanzi al pubblico, l'avvocato Amato provvede ad asserire che lui è il più umile degli umili (in fondo di sa che alcuni sedicenti cristiani sono bravi ad auto-assolversi quasi quanto lo sono a puntare il dito contro gli altri) ed afferma:

Chi mi conosce e mi ha seguito in questi tre anni di missione sa che io non provo alcuna ambizione umana. Non rincorro la gloria, la fama, il potere e meno che mai il denaro. Ho della gloria umana la stessa considerazione che aveva il grande Dante: «Non è il mondan romore altro ch’un fiato di vento». Avendo rinunciato a tutto, sono forse il più libero tra di voi, e questa libertà mi consente, umilmente, di mostrarvi qual è l’unica cosa che conta davvero, l’«unicum essentiale» in questo momento: l’unità nella lotta per la Verità.
Affidiamoci al Signore, nella piena consapevolezza di essere semplici strumenti della Sua volontà e non esecutori di nostri progetti personali. Solo la certezza di essere nelle mani di un Altro ci può liberare dall’umana tentazione di far prevalere la nostra volontà. Anche quando riusciamo a fare cose grandi, otteniamo inaspettati successi, dobbiamo sempre concludere la giornata ricordandoci che siamo solo «servi inutili» e che «abbiamo semplicemente fatto, quello che dovevamo fare» (Lc 17,10).
Mi firmo senza titoli. Semplicemente per quello che sono: un umile operaio nella vigna del Signore. Con affetto fraterno.

Insomma, Amato non avrebbe alcuna volontà ma è Dio a dirgli di organizzare incontri per sostenere l'esistenza di un fantomatico "gender" che possa alimentare odio e omofobia. Sarebbe poi sempre Dio a chiedere che i genitori siano spinti ad attuare vere e proprie torture psicologiche sui figli lgbt, giusto per per cercare di annullare la sessualità che Dio ha regalato loro al solo dine compiacere i pregiudizi degli inetgralisti. E chissà che non sia sempre Dio a volere che l'odio spedisca al suo fianco il maggior numero di adolescenti che il pregiudizio è in grado di uccidere.
Amato ne pare convinto, ma chiunque abbia anche solo un briciolo di fede forse una qualche domanda su quale possa essere la vera volontà di Dio se la dovrebbe anche fare.
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