Non solo omofobia, ProVita se la prende anche con il contrasto al femminicidio: «Distrugge la famiglia»


All'associazione ProVita Onlus pare non bastare più l'attacco ai gay e la promozione dell'omofobia. Nel loro mirino sono ora finite anche tutte quelle donne che, a loro dire, non dovrebbero essere protette dalla violenza di genere. La prassi utilizzata è quella classica della loro propaganda: si sostiene che non si debba valutare il caso delle singole violenze ma si debba generalizzare tutto (eccezion fatta per i sedicenti cristiani, ai quali ProVita riserva sempre una corsia preferenziale) con accuse di voler speculare su attività di prevenzione alla violenza. Insomma, né più né meno di quanto sono soliti sostenere nel loro chiedere che non siano presi provvedimenti per il contrasto al bullismo omofobico.

Attraverso un articolo firmato da Federico Catani, l'associazione integralista afferma:

Di tanto in tanto si torna a parlare di femminicidio. Alcuni terribili fatti di cronaca servono per rimettere al centro dell’attenzione la “questione femminile”. Ora, se è vero che la violenza sulle donne (come qualsiasi altra forma di violenza, specie sui più deboli) va decisamente condannata, è altrettanto vero che il femminismo e gli ideologi gender strumentalizzano ed enfatizzano la cosiddetta violenza di genere (anche truccando i dati) con un fine ben dichiarato: la distruzione della famiglia naturale, ritenuta un sistema oppressivo e maschilista da cui liberarsi (non a caso esiste persino una teologia della liberazione in salsa femminista).

Pare dunque che qui il nemico non siano più solo gay e lesbiche, ma anche tutte quelle donne che non si sottomettono all'uomo in virtù di quel sesso biologico che a loro dire le renderebbe geneticamente adatte solo ad essere madri e mogli. La loro ideologia li porta a pensare che Dio li abbia resi migliori dei gay perché eterosessuali e che Dio li abbia resi migliori delle donne perché dotati di un pene.
Si passa così a sostenere che le quote rosa siano dannose e che il femminicidio (da loro scritto tra virgolette in quello stile che sono soliti riservare ai matrimoni gay per mancare di rispetto verso la parola stessa) sarebbe solo questione di soldi (come Brandi già sostiene siano anche i diritti dei gay). Dicono:

Le ridicole “quote rosa”, che Renzi ha voluto inserire nella nuova legge elettorale, sono una delle tante conseguenze di questa strategia della tensione tra maschi e femmine voluta dal mondo radical-progressista.
Dietro al “femminicidio” c’è pure un grande giro d’affari ed è molto evidente in Spagna, dove però i media, quasi totalmente asserviti al politicamente corretto, fanno finta di niente.

La loro teoria è dunque che i progetti di contrasto alla violenza sia una fonte di guadagno e non un bene della società. Per proprietà transitiva, se volessimo adottare le stesse semplificazioni, allora potremmo anche dire che la polizia sia un business perché gli agenti vengono retribuiti...
Senza alcun freno inibitorio, l'articolo prosegue nel sostenere che il femminicidio sarebbe una pura invenzione:

Il quotidiano on-line Actuall ha avuto il merito di svelare qualche altarino grazie all’Associazione Erich Fromm: un gesto di grande coraggio, dato il clima di terrore, censura e persecuzione che regnano sul tema.
Bisogna sapere che il governo Zapatero, nel 2004, approvò una Legge contro la violenza di genere, per applicare la quale venne poi elaborato un Piano strategico contro la violenza sulle donne e fondato l’Osservatorio statale per vigilare su questi casi di violenza. Una vera e propria macchina burocratica mangia-soldi.
Infatti, con la complicità e la connivenza di tutte le forze politiche presenti nel Parlamento spagnolo (compreso quindi il centro-destra, che ha il suo spazio in questo business), a guidare tali organismi governativi sono principalmente quattro associazioni femministe legate al Partito socialista: la Fundación Mujeres, la Federación de Mujeres Progresistas, la Federación Nacional de Asociaciones de Mujeres Separadas y Divorciadas e la Asociación de Mujeres Juristas Themis. Ebbene, queste stesse associazioni ricevono ingenti finanziamenti statali (pagati quindi dai contribuenti) per il loro “lavoro”: ben 2,5 milioni di euro all’anno!

Attraverso congetture al limite del criminale, l'associazione ProVita si lancia dunque nel sostenere che il femminicidio non esista e che si tratterebbe solo di una messa in scena per cercare di intascare soldi pubblici. Scrivono:

Ovviamente più casi di femminicidio ci sono, più denaro viene elargito, perché in teoria più lavoro c’è da fare. Viene dunque il grande sospetto che molti casi di violenza vengano costruiti ad arte o inventati, pur di prendere soldi e creare un clima di tensione utile ad applicare certe politiche. I media, poi, enfatizzano talmente tanto i (pochi) casi di reale violenza, che nell’arco di tempo in cui la notizia fa il giro di giornali, radio, tv e web, inevitabilmente i fenomeni di donne maltrattate aumentano davvero. Con grande gioia dei gruppi femministi e progressisti summenzionati.

Sempre citando la medesima fonte, l'associazione passa poi a sostenere che il contrasto alla violenza sulle donne sia la causa stessa della violenza fra i generi, così come negano la possibilità che una separazione preventiva basata sul giudizio di un giudice sia l'unica possibilità che potrebbe garantire alla donna la possibilità di sporgere denuncia. A loro dire, infatti, l'uomo dovrebbe potersi avvicinare a lei e ai suoi figli (con tutti i rischi di violenza e di rapimento del caso) per tutta la durata del processo. Affermano:

Sempre l’Associazione Erich Fromm ha scoperto che l’87,7% dei casi di presunta violenza di genere, finiscono senza alcuna condanna, spesso perché palesemente inventati e senza alcuno straccio di prova. Ma la cultura di fondo sottesa alla legge spagnola (ed è una tendenza presente pure in Italia) è che la donna è sempre vittima e l’uomo sempre carnefice; l’uomo, per il fatto stesso di essere tale, ha sempre e comunque torto e non può vedersi applicata la presunzione di innocenza. La norma prevede che l’uomo denunciato, prima che venga emessa alcuna condanna a suo carico, può comunque essere detenuto, cacciato di casa e inabilitato a occuparsi dei figli. I vantaggi, insomma, sono tutti per le donne, mai per gli uomini. I casi di divorzio sono assai eloquenti, con i padri costretti a chiedere un posto letto e un pasto caldo alla Caritas ed impossibilitati a vedere i propri figli. Il femminismo radicale, peraltro, nasconde le molte violenze delle donne sugli uomini.
Ma allora chi è che in realtà fa del sessismo? Chi discrimina? E chi promuove e incentiva la violenza tra sessi, anziché la naturale mutua collaborazione?

Insomma, possibile che la donna non sappia stare al suo posto e starsene zitta mente il marito la massacra di botte? In fondo la fantomatica "ideologia" gender non deve servire solo a creare odio contro i gay, ma anche a sostenere che il ruolo della donna sia quello di servire e riverire l'uomo, in quel clima di misoginia ed omofobia di cui è permeato l'integralismo cattolico.

Un'ultima nota riguarda le fonti citate. L'associazione ProVita parla di un «quotidiano Actuall» anche se che in realtà si tratta di sitarello cattolico che su Twitter conta poco più di 4mila follower (un numero ridicolo per un Paese come la Spagna o per un sito scritto nella seconda lingua più parlata al mondo). Una seconda dimenticanza è il far presente che il direttore di Actuall è l'organizzatore delle conferenze di Manuel Oliete, presidente dell'associazione Erich Fromm (non ancora riconosciuta dallo stato) il cui unico scopo pare sia quello di battersi contro le donne che denunciano i mariti perché vittime di violenze. Proporre un'opinione simile come una verità rivelata pare assai arduo...
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