Intervista a Krzysztof Charamsa: «La Chiesa ha bisogno anche dei preti gay e delle suore lesbiche»


Monsignor Krzysztof Charamsa, teologo ed ex ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede, che qualche mese fa è salito agli onori delle cronache per il plateale coming out che gli è costato l’allontanamento da tutti i prestigiosissimi incarichi ecclesiastici ricoperti, ha pubblicato per i caratteri di Rizzoli il proprio “libro verità” dal titolo emblematico La Prima Pietra.
L’intervista riportata di seguito, è quella che Charamsa ha rilasciato durante la puntata dell’11 luglio della trasmissione radiofonica L’Altra Frequenza – LGBT on Air (in onda tutti i lunedì dalle 21 alle 23 su Radio Amore Napoli – 90.80 fm in Campania e www.radioamorenapoli.it in streaming).

Monsignor Charamsa, Come mai ha chiamato il suo libro-verità La Prima Pietra?
La Prima Pietra è un’immagine biblica. E’ la pietra angolare, quella che fu scartata dai costruttori e Gesù s’immedesimava con questa pietra. Ma il titolo del mio libro ha un significato molto umano perché vuole indicare quella pietra che ciascuno di noi deve trovare nella propria vita per edificare la propria identità ed io non ho paura di dire, come persona gay, che per noi il coming out è quel momento in cui inizia veramente la nostra identità, la gioia di essere se stessi, la trasparenza, la visibilità, la coscienza che non è solo una cosa che sta dentro di noi, ma qualcosa che ha significato sociale, familiare, ecclesiale per un credente ed ha anche un significato politico perché finalmente, dopo un coming out, possiamo cominciare a costruire la nostra vita in mezzo agli altri così come siamo. Dunque, la prima pietra del mio libro è quel momento in cui io sono arrivato alla maturazione della mia coscienza e della mia identità. E anche del mio coraggio. Il coraggio di oppormi a tutto quello che voleva schiacciare la mia identità. Che voleva distruggerla. Che voleva silenziarla.

La sua, allora, è una specie di rivoluzione per spingere la Chiesa a essere più inclusiva?
Non solamente la Chiesa, tutta la società, ma certamente in primis la Chiesa. Più che di rivoluzione, mi piace parlare di liberazione di ciascuno di noi. E non importa se siamo gay o etero. Il mio libro è per tutte le persone. Racconta una storia umanissima che riguarda tutte le persone. Ovviamente, parla di un gay, un gay chiuso nell’armadio che ritrova il coraggio di uscire fuori alla luce del sole. E tutto questo è una liberazione umana. Dalle nostre liberazioni nascono le rivoluzioni. Io sono convinto che nella nostra Chiesa cattolica, la rivoluzione venga dal basso, venga dalle nostre storie, dal nostro coraggio di raccontarle senza vergogna e di raccontarle anche alla Chiesa. Raccontare proprio quei punti e quelle storie su cui la Chiesa ci blocca, ci stigmatizza, ci rifiuta e ci giudica senza neppure conoscerci. Le persone transessuali e intersessuali, ad esempio, sono “bastonate” da una cieca ossessione, senza che la Chiesa abbia neppure la conoscenza del mistero di ciò che vivono nella vita. Io credo che l’inclusività sia la ricetta della Chiesa, in futuro. Io credo che la nostra Chiesa cattolica e le altre chiese in futuro saranno inclusive, cioè capaci di accogliere le storie umane, capirle senza aver paura, senza reazioni paranoiche e ossessive, come è accaduto ultimamente per la lotta contro il “gender”. La Chiesa non sa nulla del “gender” ma lotta ciecamente contro. Il futuro è in una società e in una Chiesa inclusive, in cui non si perderà neppure una delle nostre storie perché tutti siamo amati da Dio e tutti, credenti o no, cerchiamo amore e cerchiamo di essere amati.

Nel libro lei afferma che, all’interno della Chiesa, ci sono tantissimi gay e tantissime lesbiche. Conferma quest’affermazione?
Su questo non ci piove. Il sacerdozio è stato visto per secoli come un nascondiglio per le persone omosessuali. Un omosessuale veniva visto come uno strano, uno di cui non si sapeva cosa farne mentre invece nella Chiesa, tra i preti, poteva nascondersi o perfino realizzarsi. Un omosessuale, poteva fare del bene come prete. In realtà, nella Chiesa continua quest’usanza. Ma nel libro, io sottolineo che nella Chiesa, tra i preti e le suore, ci sono tantissime persone gay e lesbiche che sono ministri eccezionali, zelanti, in grado di comprendere le altre persone e, proprio come gay e lesbiche dedicati a Dio, fanno un lavoro buono e importante e dovrebbero poterlo fare affermando il proprio orientamento sessuale. Noi abbiamo bisogno di preti omosessuali ed eterosessuali. Di suore lesbiche ed eterosessuali. Perché abbiamo bisogno di tutto l’arcobaleno delle espressioni della nostra sana sessualità. La sessualità non è un fatto privato, da nascondere, e infatti gli eterosessuali non si nascondono. Noi dobbiamo lottare contro i crimini della sessualità come la pedofilia che però non c’entra nulla con l’orientamento sessuale. Essere gay, trans, lesbica o bisessuale è una cosa che sta nel progetto della nostra sessualità. Oggi siamo molto più forti dopo gli studi dei decenni passati e possiamo capire meglio le nostre differenze e possiamo capire che l’umanità non è così uniforme da poter dire che siamo tutti eterosessuali. Questa falsità purtroppo è ancora affermata dalla Chiesa ma è totalmente negata dalla scienza. Noi cattolici dobbiamo ringraziare Dio di vivere in un secolo in cui è possibile capire le ricche diversità dell’umanità. Oggi la vera sfida dell’umanità è quella di affermare la visibilità delle minoranze sessuali. Minoranze che sono ancora schiacciate perché non sono comprese.

Claudio Finelli
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