La paura dell'integralismo islamico e l'inerzia dinnanzi a quello cristiano


Il mondo intero è rimasto scioccato dalle immagini che ci giungono da Nizza, ennesima testimonianza dell'odio che può scaturire dal fanatismo religioso. Un uomo ha ucciso 75 persone al grido di «Allāhu Akbar». Ha cercato di sterminare il maggior numero di persone, forse accecato da quell'indottrinamento che lo ha portato a pensare che un qualche dio l'avrebbe premiato per quel gesto.
Peccato che lì non ci fosse alcun dio, così come anche i presunti precetti che erano alla base di quegli atti sono un costrutto dell'uomo. E forse anche quello stesso dio dell'odio che viene tirato in causa per fomentare il fanatismo religioso non è altro che un costrutto umano, creato a tavolino per poter essere sfruttato a fini politici. Chi ha inventato quel dio non è certo pronto a sacrificare la propria vita, ma convince i deboli che sia il loro Dio ad averli chiamati ad atti tanto scellerati.
Qualcuno dice che problema è l'Islam, ma forse è una generalizzazione che tende a perdere di vista l'ipotesi che il reale problema sia l'integralismo in sé. Su quel camion non c'era Allah, ma Allah è stato usato come mezzo per mettere quell'uomo alla guida di una missione omicida. Il problema è dunque Allah in sé o l'uso che viene fatto di Allah?
Facile sarebbe raccontare che la questione possa essere risolta con un bel bombardamento in un Paese lontano, ma difficile è negare l'evidenza di come tutti i più recenti attentati siano stati compiuti da gente cresciuta in occidente. La Russia ha gettato fosforo bianca sulla Siria (bruciando vivi uomini, donne e bambini) ma questo non ha cambiato nulla in un integralismo che non ha patria ma solo ideologia. Anzi, spesso le azioni militari rischiano di armare il fanatismo di chi si sente minacciato, in quel clima dove lo spacciare il prossimo come un qualcuno che debba essere temuto è una costante di ogni indottrinamento.
Ignorare il pericolo dell'integralismo significa stare al gioco di chi ambisce ad una guerra di religione, probabilmente inutile a scongiurare simili fatti. Ma, soprattutto, forse il vero problema è come l'integralismo venga ignorato e tollerato sino a quando non ci si ritrova con dei corpi stesi sull'asfalto vicino a casa nostra.

Aprendo Facebook ci si può facilmente imbattere in post volti a sostenere che «quello dei gay non è amore, è un peccato mortale». C'è anche l'immaginetta che mostra un bacio tra due uomini e un demone infuocato che li dovrebbe rappresentare.
In questo caso l'Islam non c'entra, questa è la manifestazione di una delle tante espressioni violente dell'integralismo cattolico. Eppure anche qui ci sono elementi comuni, come l'uso di Dio quale giutificazione alla discriminazione. Ci sono poi i post di Filippo Savarese, inneggianti ai sindaci che negano ai bambini un'educazione al rispetto o che festeggiano se il Comune dichiara apertamente che non si occuperà più di contrastare la discriminazione dei gay. Gianfranco Amato opta per una critica ad una televisione che non censura la vita di quelle persone a cui lui vorrebbe togliere ogni dignità, ricorrendo sempre ed immancabilmente all'uso di Dio quale giustificazione di quella violenza. E probabilmente per lui un dio vale l'altro, come ha dimostrato quando si è recato al Centro Islamico di Milano per chiedere che i gay fossero discriminati nel nome di Allah. C'è uno scopo politico e Dio è la scusa che viene usata per ottenere la sudditanza della gente si arruola per quelle crociate.
In tutto questo Dio non c'entra. C'entra la volontà di creare un nemico attraverso la propaganda, spesso utile a permettere facili consensi a quei politici che non dovranno promettere alcuna soluzione ai reali problemi, accontentandosi magari ottenere voti dietro una semplice promessa di odio (e di certo è più facile promettere la discriminazione dei gay che trovare una soluzione all'assenza di lavoro). L'integralismo è questo: un uso politico della discriminazione attraverso la creazione di precetti che si chiede di imporre agli altri.
L'integralismo islamico non vuole che si possa ascoltare musica occidentale, quello occidentale non vuole che si possano vedere i film in versione integrale. Sono figli della stessa matrice ideologica.

A spiegarci bene la situazione e i rischi di questa ondata di fanatismo religioso è il solito Mario Adinolfi. Il suo sostenere che una persona non debba far sesso con un'altra persona prima di averla frequentata a lungo è una lecita opinione. Ma quando si è candidato come sindaco ad ha sostenuto che avrebbe vietato qualunque luogo di incontro in cui due adulti consenzienti avrebbero potuto decidere di far sesso, allora lì non si è più dinnanzi ad una lecita opinione: quello è l'integralismo di chi vuole imporre le proprie idee.
Adinolfi diceva che lui non avrebbe permesso ad alcune persone di vivere la loro vita contro quella che era la sua presunta "morale", al pari di come alcuni estremisti islamici non tollerano che gli occidentali possano vivere la loro vita contro quelli che si sostiene sia la loro presunta "morale".
Se si tollera l'integralismo sino a quando non si verificano delle stragi (sui giornali non fa notizia la lenta uccisione e la persecuzione quotidiana che alcuni ragazzi lgbt subiscono da famiglie integraliste), difficile è ipotizzare che si possa trovare una soluzione al problema. Perché quando il seme dell'odio è stato piantato e lasciato maturare, davvero difficile è riuscire a sradicare la gramigna che ne è scaturita.
E se si teme l'integralismo che urla «Allāhu Akbar», difficile è comprendere perché mai non si ponga attenzione a quello che si muove al grido di «Viva Cristo re».
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