Per ProVita, anche la protezione dei minori dalla violenze domestiche è "propaganda gender"


Non passa giorno senza che l'associazione ProVita non se ne esca con una qualche perla di disinformazione volta a creare isteria utile alla loro agenda politica. Questa volta si lanciano nel raccontare che:

Un nuovo piano elaborato dal Ministero dell’Istruzione scozzese per gli alunni della scuola primaria prevede che ai bambini, dai cinque anni in poi, venga chiesto di riflettere sul “gender” di appartenenza.
Il Consiglio scolastico del North Ayrshire, in Scozia, ha deciso di promuovere un progetto educativo che tende a scavalcare –come al solito– la famiglia, antiquata e obsoleta.
Il regolamento prevede l’istituzione di una Named Person (una sorta di preposto, responsabile, tutor, nominato nell’ambito scolastico) che accompagnerà il bambino nel dare risposte a domande sul suo “genere” di appartenenza. Collaborando con i genitori… ma anche no…
È infatti normale e salutare, secondo il regolamento, per i ragazzini –dai cinque anni in su– sentirsi attratti da maschi, da femmine o da entrambi, a prescindere dal proprio sesso di appartenenza. Insomma la solita confusione che, secondo i dettami dell’ideologia gender, tende a normalizzare qualsiasi orientamento e attitudine sessuale, fin dalla più tenera età.
Poi, una volta ingenerata la confusione nei ragazzini, il numero di essi che viene sottoposto a trattamenti ormonali per il blocco della pubertà sale in modo esponenziale (con cospicui profitti per le case farmaceutiche e le cliniche specializzate).

Al di là del discorso delirante, c'è un problema di fondo: nel documento citato non viene detto nulla di ciò che dicono loro.

Nel documento, approvato a larga maggioranza nel 2014, si delineavano alcune strategie a garanzia dei bambini, nell'ottica di offrire un servizio alle famiglie.
Nel testo non si parla mai di orientamento sessuale, identità di gente o di qualunque altra teoria venga paventata da Brandi: si parla semplicemente di un insegnante della scuola che si occuperà di fare da intermediario fra i genitori e i figli mentre o che dovrà offrire supporto al minore nel caso in cui ci fossero dei problemi in casa. Il suo compito sarà quello di accertare che la volontà del minore sia stata presa in considerazione nelle scelte che riguardano il suo futuro, di coinvolgere la famiglia nella sua vita ed anche di segnalare ai servizi sociali eventuali problematiche che possano mettere a rischio la sicurezza del minore. Ed è forse questo terzo punto ad aver infastidito l'integralismo cattolico.

Non stupisce infatti come siano stato alcuni gruppi evangelici e cattolici ad aver dichiarato guerra al progetto, sostenendo che si sta minacciando il "diritto" del genitore di poter disporre dei figli a proprio piacimento. La loro richiesta è che se il bambino si presenterà a scuola ricoperto di lividi, nessuno dovrà potergli chiedere che cosa è accaduto ma si dovrà telefonare al genitore per sapere se per caso è caduto dalle scale. Qualora il genitore dovesse dire che il bambino non è stato picchiato e che si è trattato di un incidente, la scuola dovrebbe archiviare il procedimento sulla fiducia, senza provare a capire se i fatti si sono realmente svolti come gli è stato detto.
Ovviamente questo è un caso limite, ma quei gruppi religiosi sono apparsi immediatamente spaventati soprattutto dall'idea che il bambino potesse rivolgersi ad un adulto qualora fosse gay, o magari qualora i suoi genitori decidessero di obbligarlo a forza a frequentare quelle torture psicologiche che vanno sotto il nome di "terapie riparative". Sia mai che un genitore non possa più dire a suo figlio che essere gay è un peccato gravissimo o che non lo possa spingere al suicidio qualora dovesse avere un'identità diversa da quella biologica: quelli di ProVita esigono che i bambini vanno possano essere plasmati a proprio piacimento, non certo rispettati come persone.
E dato che quella figura assistenziale è prevista per i ragazzi in un'età compresa fra i 5 e i 17 anni, è probabilmente a quello che ProVita si attacca per sostenere che non ci sia alcun dubbio che l'assistenza sulle tematiche riguardanti il sesso avverrà a 5 anni e non a 17. E si dice altrettanto certa che sicuramente chiederanno di "scegliere" un qualcosa che peraltro non può essere scelto (l'identità sessuale e l'orientamento sessuale esistono, non si scelgono).

Il fine ultimo è ovviamente politico, come dimostrato da un articolo che si chiude affermando:

Vorremmo non preoccuparci troppo per quanto accade in Scozia. Così come non vorremmo preoccuparci di quanto fanno in California. Ma invece sappiamo bene che “Tutto il mondo è paese“: il nostro MIUR e il nostro Parlamento si stanno dando un bel da fare per promuovere l’ideologia gender nelle scuole.
Forse sperano che durante l’estate l’attenzione dell’opinione pubblica sia meno vigile. Noi, però, gli stiamo con gli occhi puntati addosso.

La teoria è dunque sempre la stessa: si sostiene che l'intera opinione pubblica la pensi esattamente come Brandi e che tutti preferiscano vedere dei bambini torturati ed uccisi dalle loro famiglie piuttosto che dover rendere conto del proprio operato. Ma, soprattutto, nessuno deve osare preoccuparsi di accertare che il bambino sia reso protagonista della sua vita e non vittima delle scelte dei suoi genitori.
Brandi vigilerà perché i vostri figli non siano tutelati dalle violenze né rispettati come essere umani. Lui vigilerà perché li si possa violentare ed indottrinare nella più totale impunità, soprattutto qualora osassero avere un orientamento non eterosessuale.
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