Tunisia. L'attivista Ahmed Ben Amor ha tentanto nuovamente il suicidio


Ahmed Ben Amor, vicepresidente della principale associazione lgbt tunisina, è ora in coma profondo dopo aver tentato di suicidarsi per la seconda volta in una settimana.
La Tunisia è uno di quegli 80 Paesi in cui l'omosessualità è considerato un reato e in cui il solo fatto di amare una persona del proprio sesso può essere punito con tre anni di carcere. Basterebbe questo a comprendere come non sia certo facile essere gay in quelle terre governate dall'integralismo religioso, ma nel caso di Ben Amor, la faccenda è ancora più complicata.
Il ragazzo era apparso nel talk popolare show popolare Klam un Naas per chiedere la fine della legge che criminalizza l'omosessualità. Ma quell'apparizione ha acceso la violenza omicida dei gruppi religiosi, i quali hanno iniziato a sostenere che quella fosse un'evidente espressione di «propaganda gay» promossa sulla televisione pubblica. Ed è così che è nel nome di Dio che hanno lanciato appelli per chiedere che il ragazzo fosse catturato e linciato dai fedeli.
Dopo il suo primo tentativo di suicidio, è dal suo letto di ospedale che il ragazzo scrisse su Facebook: «Mi dispiace di aver lasciato andare tutto, ma non ho potuto affrontare le minacce di morte e la chiamata ai linciaggi».
Sabato scorso ha ingerito un cocktail di pillole poco dopo essere stato dimesso dall'ospedale. I medici dicono che le probabilità di sopravvivenza sono «molto sottili».
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