Secondo la pagina omofoba, anche il ricorso ad insulti offensivi sarebbe «libertà di espressione»


L'integralismo cattolico appare come la massima rappresentazione della finestra di Overton. Hanno iniziato la loro crociata sdoganando l'idea che la violenza sia da ritenersi una lecita "libertà di espressione" ed ora, come se fossimo dinnanzi ad una sfera che rotola su un piano inclinato e diventa sempre più veloce, si stanno lanciando in attacchi sempre più violento e sanguinario del precedente.
Il motivo è presto detto. se Brandi avesse esordito dicendo che lui reputa i gay dei malati mentali o se Adinolfi avesse portato in piazza Di Tolve per dire che l'omosessualità deve essere curata, nessuno li avrebbe preso in considerazione. Ma loro anno agito con colpa: nei mesi hanno aggiunto una discriminazione dopo l'altra, lasciando che la società si abituasse gradualmente a quelle ideologie prima di alzare il tiro e lanciarsi in affermazioni sempre più gravi e lesive del bene comune.

Un esempio ci giunge in quel gruppo integralista denominato "Nelle note" che da tempo si propone di promuovere odio e discriminazione attraverso semplificazioni e falsificazioni che vengono rigorosamente propinate attraverso rappresentazioni grafiche che possano colpire anche le persone con un bassissimo grado di istruzione e una quasi totale assenza di capacità critica.
Tra queste c'è un'immagine in cui si scomoda la «libertà di espressione» nel lamentare che su Facebook non sia possibile scrivere «parole che iniziano con fr... fin... e cul...». E dato che sul social network è perfettamente lecito scrivere parole come "francese", "finanza" e "cultura", pare più che legittimo immaginare il riferimento sia a tre insulti volgari rivolti ai gay. E questo anche quello che intuiscono i loro seguaci nel commentare con frasi come: «Io uso ricchione».
Ed è così che se l'integralismo ha sdoganato l'odio omofobico come se si trattasse dii una lecita «libertà di espressione», ora ci troviamo dinnanzi a persone che vorrebbero sostenere che l'insulto e le parolacce siano un diritto (naturalmente precisando che quel diritto deve spettare solo a loro, mentre chiunque altro non deve assolutamente riservare loro il medesimo trattamento).
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