Gianfranco Amato invita al martirio e minaccia: «Voi sarete chiamati a rispondere dinnanzi a Dio di quello che vi ho detto di fare»


Mentre Amato si vanta di aver incluso un'esibizione canora di Povia ai suoi convegni omofobi, è Luca Di Tolve a diffondere alcuni video dei suoi incontri (sia mai che il diffondersi dell'omofobia non possa portarlo a fare più soldi con le "terapie riparative" che sostiene di praticare con la sua associazione). Tra questi ce n'è uno in cui l'avvocato si lancia in frasi di estrema gravità, spingendosi sino a chiedere il martirio per impedire il riconoscimento dei diritti dei gay.
Purtroppo il video pubblicato da Di Tolve è incompleto, ma include tutta una parte del discorso di Amato relativo ad una domanda attribuita al pubblico a cui in realtà non viene fornita risposta. Secondo il presentatore della serata, alcuni insegnanti sarebbero preoccupati di dover insegnare il rispetto agli alunni anche se a loro i ragazzini gay fanno schifo. Ed è a loro che Amato risponde con una lamentela sul fatto che agli insegnanti cattolici non varrà concesso di poter esercitare una fantomatica «obiezione di coscienza» all'insegnamento del rispetto in quello che lui sostiene sia «uno scenario in cui ci saranno leggi sempre più ingiuste a cui dovremo decidere se obbedire o rifiutarci».
Si passa così a parlare dell'aborto, lamentandosi che i medici cattolici non potranno più obiettare per colpa dell'Europa (da bravo leghista non perde mai occasione di attaccare l'Unione) e che l'inadempienza dai loro compiti potrebbe portarli ad essere radiati o licenziati. Ed è mettendo l'educazione al rispetto sullo stesso piano dell'aborto che Amato parte con le sua solite filastrocche sul fatto che «la fede a costo zero è finita. Da stasera voi dovete iniziare a chiedervi quanto e che cosa siete disposti a rinunciare per dimostrare che quello in cui credete è vero. La carriera? I soldi? La famiglia? La vita?». Si parte così con la solita solfa sul fatto che in alcune parti del mondo l'essere cristiano costerebbe la vita.
Ovviamente ci sarebbe da domandarsi che cosa c'entri tutto ciò con la premessa, dato che l'essere cristiano non significa certo pretendere di fare un lavoro dopo aver scaricato ciò che non piace (magari facendolo poi a pagamento, così come tanti medici "cristiani" facevano nel praticare gli aborti solo da privatisti). Il punto chiave è il suo sostenere che l'essere cristiano non significhi vivere la propria vita come si ritiene giusto, ma limitare la libertà altrui secondo i dogmi che si vorrebbe imporre. Diciamola tutta: se un sindaco cristiano ritiene che due gay non dovrebbero sposarsi, allora nessuno gli vieta di non sposare un gay. ma se lui pretende di impedire che due gay possano unirsi civilmente perché dice che quello è il suo credo, allora questa non è libertà: è il classico totalitarismo di una dittatura violenta e liberticida.
Amato passa poi a raccontare che i cristiani uccisi perché cristiani sono martiri (ma evidentemente ciò non vale per per i gay uccisi perché gay) e torna a ribadire che i presenti devono sacrificare qualcosa per impedire che i diritti civili altrui possano essere riconosciuti. Poi aggiunge:

È fisiologico. Ogni volta che il cristianesimo ha toccato punti bassi nella storia -e io faccio fatica a trovare un punto più basso di oggi, dentro la Chiesa e fuori la Chiesa, in duemila anni di storia del cristianesimo- e saprete com'è risorto? Con il sangue dei martiri. Probabilmente è arrivato il momento di capire chi ci crede davvero e chi no.
Perché oggi dirsi cattolici è facile. Non c'è neanche bisogno di andare a messa. Puoi essere cattolico ed essere per l'aborto, l'eutanasia, le nozze gay. E se ti permetti di dire qualcosa ti dicono: chi sei tu per giudicare? Eh si. È vero. Non si paga il ticket oggi. Quando pagheremo il ticket saremo in pochi? Non importa! Saremo una minoranza creativa come diceva Benedetto XVI.

Inneggiato al martirio, Amato passa a sostenere che la sua battaglia contro i diritti delle minoranze sarebbe da intendersi come «una battaglia fra il bene e il male», una «battaglia fra Dio e il demonio». Inutile a dirsi, i gay sarebbero il demonio e lui sarebbe Dio.

La battaglia in realtà è già stata vinta da uno che si chiama Gesù Cristo. Noi dobbiamo solo stare attenti e far sì di restare nella squadra di quelli che hanno vinto. Poi, cosa siamo chiamati a fare oggi in questa contingenza, questo è un aspetto che ciascuno di noi deve vedere. Non è che tutti devono fare quello che faccio io o che fa don Leonardo: è come se ci fosse un fronte lunghissimo e a ciascuno viene dato un pezzettino di questo fronte da difendere. A chi un metro, a chi dieci metri, a chi un chilometro. E noi saremo giudicati solamente da una domanda: "Nel pezzettino che tu avevi, il nemico è passato sì o no?".
Chi è venuto qui stasera, se non sapeva nulla, non può mica pensare di tornare a casa come se niente fosse. Voi sarete chiamati a rispondere di quello che avete sentito stasera. Perché ai vostri nipoti potete anche mentire, ma alla vostra coscienza no. E se qualcuno di voi crede nella prospettiva dell'aldilà, là si fa ancora più fatica a mentire. Se voi vi azzarderete a dire a Dio che non vi siete accorti, verrà il video di questa sera e zooom, dovrete dire che eravate voi e che c'eravate. Quindi è così, non c'è niente da fare.

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