La Russia non paga i lavori del suo padiglione dell’Expo: fallisce l'azienda di Treviso


Matteo Salvini sorrideva tronfio mentre si faceva fotografare alla festa di Arcore insieme al nazionalista russo Komov. Va in giro a dire che Mosca è la Terra Promessa e crea associazioni che hanno il preciso scopo di favorire gli imprenditori russi e di permettere loro di aggirare le sanzioni economiche. Il tutto, ovviamente, attraverso il solito populismo di chi dice che lui voglia favorire gli imprenditori italiani. Eppure Salvini non era presente mentre il Tribunale di Treviso leggeva la sentenza di fallimento dell'azienda che ha costruito il padiglione russo all'Expo. Un'azienda che aveva oltre quarant'anni di onorata carriera e che con sforzi sovrumani era riuscita a terminare i lavori in tempo per l'inaugurazione in cui Maroni si vantava del suo grande successo. Oltre 400 mila euro erano stati spesi per dar vita all'enorme padiglione con cui Putin voleva celebrare la sua terra, ma quei lavori non sono mai stati pagati e i creditori si sono rivalsi sul costruttore. E quei 400 mila euro non incassati hanno aperto la crisi di liquidità che ha portato al crac della Sech Costruzioni. «Nessuno ci ha aiutati, e si è innescata la catena che sta portando alla distruzione di tutto il nostro sistema di imprese: i clienti non mi pagano, io non riesco a pagare i fornitori -ha spiegato l'imprenditore Alessandro Cesca- può capitare a tutti, è la fine del Nordest».
Ma il problema non era limitato a quella realtà. Altre otto imprese italiane vantavano crediti dalla Federazione Russa per i lavori eseguiti al padiglione dell'Expo e nessuno è stato interamente pagato: qualcuno si è dovuto accontentare di un 20% della somma pattuita, qualcun altro è in attesa si conoscere le sorti dei procedimenti legali che hanno avviato. ma nel frattempo gli operai hanno perso il loro posto di lavoro grazie ad una Russia che non paga.
«Ci siamo ritrovati a lottare contro tutto e tutti -aggiunge Cresca- nessuno del mondo della politica si è adoperato per darci una mano, figuratevi cosa possiamo fare noi contro un gigante come la Russia. Sì, ci sarà una sentenza tra un paio di mesi, ma anche se fosse favorevole, credete che quei soldi li vedremo? Intanto io sono stato costretto a chiudere tutto, gli operai sono a casa, e domani nessuno di noi sa cosa farà».
Ironia della sorte, Treviso era una delle tappe dove l'accoppiata formata da Brandi e da Komov si erano presentati per sostenere che la Russia fosse la patria della cristianità e l'unica terra che avrebbe potuto dare un futuro agli italiani grazie alla loro politica omofoba e razzista. peccato che la realtà sia diversa e che quella Russia abbia tolto un futuro agli italiani tra gli applausi di chi crede che la vita umana non abbia valore se si può ottenere un profitto personale dalla promozione dell'agenda politica dello zar.
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