Pubblicato il report della ricerca di Plus sull'accoglienza e accettazione delle persone hiv+


Lo scorso maggio avevamo promosso un questionario di Plus destinato alla realizzazione di una ricerca che permettesse di comprendere come la sieropositività venga accolta dai propri amici e conoscenti gay. L'equipe coordinata dal sociologo Raffaele Lelleri ha ora pubblicato i risultati dello studio.
In relazione al campione HIV- preso in esame, i dati mostrano come l'87,0% abbia fatto il test almeno una volta nella vita, il 13% non si è mai testato. Quest'ultimo gruppo risulta caratterizzato da giovani, abitanti delle aree del Meridione e dei piccoli centri, che hanno un titolo di studio meno elevato r che si accettano relativamente di meno in quanto uomini omosessuali o bisessuali. Anche caso del campione HIV+ è stato possibile individuare alcune caratteristiche comuni: in prevalenza si tratta di persone vivono nelle metropoli del Nord, che hanno con un titolo di studio basso, che sono in coppia e che hanno problematiche di omofobia interiorizzata.
I rispondenti HIV- sono relativamente più in coppia di quelli HIV+, con una differenza statisticamente significativa che vede il 53,9% opposto al 46,1%. Dinnanzi alla scoperta della propria sieropositività, il 29,6% ha trovato aiuto in amici gay, il 24,1& in operatori sanitari e il 22,4% in amici non gay. Solo il 19% ha trovato principalmente aiuto dalla propria famiglia e il 14,2% dice di essersi sentito abbandonato da tutti.

Dai dati sull'omofobia interiorizzata emerge come tale fenomeno sia più diffuso fra i single rispetto a chi vive in coppia. Un preoccupante 10% del campione ritiene che l'essere gay sia uno svantaggio nella vita e un 2% vorrebbe poter "smettere" si essere omosessuali, magari attraverso una qualche miracolosa quanto inesistente "terapia ripartiva". La visibilità della propria omosessualità si attesta intorno ad un 70% del campione, mentre c'è un 3,9% di persone che vive nella più completa invisibilità. Diversa è la visibilità del proprio stato di sierologico nel caso di persone sieropositive, dove circa un 20% del campione pare non aver problemi nel farla conoscere agli altri.
Più di 7 rispondenti su 10 hanno mostrato un livello medio-elevato di comunanza verso gli altri gay; nei confronti specificamente dei gay HIV+ tale quota scende di vari punti percentuali, ma rimane comunque maggioritaria.

Un'altra serie di domande ha permesso di osservare come gli uomini omosessuali e bisessuali HIV+ non siano una presenza invisibile: seppur con diverse intensità, fanno parte della vita quotidiana e del panorama sociale della comunità gay italiana nel suo complesso.
Riguardo alla propria vita sessuale, per sieronegativi e sieropositivi è ignoto lo stato HIV della maggioranza assoluta dei partner sessuali incontrati in oltre il 60% dei casi. Inoltre una buona parte dei rispondenti sieropositivi dice di adottare una strategia di totale o selettivo nascondimento del proprio stato HIV nel contatto con i partner sessuali.
Tra le persone sieropositive emerge una significativa percentuale di soggetti che esprimono la paura di non essere accattati a causa del loro stato sierologico. Interessante, però, è notare come chi non ha un’esperienza personale del problema tenda a sovrastimarne l’impatto negativo.
Il 76,8% pensa che la condizione delle persone sieropositive sia migliorata negli ultimi cinque anni e il 77,8% crede che miglioreranno ulteriormente nel corso dei prossimi cinque anni. Solo 1 persona su 20 ha una posizione pessimistica risguardo al futuro.

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