Il direttore di una testata di Busto Arsizio: «Non mi si venga a dire che a essere gay si è normali»


«Sarò all'antica, rispetto le inclinazioni sessuali di tutti, ma non mi si venga a dire che a essere gay si è normali». È quanto sostenuto all'interno di un inaccettabile un editoriale da Gianluigi Marcora, direttore della testata online di Busto Arsizio “Informazione Online”. L'affondo giunge dopo un riferimento al patrocinio sulla manifestazione di Povia e Amato a Borsano, immancabile apprezzati da chi pare capace di non vergognarsi nello scrivere:

Madre Natura ci ha fatto come siamo e dobbiamo accettarci e rispettarci. Sono per una famiglia composta da una Donna e un Uomo coi figli che "il Signore vorrà donare", rispettando le unioni civili fra componenti dello stesso sesso, ma parlare di matrimonio o di educazione "normale" non se ne parla.
Chiaro che... parlo per me. Ciascuno è libero di essere sessualmente come gli pare, ma non riesco ad immaginarmi in compagnia di un uomo o "sposato" con un uomo. Per me - lo ribadisco - non c'è di meglio che una Donna... Donna e solo Donna.

Se appare ormai obsoleto il trucchetto di affermare qualcosa in modo assoluto per poi cercare di togliersi di dosso qualunque colpa con un «parlo per me», grave è anche l'ostentazione di chi crede che la sessualità «si scelga» e che non sia parte del proprio essere. Chissà, probabilmente il Marcora ha memoria di un preciso momento in cui si è seduto a riflettere per decidere se preferiva le donne o gli uomini....
Ma il problema non si ferma qui, dato che nell'articolo figurano altre frasi inaccettabili come il sostenere che un gay «non deve avere pretese, ma solo rispetto, visto che il "diverso" è lui e "normali" sono gli altri». Si difende poi il sindaco che vuole vietare ai gay il diritto di manifestazione, sostenendo che «non gli si può imputare la non condivisione riguardante certe manifestazioni». Il tutto ostentando sempre la solita ignoranza di chi critica senza evidentemente conoscere ciò di cui si parla. L'uomo pare infatti conoscere una realtà del Pride che è sconosciuta a chiunque vi abbia preso parte. Scrive:

Certo che il gay pride con "donne e uomini quasi nudi per la città" non sono un bello spettacolo. Il Sindaco deve pensare al decoro, alla decenza e alla tutela del buon costume... addirittura a me fanno senso certe coppiette (ragazze e ragazzi) che si sbaciucchiano per strada, figurarsi assistere al gay pride. "Certe cose" mi dico, "si fanno nell'intimità e lo spettacolo in pubblico cosa vorrebbe significare? Di essere emancipati? Di essere alla moda? Di voler dire... "vedi di cosa siamo capaci noi?". Bravate: solo bravate senza senso.

E dopo l'affondo si arriva a sostenere che la Costituzione dovrebbe escludere i gay per inneggiare ad una nuova razza"ariana" basata su ciò che provoca piacere sessuali al signore che ha firmato l'articolo, pronto a sostenere che:

Certo che "mettere in Costituzione" come ha detto Pellegatta "il riconoscimento delle diversità" non mi sembra un atto di civiltà. Rispettare le diversità è giustissimo, come è giustissimo difenderle. Farne propaganda o codificarle, non mi sembra il caso. Il concetto a cui credo è questo: normalità e diversità non sono solo parole. La Costituzione deve propendere e pretendere la tutela della normalità e difendere a ogni costo, nel giusto rispetto ciò che è definito diversità. Solo così possiamo asserire che "la diversità è una risorsa" e non una... brutta copia della normalità.

Pronta è giunta la presa di posizione di Arcigay Varese che, attraverso la voce del presidente Giovanni Boschini, commenta: «Leggiamo con profondo sdegno queste parole, in un clima esacerbato nel dibattito su un evento Varese Pride a Busto Arsizio nella quale i toni si sono decisamente alzati e tutto ciò sulla pelle delle persone omosessuali e su quelle che ancora non hanno raggiunto una piena accettazione della propria omosessualità. È triste che ancora oggi qualcuno si arroghi il diritto di dire cosa è normale e cosa no, quando il 27 gennaio, tra poco più di un mese, si celebrerà la giornata della memoria in ricordo delle vittime dell’olocausto. E sappiamo benissimo a cosa portò a quei tempi classificare le persone tra normali e anormali. Non ci sono persone normali e anormali: ci sono persone tutte diverse tra loro, ognuna con le proprie specificità».
L'associazione ha anche provveduto a segnalare l'accaduto all'Ordine dei giornalisti della Lombardia.
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