Il Kirghizistan ridefinisce il matrimonio come un'unione tra un uomo e una donna


Il parlamento del Kirghizistan ha approvato una riforma costituzionale che incrementa notevolmente i poteri del premier e che ridefinisce il matrimonio quale «unione tra uomo e donna». Dato che l'approvazione è stata soggetta ad un referendum popolare, pare lecito presumere che il tentativo di sfruttare l'omofobia della popolazione sia stato il mezzo con cui il premier si è assicurato potere assoluto grazie alla legittimazione dell'odio. Praticamente si è dinnanzi a gente che si è detta pronta a rinunciare alla propria libertà individuale pur di poter togliere dignità e libertà alle famiglie gay.
E se l'integralismo cattolico sventola il risultato di un 80'% dei voti contro il matrimonio egualitario, difficile è non osservare come solo il 40% degli aventi diritto si sia recato alle urne, peraltro in un clima di scarsa trasparenza che, nella tradizione del Paese, permette al governo di compiere brogli e di falsare i risultati reali. E mentre la Costituzione eluderà i gay da un diritto che era già negato loro, il primo ministro potrà ora gestire anche il bilancio, destituire ministri ed altri membri del governo e poter prescindendo dall’autorizzazione del presidente a fronte di una serie di scelte.
Secondo i partiti di opposizione, molto critici nei confronti di tale legge, la riforma altro non sarebbe che una manovra dell’Sdpk (Partito Socialdemocratico del Kirghizistan) e del presidente Almazbek Atambayev, il quale non può più essere rieletto alla sua carica.
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