La scienza sbugiarda Silvana de Mari: le sue "teorie" antigay si basano tutte su assunti falsi


È dalle pagine dell'associazione integralista Provita onlus che la signora Silvana de Mari è tornata a sostenere che "da medico" dice che sia "scientificamente" provato che i gay siano anormali in virtù di come lei sostenga che la sua vagina sia più adatta ad accogliere peni eretti e sperma. La donna sostiene anche che ai gay dovrebbe essere impedito di potersi dichiarare perché se «qualcuno mi dice “salve, mi chiamo Andrea e sono gay”, e io sono costretta a vedere nella mia mente il pene in mezzo alle feci e a provare il normale ribrezzo che una mente normale prova davanti a un’immagine di questo genere, il ribrezzo con cui la natura ci ripara dal dolore e dal danno». Ed è continuando a parlare di rapporti anali come se non ci fosse un domani, la signora De Mari spergiura anche che lei ne sente l'odore, asserendo con convinzione che i gay debbano nascondersi perché «loro ci mettono i loro peni sporchi di feci sotto il naso perché ne sentiamo l’odore».
Se basta un briciolo di buonsenso per comprendere come i rantoli d'odio della signora De Mari si basino solo su un mero pregiudizio, anche la vera scienza ci testimonia come la donna stia parlando a vanvera di argomenti che neppure conosce.

Nel 2011, i ricercatori dell’Indiana University e della George Mason University condussero uno studio intitolato “Comportamenti sessuali e caratteristiche situazionali del più recente rapporto sessuale di coppia tra uomini identificati come omosessuali o bisessuali negli Stati Uniti”[1].
I dati presero in esame un campione rappresentativo di ben 24.787 uomini identificati come gay o bisessuali tra i 18 e gli 87 anni. Da prassi, è stato certificato come il campione rappresentare la distribuzione della popolazione generale per classi di età e per composizione etnica: l'età media era di 39,2 anni, così come il 79,9% del campione si identificava come gay e 20,1% come bisessuale. L'84,6% del campione era composto da bianci, il 6,4 da latino-americani e il 3,6 da afro-americani.
Agli interessati venne chiesto quali comportamenti sessuali avessero messo in pratica nell’ultimo rapporto sessuale. Il 74,5% si era scambiato un bacio, il 72,7% aveva fatto sesso orale, il 68,4% aveva praticato masturbazione reciproca e solo nel 37,2% dei casi era stato praticato sesso anale. Tale pratica è risultata più comune nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 (42,7%).
Joshua G. Rosenberger, professore del Dipartimento di Salute globale e della comunità nel Collegio di salute e servizi sociali della George Mason University, ha dichiarato: «Tra i comportamenti sessuali che gli uomini hanno riferito essere intervenuti nel loro ultimo rapporto sessuale, quelli che coinvolgevano l’ano erano i meno comuni. Esiste certamente un’idea sbagliata che identifica il sesso gay col sesso anale, cosa che è semplicemente falsa nella maggior parte dei casi».

Ecco dunque che l'affermazione che sta alla base delle "teorie" discriminatorie formulate dalla signora De Mari viene scientificamente riconosciuta come un'affermazione falsa. E se sulle pagine di Provita si assiste ad un susseguirsi di commenti che inneggiano alla donna e che spergiurano che ogni sua parola debba essere considerata «la verità», il dato oggettivo ci mostra gruppi affollati da personaggi che vogliono scegliersi una loro realtà solo per potersi sentire legittimati ad odiare. E non solo. Difficile è non osservare con quanta facilità personaggi come Mario Adinolfi o Toni Brandi appaiano pronti a spacciare per "scienza" ciò che può facilmente essere smentito da una semplice ricerca su Internet. Sarà che non hanno argomentazioni, ma mentire ai lettori a fini di profitto non fa loro certo loro onore.

La scienza pare spiegarci anche i possibili motivi che avrebbero potuto spingere la signora De Mari a scegliere di parlare di sesso anale: una ricerca condotta da Smith, Adler e Tschann del 1999 afferma che le donne partecipanti ad un sondaggio sulla sessualità ammettono più facilmente di avere abortito piuttosto che di aver praticato sesso anale, ritenendo quest'ultimo un tabù. Voeller ha osservato che, nell'ambito di rilevazioni a colloquio diretto, gli aspetti relativi al sesso anale non emergevano mai al primo colloquio ma solamente nei corso dei successivi, quando l’intervistato riusciva a mettere da parte le reticenze.
Attaccare un gruppo sociale attraverso attribuzioni sessuali su cui vige un tabù pare dunque il metodo migliore con cui l'estremista avrebbe potuto creare odio, ancor più se sponsorizzata da personaggi che di quell'odio hanno fatto la loro professione.
Se per misurare il numero di rapporti anali che intercorrono tra le coppie eterosessuali è necessario ripescare i dati di un vecchio studio condotto nel 2005 da Mosher, Chandra e Jones, le statistiche mostrano numero non dissimili da quelli rilevati tra le coppie eterosessuali: Il 38,2% degli uomini tra i 20 e i 39 anni e il 32,6% delle donne di età dai 18 ai 44 anni ha sperimentato rapporti anali eterosessuali nel corso della vita.


Note:
  1. “Sexual behaviors and situational characteristics of most recent male-partnered sexual event among gay and bisexually identified men in the United States” di Rosenberger JG, Reece M, Schick V, Herbenick D, Novak DS, Van Der Pol B, and Fortenberry JD- Journal of Sexual Medicine (J Sex Med) 2011;8:3040–3050.
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