LGBT Motorsport: la storia di Mario Araujo Cabral


Il mondo dello sport LGBTQ ha scritto diverse storie di persone che sono poi col tempo diventate leggende, quali nel passato per citare i più noti: Greg Louganis, Marina Navratilova (una fra le prime atlete a fare coming out in piena ascesa nel mondo del tennis) ed Emile Griffith. Se nel passato fare coming out poteva offuscare l’icona dell’atleta, alla non accettazione da parte dei colleghi e degli addetti ai lavori, ora le cose sono notevolmente cambiate in meglio, ma il cammino è ancora lungo. Tanto per fare un altro esempio (ma non l’unico) il coming out di Tom Daley ha fatto storia, soprattutto per averlo fatto ancora in attività, da poco svolte le Olimpiadi di Londra 2012 lo avevano eletto paladino degli atleti inglesi e soprattutto per la giovane età (aveva 19 anni quando pubblicò il suo video), ma la sua figura non è stata offuscata, al contrario brilla ancora di più.
Atleti LGBTQ che sono usciti dall’armadio sono diventati esempi nell’atletica leggera, nuoto, calcio (quello femminile, perché quello maschile ci si deve arrivare), Rugby, football americano, snowboard, pugilato e tennis. Ed il motorsport?
Nessun giornalista affermato ne ha parlato oppure divulgato su riviste specializzate o su quotidiani, la questione di piloti omosessuali, lesbiche o bisex è ancora molto spinosa o non ne viene parlato. Ma le persone ci sono, soprattutto quelli del passato sono diventati importanti esempi come Mario Araujo Cabral, Mike Beuttler, Hurley Haywood e Mike Duff poi diventata Michelle Duff.

Prima di parlare di Mario Cabral, cerchiamo di riportare le lancette del tempo indietro fino agli Anni ’50: il clima e l’ambiente della F1 di allora era nettamente diverso, molto semplice, spartano, quasi rustico, con i meccanici tutti unti e sporchi (e brutti), i box molto più approssimativi, piccoli come delle baracche, non come adesso, solo Montecarlo poteva essere più affascinante per il lusso. L’età media dei piloti era molto più alta, molti erano anche di provenienza aristocratica e molti di questi erano privati (pochi invece quelli che si sporcavano le mani per riparare le proprie vetture). E la sicurezza era molto scarsa, se non assente, tra alberi esposti a bordo pista in alcuni circuiti a balle di paglia infiammabili, Guard-Rail troppo alti, le auto prive di cinture (che verranno introdotte obbligatoriamente solo dopo il 1968) e con i serbatoi di alluminio pronti ad esplodere se venivano urtati.
È proprio in questo mondo che Mario Veloso de Araujo Cabral, nato a Cedofeita nel gennaio del 1934 da famiglia aristocratica, corse in F1, F2 e gare di durata con vetture Sport-Prototipo, Gran Turismo e Turismo. Chiamato anche “Nicha”, che utilizzava per correre, crebbe nel Portogallo del dittatore Antonio Salazar.
Lo Stato portoghese aveva bisogno di persone che portavano alto il nome del Portogallo, uomini forti creati come esempio di un Portogallo forte e vigoroso. Dopo la II° Guerra Mondiale il Portogallo di Salazar venne appoggiato, come la Spagna del Generale Francisco Franco, da aiuti militari contro il Comunismo da parte dell’America e soprattutto dell’Inghilterra, per cui le relazioni con l’estero si riaprirono e l’Inghilterra appoggiò il Portogallo per una maggiore ricostruzione industriale, di cui era povera, appoggiata dallo stesso Salazar. Allo stesso modo il Campionato di F1 incluse anche il Portogallo per far correre le Monoposto della Classe Regina. Da lì la decisione di formare i migliori piloti portoghesi e tra questi c’era anche Mario, che fu il più veloce e talentuoso, anche se faceva una vita bohèmienne, con rapporti con le donne ma anche con gli uomini.

Si arriva al 1959 e Mario può partecipare al GP di casa, sul Circuito di Monsanto su di una Cooper T51 con motore Maserati 2.5 4 Cilindri in Linea della Scuderia Centro Sud di Mimmo Dei e Piero Taruffi con come capo-meccanico Giulio Borsari, precedentemente alla Scuderia Maserati ufficiale e poi dal 1962 al 1976 capo-meccanico alla Ferrari.
Mario da buona prova di se nelle qualifiche, rispetto al suo connazionale Pedro Chaves che anche se da il meglio di se non riesce a qualificarsi. Da quel momento in poi Mario terrà un record, che verrà battuto nel 1994 dal pilota anch’egli portoghese Pedro Lamy, quello di essere l’unico pilota portoghese ad essersi qualificato e gareggiato in F1.
Ma torniamo al GP del 1959 in Portogallo a Monsanto: Mario si qualifica con la Cooper T51-Maserati davanti ai più titolati piloti Graham Hill (futuro campione del mondo F1 nel 1962 con BRM 1968 in Lotus e padre di Damon Hill campione di F1 in Williams nel 1996) ed Innes Ireland, con le Lotus di Colin Chapman.
Durante la gara sia Hill che Ireland si ritirano mentre Mario sta facendo del suo meglio. Solo che si mette in mostra tagliando la strada, per non essere doppiato, dal futuro campione di F1 1959, l’australiano Jack Brabham su Cooper T51-Climax. Le conseguenze sono gravi: ostacolandolo Mario causa a Brabham una uscita di strada, schiantandosi contro un palo del telegrafo, viene sbalzato dalla vettura e rimane inerme nel mezzo del circuito, pronto per essere investito da tutti i piloti che lo seguivano, ma fortunatamente gli altri piloti lo evitano.
Giratosi nello scontro con Brabham, Mario riparte e riesce a concludere la gara in decima posizione, ma a 4 giri di distacco dal vincitore Stirling Moss su Cooper T51-Climax, senza ottenere punti in classifica generale.
Dopo il GP del Portogallo, la Scuderia Centro-Sud decide di riaffidare la Cooper-Maserati per il GP d’Italia a Monza a Ian Burgess, dalla guida meno spettacolare e regolare, e Mario non si fa notare in altre gare fino all’anno dopo.

Per il 1960 la Centro-Sud riaffida a Mario la Cooper T51-Maserati, sempre per il GP del Portogallo ma sul Circuito di Boavista di Porto (sarà l’ultima volta per Mario di correre in casa in F1, perché il GP ritornerà ad essere disputato dal 1984 al 1996 sul Circuito dell’Estoril). Si qualifica in 15° posizione ma si dovrà ritirare in gara per un incidente. Il 1960 per Mario non è stato pieno di impegni e gare, quindi chiese in prestito alla Centro-Sud in Novembre una vecchia Maserati 300S a 6 cilindri in linea, una barchetta a 2 posti per poter correre nelle corse di durata per vetture Gran turismo e Sport-Prototipo; gli viene concessa e Mario riesce a vincere il GP di Rio de Janeiro in Brasile, sul Circuito di Guanabara.
Per il 1961 i regolamenti in F1 cambiano: i motori dovranno essere di 1500 cm/cc aspirati e con questo nuovo regolamento Mario partecipa al GP di Germania sul terribile e lungo Circuito del Nurburgring, si qualifica in 16° posizione in griglia ed in gara riesce a risalire fino alla 10° ma si dovrà ritirare per la rottura del cambio.
Comunque al successivo GP, svoltosi in Francia sul Circuito di Pau, sempre sulla Cooper T51-Climax della Centro-Sud riesce a conquistare il miglior risultato in F1 della sua carriera, il 4° posto dietro al vincitore Jim Clark, Jo Bonnier e Lorenzo Bandini, ma la gara non è valida per il Mondiale.

L’anno dopo ritorna alla Scuderia Centro-Sud, Giulio Borsari è diventato capo-meccanico alla Ferrari e Piero Taruffi aveva lasciato il team, lasciandola in mano al solo Mimmo Dei, una scuderia che piano piano stava agonizzando.. La migliore vettura è una BRM P57 V8 1.5 di cilindrata ma viene affidata a Lorenzo Bandini (che gli era stata scippata la seconda guida in Ferrari con l’inglese John Surtess dall’esperto pilota belga di Sport-Prototipo Willy Mairesse). Anche la seconda vettura migliore della squadra, una Cooper T60-Climax V8 viene affidata a Carlo Abate e Mario si deve dunque accontentare della vecchia Cooper T53-Climax 1.5 a 4 cilindri. Al GP di Germania al Nurburgring si qualifica in 20° posizione, peggio sarà in gara , si dovrà ritirare per rottura del cambio dopo soli 6 giri.
Al GP d’Italia a Monza la BRM viene affidata al pilota francese Maurice Trintignant (due volte vincitore del GP di Montecarlo e zio dell’attore Jean-Louis), Bandini viene richiamato in Ferrari e la Cooper T60-Climax viene data a Mario mentre la T53 passa in mano ad Ernesto Brambilla. Se Trintignant si qualifica per la gara e conclude al 9° posto, sia Brambilla che Mario non ottengono un buon tempo in prova e non si qualificano per la gara.
Per il 1964 Mario decide di correre un’altra volta alla Centro-Sud ancora più agonizzante, correndo con la ancora più deludente Derrington-Francis ATS V8, ma rispetto a piloti più titolati quali Phill Hill, Giancarlo Baghetti e Trintignat, Mario sarà l’unico a portarla al limite e ad essere più veloce. Qualificatosi davanti a Trintignant, in 19° posizione, in gara battaglia con Peter Revson su Lotus, ma dovrà ritirarsi per problemi all’accensione.
Decide di ritirarsi dalla F1 e continua la sua carriera in F2, ma nel 1965 al GP di Francia di F2 sul Circuito di Rouen esce di strada e rimane seriamente ferito. Ritorna a correre dal 1968, sia in F2, sia nelle vetture Sport-Prototipo, sia con le vetture Turismo, in particolare con una BMW 3.0 CSL. Nel 1970 assieme all’inglese David Piper partecipa ad una gara in Spagna a Vila Real con una Porsche 917, vincendo la gara.
Per il 1973 compra una March 732-Ford per gareggiare in F2 e riesce a dare buona prova di se finendo 8° al GP dell’Estoril, prima di trasferirsi in Angola, ancora sotto dominio del Portogallo ma pronto per l’indipendenza, dove in quel paese il panorama automobilistico era vibrante.
Si ritira dalle corse nel 1975, ma dieci anni dopo partecipa alla 500 Km del Campionato Europeo ETCC per vetture Turismo con una BMW, assieme al tedesco Manuel Reuter. Anche se si era ritirato da molto tempo, in qualifica riesce a battere il tempo del più competitivo Reuter, facendo vedere a tutti che il talento c’era ancora.
Infine la decisione: all’età di 75 anni nell’amata Angola, Mario fa coming out che ha avuto precedentemente rapporti sia con donne che con uomini e comunica di essere bisessuale. Con questo Mario Araujo Cabral ha lanciato un messaggio importante molto personale: la lezione è semplice, come esistono uomini a cui piacciono le donne ce ne sono altri che preferiscono gli uomini, o entrambi e tutti sono solo questo, persone normali.

Tony

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