Le Iene accusano Adinolfi di calunnia, ma lui insiste: «Riconoscano il mio ruolo nel loro servizio»


Come un qualunque bulletto di periferia che si vanta di aver sparso sperma nella vagina di almeno due mogli, Mario Adinolfi continua a sbraitare che lui e il suo 0,6% di elettori esigono l'interruzione di qualunque politica sociale possa constatare l'omofobia. Una richiesta che non stupisce, dato che l'odio omofobo è l'unica fonte di reddito per la famiglia Adinolfi.
Assai più bipolare è invece il suo alternare proclami volti a sostenere che la reversibilità dei gay distruggerà l'Imps al dire che le unioni civile sono poche e quindi i gay potevano pure restarsene senza diritti (in modo tale che lui e le sue due mogli potessero mettere le loro mani sui contributi versati da cittadini con pari doveri e minori diritti). L'uomo parla anche di falsità e di «fondi erogati a pioggia da Palazzo Chigi a associazioni Lgbt che celebrano 946 unioni civili in un anno e duecentomila soci ai circoli Anddos e poi vanno nelle scuole a parlare di sessualità ai nostri bambini, l'emergenza è vera e nazionale».

Ma se le Iene negano con forza che Adinolfi abbia contribuito alla realizzazione del loro servizio come da lui dichiarato e parlano di parole calunniose rilasciate nei suoi video di propaganda, il leader del Popolo della famiglia (al singolare perché intesa come discriminate e non come valore) si lancia nello scrivere:

Le Iene hanno provato a fare la "puntata riparatoria" richiesta dalla lobby lgbt, con tanto di rituale intervista a Luxuria. Ma la toppa è venuta peggiore del buco, è emerso un mondo di menzogne reiterate, di dirigenti dell'Unar imbarazzanti, di "centri antiviolenza" immaginari che dovevano prendere i soldi dell'Unar ed erano piazzati in questi circoli gay dove si pratica regolarmente la prostituzione e scorre droga a fiumi, in un colossale business. Il portavoce di Anddos ieri a La7 dichiarava 200.000 soci, pagano 17 euro di tessera e siamo a 3.400.000 euro, più ingresso (almeno 10 euro), più consumazioni al bar, più "massaggio" (38 euro quello "regolare", altri 50 euro almeno per il "completo"), tutto esentasse coperto dalla finta formula associativa. Le Iene riconoscono il ruolo del Popolo della Famiglia nel denunciare questo schifo.

Se pare difficile credere che fantomatiche «lobby gay» possano avere richiesto alla redazione del programma un servizio offensivo che sfotteva i gay e derideva la loro sessualità, pare doveroso osservare come Adinolfi non abbia riservato una simile ferocia nel chiedere il ritiro dei fondi pubblici che erano stati elargiti a quel che quel prete pedofilo che era seduto tra le autorità ai suoi convegni e che poi toccava dei bambini sin dentro il confessionale.
E che si sia dinnanzi a due pesi e due misure lo si osserva anche nel constatare come Adinolfi non vada in giro a dei che se la Chiesa è proprietaria anche di attività commerciali allora bisogna sostenere che le Chiese facciano profitto e non debbano ricevere fondi pubblici. Anche perché nel caso dei soldi racconti esentasse dai preti siamo su cifre assai maggiori.
Patetico è l'attacco alla redazione delle Iene dove Adinolfi torna a sostenere che ci sia lui dietro la richiesta di demolire l'Unar per impedire qualunque forma di contrasto all'omofobia. E pare anche che il sedicente politico non paia sufficientemente intelligente da comprendere che i centri antiviolanza hanno ragione di essere collocati laddove si sia dinnanzi a casi di emarginazione, dato che non è certo facendo salotti buoni nel centro cittadino che si potrà essere di aiuto a chi ha davvero bisogno. Persino alcuni i preti vanno dalle prostitute e non se ne stanno in canonica ad attendere che siano loro a dover bussare alla loro porta...

Comunque è bene ricordare come Adinolfi ha dichiarato pubblicamente che: «Eravamo in contatto con le Iene, posso raccontarvi anche questo. Ci siamo scritti con gli autori, ci siamo parlati. Prima o poi questa semina contro il male estirperà le colonie del male». Se oggi usa toni più leggeri, questa è la sua dichiarazione ed è questa la frase che dovrebbe rinnegare se ora vuole puntare ad un "riconoscimento" più marginale nella decapitazione dell'unico ente che protegge migliaia di persone perseguitata per razza etnia o orientamento sessuale.
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