Adinolfi raccoglie firme per vietare i pride: «Noi etero non abbiamo bisogno di difenderci dall'omofobia»


È il partito di Mario Adinolfi ad essersi reso responsabile dell'ennesima aggressione violenta contro la società civile. Questa volta i suoi miliziani hanno pensato bene di lanciare una petizione volta a chiedere che ai gay sia negato il basilare diritto di manifestazione, sostenendo che la maggioranza abbia il diritto di chiudere la bocca a qualunque minoranza in virtù della loro supremazia numerica. Ed è così che il Popolo della famiglia si fa promotore di una petizione proposta dalle pagine dell'organizzazione CitizienGo di Ignacio Arsuaga che ha già trovato il sostegno dalle Sentinelle in piedi di Varese e dal cassiere di Gianfranco Amato. Nel testo leggiamo:

Se non ritieni opportuna la parata del Gay Pride patrocinata dall'attuale giunta comunale Varesina, così come in qualsiasi altra città, firma la petizione. Il rispetto per ogni orientamento sessuale è consolidato in Italia e le parate del Gay Pride con l’esibizionismo di una parte dei partecipanti più assidui danneggia la gran parte di coloro che vogliono vivere l’orientamento sessuale nel proprio contesto sociale. La maggioranza delle persone (97%) non si sogna minimamente di fare parate "Etero" pride per "difendere" l'orientamento sessuale antropologicamente naturale che consente la continuità del genere umano. Se anche tu ritieni controproducente la parata dei Gay Pride firma la petizione. Gay pride? Meglio di no!

Se forse bisognerebbe ricordare al signor Mario Adinofli che lui non rischia di essere picchiato a sangue perché eterosessuale mentre gli adolescenti gay rischiano di essere spediti in quei centro di tortura psicologica che lui ama promuove durante i suoi comizi, appare sempre più evidente come le rivendicazioni della sua gente inneggino sempre più ad un totalitarismo repressivo e violento. Si sparano numeri, si promuove la discriminazione e si spergiura che le minoranze non debbano potersi esprimere solo perché a loro sgradite.
Ed ancor più gravi sono le dichiarazioni contenute nella lettera allegata che il Popolo della Famiglia di Varese intende spedire al primo cittadino per sostenere la necessità di impedire qualunque supporto a chi non condivide la loro ideologia del disprezzo. Scrivono:

Gentile signor Sindaco,
il 17 giugno 2017 si terrà a Varese la seconda edizione del Gay Pride che quest'anno godrà del patrocinio dell'attuale Giunta Comunale. Nella delibera di approvazione del 24 gennaio 2017, al primo punto delle motivazioni di convalida si può leggere che il patrocinio viene concesso in base "all'alto valore sociale e culturale" della manifestazione.
È di certo facilmente condivisibile il fatto che la sensibilizzazione dell'opinione pubblica verso il tema dell'omosessualità non si percorre tramite stipati cortei dalle più disparate e colorate personalità, in alcuni casi estremizzate per l'occasione, bensì con l'incontro, il dialogo, la conoscenza delle situazioni e delle coscienze. Tutte azioni, queste, che vanno a disperdersi, a nascondersi, a non trovare spazio d’incontro in una manifestazione così pensata. Pertanto, se fosse la sensibilizzazione, l’obiettivo da raggiungere, forse sarebbe più utile e funzionale valutare altre strade.
O forse ristagna la volontà di riscatto verso una società discriminatoria verso l’omessualità? Ci sembrerebbe inutile: siamo tutti consapevoli che non è questo il caso italiano, né tantomeno varesino. Secondo fonti super partes, infatti, tipo l’OCSE e il Pew Research Center, l’Italia è una nazione che può vantare una scarsissima incidenza dei reati di discriminazione per l’orientamento sessuale; inoltre la parola omofobia è un termine fuorviante, che non esprime il reato che vuole realmente combattere.
Come si evince, dunque, emergono diversi interrogativi che ci portano a chiederLe di rivalutare la sua posizione.

Trattandosi di seguaci di Adinolfi, forse non c'è da meravigliarsi di come la loro propaganda si basi sulla piàù becera menzogna. Non solo ha poco senso tirare il ballo l'Osce quando loro stessi dicono di non avere dati reali del fenomeno, ma il Pew Research Center sostiene l'esatto contrario di ciò che loro cercano di attribuirgli. Presumibilmente la loro affermazione mira a sostenere ciò che i,l sito omofobo Uccr scriveva nel 2013, ossia che l'Italia sarebbe all'ottavo posto al mondo per l'accettazione dell'omosessualità. Peccato che i dati non abbiano contemplato tutte la nazioni del mondo ma solo alcune, mostrando chiaramente come l'Italia risulti al penultimo posto tra i Paesi europei (peggio di lei c'era solo la Grecia).
Lo studio diceva poi che l'omofobia italiana è inferiore di quella del Senegal e del Ghana, ma c'è da sperare che i fondamentalisti di Adinolfi non siano così folli da sostenere che ci si debba accontentare di non essere messi in carcere o condannati a morte.

Preoccupante è anche come questi signori ricorrano al negazionismo nonostante risultino i primi depositari dell'odio omofonico, in quella violenta crociata anticristiana che li vede pronti a bestemmiare santi e madonne pur di sostenere che sia Dio a sostenere che le eiaculazioni di Mario Adinolfi all'interno delle vagine delle sue due mogli lo rendano meritevole id maggiore dignità sociale.
Negare l'esistenza dell'omofobia non solo rende questa gente complice dei carnefici, ma li rende patetici dinnanzi a chi sostene che si debba proporre il "dialogo" tra chi chiede di vivere e chi vorrebbe negargli quel diritto nonostante lo scorso anno non avessero nulla da ridire dinnanzi ad un Comune di Varese che ha rifiutato di patrocinare il Pride ed ha offerto il suo patrocinio ad un comizio a senso unico con cui il loro Gianfranco Amato ha promosso l'omotransofobia a vantaggio della su agenda politica.
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