Il Tribunale di Lecco sentenzia a favore del “cognome comune” per le famiglie arcobaleno


Ancora una volta è stata la magistratura a dover mettere una pezza alle mancanze della politica. Con un'ordinanza, il Tribunale di Lecco ha definitivamente inibito all’Ufficiale dello stato civile di Lecco di cancellare dalle schede anagrafiche il cognome comune scelto dalle parti di una unione civile e poi trasmesso alla figlia nata successivamente alla costituzione del vincolo.
La decisione riguarda una coppia di donne che, nel settembre 2016, aveva fatto trascrivere il matrimonio contratto in Portogallo e aveva scelto un “cognome comune” ai sensi del comma 10 della legge Cirinnà. In forza del “decreto ponte” (D.P.C.M. del 23.7.2016) il cognome dell’unione era stato trasferito alla figlia nata nel successivo mese di novembre. Il Governo, emanando il decreto legislativo n. 5/2017 aveva tuttavia imposto una “retromarcia”, riducendo la portata del cognome a mero “cognome d’uso” e disponendo la cancellazione dello stesso dalle schede anagrafiche così da impedirne la trasmissibilità ai figli.
Avvocatura per i diritti LGBTI - Rete Lenford, agendo in via d’urgenza, ha ottenuto l’inibizione di un tale illegittimo esito. Il Tribunale di Lecco, ieri, ha confermato il provvedimento cautelare reso lo scorso 9 marzo, statuendo che «l’avvicendamento di norme ha senz’altro prodotto nella fattispecie in esame una lesione della dignità della persona e dell’interesse supremo del minore». Pertanto ha ritenuto giustificata «la disapplicazione del citato art. 4, comma 2 del d. lgs.vo n. 5/2017» stante il »principio del primato del diritto dell’Unione».
Il Tribunale ha chiarito che il nome adempie «alla funzione di tutelare il diritto alla proiezione sociale della persona» e alla «funzione di identificazione sociale». Entrambe tutelate costituzionalmente.
Inoltre, e con riguardo a eventuali figli di coppie unite civilmente, il Tribunale ha ricordato che, in base alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, «l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private» e «il diritto del figlio alla conservazione del proprio status familiare e alla salvaguardia della propria identità, quale principio fondamentale dell’individuo, recentemente sta ottenendo sempre maggiori riconoscimenti dalla giurisprudenza».
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