La Chiesa evangelica torna a promuovere sedicenti "ex-gay", anche se i loro racconti non sempre tornano


In tempo di crisi il dichiararsi "ex-gay" potrebbe essere una buona idee per procurarsi una fonte di reddito da un settore in cui non hanno mai smesso di viaggiare ingenti quantitativi di soldi. In fin dei corsi nessuno può davvero credere che Giorgio Ponte avrebbe potuto presentare i suoi romanzetti in un'università pontificia se non passasse il suo tempo a raccontare quanti gli faccia schifo essere gay, così come Di Tolve non avrebbe potuto prostituirsi ancora a lungo e l'azienda fondata sul commercio di pregiudizio gli garantiscono introiti sproporzionati rispetto a ciò che vende...
In tema di promozione di fantomatiche e miracolosi "guarigioni" dall'omosessualità pare non essere da meno neppure la Chiesa evangelica, proponendo personaggi che cercano di vendere i loro libri sostenendo che chi li legge "diventa" eterosessuale. Tra questi appare quasi tragicomica la "testimonianza" che un tale "fratello Andrea" ha portato ai frequentatori della Chiesa evangelica ADI di Brusciano (NA). Una testimonianza così "credibile" che spesso si ha l'impressione che il lui non sappia neppure di che cosa stia parlando.

In un video pubblicato in rete, lo si vede impegnato a raccontare che a sei mesi gli venne l'asma e che i medici, maghi e fattucchieri non riuscirono a guarirgliela. Dice poi che un evangelico lo guarì all'età di 11 anni dicendo una preghiera. Ovviamente non manca neppure di sostenere che quello sia stato «un miracolo».
L'uomo passa così a raccontare che veniva preso in giro e bullizzato dai compagni e dalla sua stessa famiglia. Dice che il padre gli urlava dietro perché non era abbastanza virile quando correva e la madre si lamentava che non aveva atteggiamenti abbastanza maschili. Ed è a quel punto che esordisce con il dire: «Non comprendevo perché io avevo un corpo da uomo ma dentro mi sentito una bambina». «Compresi che quello che sentivo di essere gli altri non lo accettavano. Mi chiusi. Ma crescendo ho iniziato a lottare con questo mostro che era dentro di me. Trentatré anni della mia vita ho lottato con questo mostro». «A vent'anni dissi a mio padre e a mia madre che ero omosessuale. Che quella era la mia vita, la mia natura e iniziai questo percorso nel mondo omosessuale».
Al di là che i gay vivono nello stesso mondo degli etero e che non si capisce con che logica si vogliano creare fantomatiche divisioni, difficile è anche non osservare che un gay non si sente donna. Se lui si sentiva una bambina, non sarebbe stato omosessuale ma transessuale. Da parte di chi sostiene di voler fare informazione, come minimo ci si spetterebbe almeno due minuti a cercare di comprendere l'esatta terminologia o il discorso non può che essere falsato da premesse inesatte e false.

Cercando di sostenere che essere gay significhi essere contro Dio, l'uomo racconta alla platea che «non ero felice. Avevo dentro di me un bisogno di essere amato che non riuscivo a colmare. In quei dieci anni passati nel mondo omosessuale, io ero alla ricerca di quella risposta. Tra i miei colleghi c'era un uomo sposato ed ebbi con lui una relazione, convinto che avrebbe lasciato la figlia e la moglie. Ma quando compresi che stavo distruggendo una famiglia lo lasciai. Ma sono andato avanti con quella libertà che dovevo difendere, ma quella libertà non mi rendeva felice».
E se il riferimento al suo sentirsi bambina pare voler cavalcare la propaganda integralista che identifica nel fantomatico "gender" il sostenere che qualcuno voglia dire ai bambini che possono decidere se essere maschi o femmina, anche qui si ha l'impressione che si voglia strizzare l'occhio alle teorie integraliste che cercando di sostenere che i gay "distruggerebbero" le famiglie. Peccato che il suo stesso racconto non spiegherebbe in che modo creda di aver "difeso" una famiglia lasciando che quel padre potesse cercarsi un altro ragazzo con cui continuare a tradire la moglie. Il buonsenso ci porterebbe a ritenere che se l'omofobia crea famiglie in cui c'è chi vive con persone che non ama, il problema reale pare il fatto che a quell'uomo non è stato permesso di creare una famiglia secondo natura a causa dei diktat di Gandolfini. Dall'infelicità non può che nascere infelicità e non è certo coltivandola che si potrà invertire la rotta.

Tornando al racconto. Se Di Tolve si spaccia fintamente per Mr Gay Italia, fratello Andrea propende per lo spacciarsi per una drag queen che guadagnava migliaia di dollari all'ora... Dice: «Mi proposero di fare la drag queen. Sono uomini che si vestono da donna e fanno degli spettacoli. Io non volevo accettare perché c'erano problemi a casa, c'erano urla, c'era mia madre che piangeva, mio padre che mi supplicava di tornare a quel Dio che avevo conosciuto. Ma Dio non faceva più parte della mia vita». «Accettai quel concorso e su 35 partecipanti da tutta la Sicilia, arrivai secondo. Arrivavo a fare anche 1.300 euro per un'ora di spettacolo. Ero richiestissimo. C'era una folla davanti a me che mi applaudiva. Avevo fatto diventare il denaro il mio dio. Potevo comprare tutto ma non l'amore. Non sapevo con chi parlare perché tutti guardavano solo l'esteriore e non le ferite e il buio che erano dentro di me».
Poco compatibile con i grandi guadagni appena descritti è il suo sostenere che per qualche spicciolo si è messo a distribuire volantini: «Decisi di partire, volevo ripartire da capo. Feci un biglietto di sola andata per la Spagna e nel frattempo feci volantinaggio per accumulare un po' di soldi. Una mattina, nella buca in cui si mettono i volantini, vidi un foglio bianco di calendario. Mi colpì la data che c'era scritta in quel foglietto, la stessa della partenza. Io lo presi e iniziai a leggere e c'era la storia di Giona. Volevo pregare Dio ma pensavo non potessi ripresentarmi a lui dopo tutto quello che avevo fatto. Una sera mi ritrovai in ginocchio davanti al mio letto e chiedi a Dio cosa dovevo fare. Gli chiesi se potevo tornare a lui dopo tutto quello che avevo fatto. Ancora una volta la misericordia di Dio scese su quella stanza: sognai che ero in una strada stretta e avevo un indirizzo nelle mani e c'era un uomo sopra una grande roccia. Più mi avvicinavo a lui, più sentivo pace. Gli chiesi: "Susi, lei sa dov'è quest'indirizzo?". Lui si alza, mi poggia la mano e mi dice: "Andiamo, è tempo di tornare a casa". Ho afferrato quella mano e non l'ho lasciata mai più».

Più riconducibile a degli stereotipi che ad un vero vissuto è il suo aggiungere: «Tanti uomini sono passati nella mia vita, di tanti non conoscevo nemmeno il nome, Ma c'è stato solo un uomo che è riuscito a colmare il voto, si chiama Gesù Cristo. Mi ha ridato quell'identità da uomo, quell'identità che mi è stata rubata da piccolo. Non si nasce omosessuali, lo afferma la parola di Dio». «Io vado in giro con il mio libro non perché vado fiero di quello che ho fatto, ma per far comprendere che c'è una speranza, che c'è una soluzione, che non tutto è perduto. Tante volte si vede l'omosessualità solo dall'esterno, ma vi sposso assicurare che sono esseri umani con delle ferite, delle sofferenze».
Sul finire non poteva mancare il capitolo marketing, dedicato a sostenere che il suo libro abbia poteri miracolosi: «Adesso sono sposato. Dio mi ha dato una compagna. Lei serve il Signore alla carceri. Abbiamo speso la nostra vita per l'evangelo. Ricevo tante telefonate di ragazzi, di ragazze e di famiglie che leggendo il libro ritrovano la speranza. Mi chiama una signora e mi dice: "Mio marito era andato via e aveva lasciato me e i nostri due figli per andare a convivere con un uomo. Hanno regalato il tuo libro a mio marito e adesso lui è qui perché vogliamo conoscere questo Gesù di cui parli". Una un ragazzo mi chiamava e mi insultava. Alla terza volta mi raccontò: "Io ho 17 anni e fra tre mesi compirò il 18 anni. È da quando avevo 15 anni che ho progettato la mia vita perché al mio 18° compleanno mi sarei andato ad operare per diventare donna. Una mia compagna di classe mi ha regalato il tuo libro e qualcosa in me si è rivoluzionato". L'ho incontrato, gli ho parlato di Gesù e il giorno del suo 18esimo compleanno e davanti ai presenti disse: "Io domani mi sarei dovuto andare ad operare ma ho conosciuto Gesù e mi ha trasformato"».

Data l'ossessiva citazione di Gesù e del Vangelo, c'è da chiedersi se questo ragazzo abbia mai letto la parabola dei talenti. Davvero crede che se Dio dona ai gay una sessualità utile all'evoluzione della specie (altrimenti l'evoluzione l'avrebbe cancellata da tempo) ha senso rinnegarla solo perché ai propri genitori non piaceva un figlio gay o perché ci si sente dalla parte della maggioranza nell'imporsi la convivenza con una donna? E com'è possibile che il racconto di una transessuale sia diventato il racconto di un omosessuale senza che si motivasse quello che qualcuno definirebbe un comportamento gender fluid? Chissà, magari non ce lo dirà mai in modo da guadagnare soldi vendendo il libro in cui racconta fatti che paiono con combaciare tra loro...

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