Gianfranco Amato torna ereticamente a difendere l'uso politico della preghiera quale strumento di offesa


Se invitassimo i lettori a pregare Dio perché possa liberare Gianfranco Amato dalla sua ossessione omofoba e dalla sua mefistofelica ferocia contro un intero gruppo sociale, probabilmente ci beccheremmo una denuncia. Eppure è nel nome dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme che l'ultra-integralista non pare farsi problemi nell'invitare i suoi seguaci a pregare contro i gay.
Cantandosela e raccontandosela da sola, Amato sostiene che Dio sarebbe offeso dall'esistenza stessa dei gay, ossia persone che devono essere perseguitate e discriminaste perché lui si ritiene superiore a loro in virtù dell'origine delle sue erezioni.
In un vergognoso articolo apparso sulla stampa locale varesotta, Gianfranco Amato si è lanciato in una strenua difesa della preghiera usata politicamente come strumento di offesa, asserendo:

Alcune polemiche davvero non si riescono a comprendere. Come quella, ad esempio, che sta scatenando l’iniziativa promossa da alcuni fedeli cattolici che hanno deciso di organizzare una veglia pubblica di preghiera in riparazione delle offese arrecate dalla marcia del Gay Pride che si terrà a Varese il prossimo 17 giugno. L’annuncio di una simile iniziativa ha dato origine, com’era prevedibile, ad una ridda di reazioni negative, persino all’interno del mondo cattolico. Io, francamente, non riesco a capire dove stia il problema.

L'attacco di Amato parte così con il sostenere che sia la Chiesa Cattolica e legittimare l'odio versoi i gay e che i veri fedeli dovrebbero mettere in pensione il loro cervello per sostenere che sicuramente Dio abbia sbagliato a creare l'omosessualità se un qualche omofobo dice loro che non va assolutamente tollerata:

Possiamo distinguere in questa vicenda due piani: uno spirituale e uno civile. Sul primo non c’è molto da dire. Il paragrafo 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica non lascia alcun dubbio nella sua formulazione: «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (Gn 19, 1-29; Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 9-10; 1 Tm 1, 10), la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati». Ora, come si può impedire la legittima reazione di fedeli ad una manifestazione, qual è quella del cosiddetto “Gay Pride”, che innalza un vizio a virtù, che rivendica pubblicamente il diritto di peccare, e che esalta con orgoglio la libertà di praticare una «grave depravazione» morale? È come se un gruppo di adulteri facesse assurgere l’adulterio a virtù e ne rivendicasse pubblicamente con orgoglio la relativa pratica. Legittimo sul piano del diritto civile, assai discutibile sul piano morale religioso.

Va ricordato che si ci può facilmente appoggiare alle Scritture anche per giustificare lo stupro o anche l'omicidio. È il buonsenso a suggerire che un versetto estrapolato non significhi nulla se lo rinnega il messaggio complessivo del testo. La decontestualizzazione è ciò su cui fa leva l'Isis, non certo un qualcosa da emulare per trovare giustificazioni ad ogni più perversa forma d'odio (sempre che poi non si vogliano chiudere gli occhi su come sia stato proprio quel meccanismo a rendere possibile il rogo delle donne, la persecuzione dei mancini o lo sterminio dei pellerossa).

L'integralista prosegue affermando:

È vero che in una Paese libero e laico questo “orgoglio” si può anche rivendicare pubblicamente. È altrettanto vero, però, che un medesimo diritto debba riconosciuto anche a tutti coloro che intendano esternare pubblicamente il proprio dissenso sotto il profilo morale. L’importante è che entrambe le manifestazioni siano, lecite, pacifiche, sobrie e rispettose. Ebbene, c’è qualcuno sano di mente che possa davvero considerare la preghiera pubblica una manifestazione illecita, violenta, scomposta, e irrispettosa? Soprattutto quando la preghiera è invocata in riparazione di un’offesa e finalizzata alla conversione di coloro che hanno offeso? Da quando in qua pregare pubblicamente per gli altri può essere considerato illecito, violento, scomposto e irrispettoso?

Evidentemente Gesù non era una persona sana di mente dato che nei vangeli criticò apertamente ed espressamente l'atteggiamento promosso dal cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme. In Luca 18, 10-14, leggiamo:

«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Sarà, ma il fatto che Amato inciti ad emulare il fariseo non sembra un atto compatibile con la fede cattolica, anche se è un atteggiamento che potrebbe tornare utile al suo profitto personale e alle sue ambizioni politiche personali.

La propaganda dell'integralista prosegue così il tentativo di sostenere che il dirsi cristiani debba prevedere privilegi esclusivi rispetto agli altri, soprattutto se ci si definisce tali con l'unico intento di sentirsi legittimati ad offendere e denigrare qualcuno:

Proviamo ora ad analizzare l’aspetto civile dell’iniziativa di questi fedeli cattolici varesini. Tra i capisaldi delle libertà prevista dalla Costituzione italiana ve ne sono due in particolare. Il primo è sancito dall’art. 21, il quale prevede che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Il secondo caposaldo è contemplato dall’art.19, il quale afferma che «tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume».Non mi pare proprio che la preghiera pubblica di riparazione possa proprio considerarsi contraria al «buon costume». Al riguardo, semmai, qualcosina si potrebbe obiettare su alcune ostentazioni assai discutibili del Gay Pride.

E come giustamente osserva Amato, quella da lui espressa è una personalissima e discutibilissima opinione personale. Volendo usare i suoi stessi toni perentori, poteremmo domandarci se possa mai esistere una sola persona sana di mente che non trovi ripigliante, blasfemo, offensivo e contrario al buoncostume l'assistere ad un manipolo di integralisti che prega contro la vita altrui.
E se al gay pride si vede gente civile che manifesta civilmente per i diritti altrui, altrettanto non si può dire di chi si raduna usando crocefissi e madonne come armi di offesa.

La lunga e noiosa santificazione della preghiera come strumento di morte prosegue attraverso il disperato tentativo di giustificarla anche sul piano legale:

Se quindi la Costituzione prevede espressamente la libertà di opinione, non si vede come sia possibile impedire a liberi cittadini italiani di manifestare, che so, a favore della famiglia contemplata dall’art. 29 della stessa Costituzione, intesa quale società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, come ha ribadito la Corte costituzionale con la sentenza n.138 /2010. Né si può impedire agli stessi cittadini di manifestare contro la barbara pratica dell’utero in affitto e del relativo ignobile sfruttamento del corpo femminile. Tutte che cose che, invece, vengono orgogliosamente rivendicate nella parata omosessualista del Gay Pride. Agli uni e agli altri deve essere garantita la medesima libertà di espressione, altrimenti avrebbe ragione Papa Francesco nel denunciare la soffocante oppressione della dittatura del Pensiero Unico, che oggi sembra sempre più dilagare nel nostro Paese.

Pare dunque che la teoria di Amato ci porta a ritenere che l'esistenza di un ebreo renda lecita e doverosa l'esistenza di un nazista che lo voglia massacrare in un campo di sterminio. Oppure dovremmo dedurre che se un gay chiede di poter esistere, allora un miliziano dell'Isis ha il diritto di dissentire e di lanciarlo dai tetti.
Il problema di fondo è il voler sostenere che non ci sia differenza tra chi chiede di poter vivere liberamente la propria vita e chi pretende di impedire la vita altrui nel nome del suo odio verso il mondo.
Ovviamente bisognerebbe ricordare ad Amato anche che la sentenza 138 /2010 non dice che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna, ma prende atto di come il codice civile (e dunque non la Costituzione), così come bisognerebbe ricordargli che l'adozione è quella stessa pratica a cui è ricorso quel Gandolfini che vive un matrimonio eterosessuale infecond. In che modo il fatto che Gandolfini faccia pipì in piedi e che sua moglie si sieda dovrebbe renderli genitori adottivi migliori di due uomini o due donne? Perché mai a dei bambini dovrebbero vedersi negare la possibilità di avere una famiglia che li ama solo perché Amato vuole difendere il suo profondo odio per l'umanità?

Il finale è A dir poco tragicomico, con un Amato che si lancia nel sostenere che lui consideri "totalitarismo" tutto ciò che si pone come ostacolo nella sua pretesa di imporsi nella vita degli altri per decider come debbano nascere, come debbano vivere, con chi debbano sposarsi e come debbano morire. Scrive:

Persino chi non fosse d’accordo con l’iniziativa di preghiera dei cattolici varesini dovrebbe comunque difendere il loro diritto, anche per evitare che cali definitivamente la plumbea cappa del totalitarismo ideologico del politically correct. Violento ed intollerante come tutti i totalitarismi.

E per quanto la vita di Gianfranco Amato appaia assai poco invidiabile, interessante sarebbe sapere se qualcuno ha mai pensato di impedirgli di sposare la donna che voleva, di far sesso come voleva o di vivere la sua vita nel modo in cui lui reputava. La realtà è che lui può fare ciò che vuole, mentre accusa di "totalitarismo" chiunque pretende la medesima libertà anche se lui vorrebbe passare la sua vita a vivere le vite altrui, magari devastandole o distruggendole per il suo personale diletto.

E se sappiamo che la curia di varese si è dissociata da un'iniziativa tanto sacrilega ed eterica come una preghiera contro qualcuno, interessante sarebbe conoscere quale sia l'opinione del gran maestro di Gianfranco Amato dinnanzi ad un uso politico e d'offesa della religione da parte di uno dei suoi cavalieri dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro do Gerusalemme.
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