Il Papa riduce allo stato laicale don Inzoli, ma il vescovo assicura che potrà continuare a fare la comunione


Nonostante i fatti fossero stati appurati e condannati da ben due papi, probabilmente non ci sarebbero state reali conseguenze per don Mauro Inzoli se solo non avesse riacceso il clamore mediatico presentandosi tra le autorità del comizio omofobo di Mario Adinolfi organizzato da Regione Lombardia in collaborazione con Alleanza Cattolica e Tempi. Il sacerdote dichiarò di essere stato invitato a quel comizio da alcuni amici di Costanza Miriano.
Quell'apparizione che gli costò anche una denuncia alle autorità, portando all'apertura di un'inchiesta per pedofilia che si era risparmiato dato che le vittime lo avevano segnalato ai vescovi ma non alle autorità civili, riservando a lui solo i provvedimenti all'acqua di rose decisi da papa Benedetto XVI e ridimensionati da papa Francesco. A creare imbarazzo fu anche la decisione della Santa Sede che nel 2015 cercò di ostacolare il corso della giustizia con il suo rifiuto alla rogatoria richiesta dalla Procura di Cremona. In altre parole, decise di non trasmettere gli atti inerenti i casi di abusi su minori che erano stati accertati dalle autorità ecclesiastiche. Ciononostante, Inzoli è stato condannato a 4 anni e 9 mesi di reclusione dal tribunale di Cremona per abusi sessuali commessi su cinque ragazzini che all'epoca dei fatti avevano dai 12 ai 16 anni.

Ora giunge notizia che il sacerdote è stato ridotto allo stato laicale. A darne notizia è il vescovo di Crema che, attraverso una lettera pubblicata dalla diocesi, ha comunicato la decisione:

Carissime e carissimi tutti,nei giorni scorsi, la Congregazione per la Dottrina della Fede mi ha comunicato la decisione, presa da Papa Francesco il 20 maggio scorso con sentenza definitiva, di dimettere don Mauro Inzoli dallo stato clericale.Non possiamo pensare che il Papa sia giunto a una decisione così grave senza aver vagliato attentamente davanti a Dio tutti gli elementi in gioco, per arrivare a una scelta che fosse per il bene della Chiesa e al tempo stesso per il bene di don Mauro: perché nessuna pena, nella Chiesa, può essere inflitta se non in vista della salvezza delle anime, che può passare anche attraverso una pena così grave, la più grave che possa essere inflitta a un sacerdote. Accogliamo dunque con piena docilità al Papa questa decisione, custodendola prima di tutto nel santuario della preghiera.

Il vescovo ha anche aggiunto:

Ho assolto al compito, molto doloroso per me, di comunicare la decisione del Papa a don Mauro: con lui e per lui ho pregato, perché anche di fronte a un’ora così ardua egli possa sentire su di sé la mano del «Dio che atterra e suscita, Che affanna e che consola» e far esperienza della Sua misericordia.Don Mauro, in quanto dimesso dallo stato clericale, non potrà esercitare il ministero sacerdotale né presiedere le celebrazioni sacramentali, neppure in forma privata; tuttavia – è bene precisarlo – non è scomunicato: resta un membro della Chiesa, un fratello in Cristo; e nella Chiesa è invitato ad attingere, come ogni fedele, alla grazia della Parola e dei Sacramenti, che ci fanno partecipare dell’amore fedele e perdonante di Dio.

Il sacerdote non è dunque stato scomunicato e potrà tranquillamente fare la comunione, di fatto ritrovandosi ad essere considerato in una posizione meno grave rispetto a quella di un divorziato a cui quei sacramenti vengono negati.
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