Adinolfi riesce a farsi bloccare anche il suo secondo profilo Facebook. I suoi: «Bisogna andare in strada coi bastoni»


Alla fine Mario Adinolfi ce l'ha fatta ad essere sbattuto fuori da Facebook. Il social network ha infatti cancellato anche la sua seconda pagina in base alle regole della comunità che mirano ad arginare la promozione d'odio.
Tutto ci fa pensare che quel ban fosse esattamente ciò che l'integralista auspicava, tant'è che a poche dal provvedimento che raccontava i suoi proseliti che qualcuno avrebbe segnalato quella pagina (un'asserzione che di fatto non poteva basarsi su alcun dato oggettivo visto che Facebook notifica i provvedimenti ma non le segnalazioni). E vien da sé che non ci si sarebbe potuti aspettare un provvedimento diverso a fronte di un integralista che era stato sospeso per un mese per aver difeso la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e, attraverso un secondo profilo vietato dalle norme contrattuali di Facebook, si era affrettato a pubblicare un post in cui spergiurava che i transessuali debbano essere intese come persone con «problemi psicologici», un «costo a carico dell'amministrazione americana» e che «non possono avere un'arma in mano» perché da lui ritenuti degli psicopatici. Al solito non ha trascurato neppure di vantarsi di come la sua promozione all'odio contribuisca significativamente a quelle pressioni psicologiche contro le vittime della sua propaganda al punto da poter contribuire ad alcuni suicidi. Ma tronfio dinnanzi all'opportunità di poter strumentalizzare quei cadaveri per il suo tornaconto, Adinolfi spergiurava che le persone trans avrebbero «una tendenza al suicidio quintupla rispetto alla media», non perché vittime della sua ferocia ma perché transessuali e quindi da lui reputati malati di mente. Se quelle persone si fossero portati a letto un paio di mogli o fossero stati integralisti altrettanto feroci, allora sì che gli si sarebbe potuto dare in mano quel fucile che Adinolfi invitò ad usare contro i gay solo pochi giorni dalla strage di Orlando (e caso vuole che non ci sia notizia di stragi commesse da transessuali, ma sia lunga la lista di attentati commessi dai fanatici religiosi)..

E perché tutto questo? Pare presumibile che Adinolfi sappia che per ottenere visibilità deve fare vittimismo, godendo di come i suoi proseliti lo vedano ormai come un martire immolato sull'altare della promozione di ogni forma di odio compito nel nome di Dio. Se non si rende ridicolo o se non difende l'odio, come potrà ottenere una qualche citazione su Il Giornale o sui siti di neofascisti?
Su Internet troviamo i suoi che piagnucolano di come ad Adinolfi venga impedito di poter offendere i gay mentre ai gay non viene impedito di poter esistere anche se loro si dicono offesi dalla loro presenza. Tutto viene spacciato come un diritto di opinione, rendendo conseguentemente accettabile persino il sostenere che quei poveri nazisti avessero il pieno diritto di ritenere che gli ebrei fossero una minaccia per i bambini e le famiglie e che abbiano fatto benissimo a fare come il partito di Adinolfi nel produrre documenti falsi che potessero accrescere l'odio. E c'è da domandarsi tra quanto i proseliti di Adinolfi inizieranno a chiedere camere a gas per i gay dato che già difendono la nuova versione dei cartelli nazisti che vietavano l'ingresso a cani ed ebrei.

Ed è così che sulle pagine dei seguaci di Adinolfi si grida alla lesa maestà. Attilio Negrini racconta che: «Prima bloccano la pagina di Mario Adinolfi, poi bloccano la pagina "amici di Mario Adinolfi". Sotto a chi tocca, c'è una pagina Facebook "amici degli amici di Mario Adinolfi"? E se uno è amico di un suo amico ma non è amico di Mario, per Zuckerberg vale lo stesso la proprietà transitiva?».
Altri dicono che le vittime della persecuzione adonolfiniana «hanno paura. Sono finiti» ma «possono ancora nuocere gravemente». Qualcuno invita alla violenza asserendo: «Bisogna levarsi i guanti». Ed ancora: «Bisogna andare in strada coi bastoni»
C'è chi scrive: «Facebook è un campo di battaglia dove questi vincono sempre. Allo stesso tempo è un luogo fondamentale per il Pdf». Qualcuno gli risponde: «Facebook è un campo da calcio truccato, con gli arbitri venduti e costruito dal nemico».
Vittimismo ulteriore giunge da chi lascia intendere che i gay sarebbero sinonimo di bestemmia verso un Dio che loro sostengono voglia solo eterosessuali come loro: «Ma chi scrive bestemmie non viene mai bloccato. Facebook demmerda!». Altri negano la realtà spergiurando che la verità sia quella storiella alternativa che si sono inventati nella loro testa: «La realtà è che Facebook è in mano a sinistronzi cattocomunisti gay, se non la pensi come loro trovano il modo di bloccarti, come stanno facendo con Massimo Bonera, senza un reale motivo».
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