Cristo è morto e poi risorto. Non lo hanno intubato per prolungare la sua agonia


La speculazione sul caso di Charlie Gard porta alcuni integralisti a sostenere sia fondamentale impedire una morte dignitosa al piccolo perché la sua agonia deve essere prolungata il più a lungo possibile per compiacere il volere di Gesù. Se è facile mettere nella bocca di chi non può replicare altrui qualunque parola si voglia, tale tesi pare scontrarsi con la storia stessa raccontata dai Vangeli.
Chiunque li abbia letti, sa bene che gli evangelisti sono stati molto espliciti nello spiegare che Gesù accettò la sua morte. Non tentò di scappare dal giardino degli ulivi, non si rivolse a strutture vaticane che promettevano cure inesistenti: affrontò con dignità il suo fine vita.
Quei tesi raccontano anche che Gesù venne crocefisso. Lo scopo della crocefissione era quello di provocare la morte dopo una lenta agonia. Il decesso poteva avvenire a causa di un soffocamento determinato dalla compressione del costato o per collasso cardio-circolatorio. Per tentare di respirare, il condannato doveva cercare di far leva sulle gambe sue per interrompere la pressione sul petto e permettere l'ongresso dell'ossigeno nei polmoni. È questo il motivo per cui gambe venivano spezzate con una mazza o un martello quando si intendeva accelerare la morte: l'impossibilità di alzarsi impediva ogni interruzione alla pressione sul torace e garantiva una veloce morte per soffocamento.
I Vangeli raccontano che i romani spezzarono le gambe ai due ladroni, ma non a Gesù perché risultava già morto, evidentemente a causa di un attacco cardiaco. Un soldato ne appurò il decesso trafiggendo il costato di Gesù con una lancia, così come la storia ci racconta che dinnanzi alla sua croce c'erano sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Magdala.

Se con una forzatura provassimo a ricondurre a quel racconto alla vicenda del piccolo Charlie, le rivendicazione di alcuni gruppi cristiani ci porterebbe a dover immaginare immagini surreali. Se Maria avesse fatto come i genitori del piccolo e se anche lei avesse detto che sarebbe piaciuto tenere in vita suo figlio il più a lungo possibile, dovremmo immaginarcela mentre chiede che Gesà fosse rianimato in modo che l'agonia potesse protrarsi sino al soffocamento? E a quel punto perché mai non avrebbe dovuto chiedere che Gesù fosse intubato in modo che potesse restare appeso a quella croce per mesi se non anni. In fondo sarebbe bastato unire una respirazione artificiale ad costante una rianimazione cardiaca per impedire quel decesso e rendere infinita quella sofferenza.
La sola idea fa rabbrividire? Eppure è quanto chiede chi spergiura che decisioni simili siano doverose per «salvare» Charlie da una «condanna a morte» che dicono sia stata decisa da giudici cattivi. Il fatto che il deterioramento del sistema nervoso di Charlie gli impediscano di piangere o di mostrare espressioni del viso non significa che non stia soffrendo come dicono quei medici che conoscono il decorso della sua rara malattia. Che senso ha accanirsi con mezzi artificiali che gli rallentano un naturale ed inevitabile decorso senza alcuna speranza che le cose possano migliorare? Perché è nel nome di Cristo che vorrebbero negargli quella dignità del fine vita che Gesù stesso ha scelto per sé stesso?

Per l'amore di Dio, concedetegli di potersene andare.
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