I vescovi tornano a chiedere che al piccolo Charlie siano inflitte inutili sofferenze per compiacere i desideri dei suoi genitori


Qualora Connie Yates e Chris Gard volessero vendere i diritti cinematografici della storia di loro figlio, una morte dignitosa in ospedale sarebbe un pessimo finale. Molto meglio romanzare il tutto e infliggergli inutili sofferenze in modo che il regista possa staccare l'inquadratura sul piccolo che muore soffocato tra atroci sofferenze nel lettino di casa. Ed è così, che tra il plauso dei vescovi italiani, i due coniugi sono tornati a chiedere all'Alta Corte di Londra che il figlio si trasportato a casa loro e che sia lasciato morire senza che i macchinari dell'ospedale possano alleviargli il trapasso. Il piccolo bambino deve soffrire il più possibile, così il prodotto sarà più vendibile una volta che i genitori avranno esaurito di godersi i milioni di dollari già guadagnati (e sulla cui destinazione nessuno ha ancora detto nulla).
Sembra un vergognoso dejavu, dato che già lo scorso giugno i due avanzarono la medesima richiesta raccontando il copione cinematografico che si erano immaginati: «Volevamo fargli un bagnetto a casa, metterlo in lenzuola in cui non aveva mai dormito, ma ce lo hanno impedito», dichiararono. Ed infatti quei medici brutti e cattivi si erano preoccupati del dolore che avrebbe provato il bambino, non del loro desiderio di confezionare un prodotto vendibile.
Vergognosamente, i coniugi sono tornati a farci capire che a loro non frega nulla se loro figlio soffrirà più del necessario, dato che loro hanno il desiderio di compiacer ogni loro fantasia in virtù di come ora abbiano pure i vescovi di santa Romana Chiesa pronti a benedire ogni loro più perversa richiesta a danno del supremo interesse del minore (quasi non fossero bastato le balle su fantomatiche cure che non sono mai esistite ma che i vescovi spergiuravano esistessero).
E intanto chi pagherà le conseguenze di questo vergognoso circo mediatico sarà proprio il povero Charlie, non solo tramutato in un oggetto di propagandando politica, ma ora anche in un oggetto merchandising.
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