Sciacallaggio di Charlie. Filippo Savarese accusa di GOSH di violazioni etiche e reati gravissimi


Al piccolo Charlie Gard è stata concessa una morte dignitosa nonostante il volere di un integralismo che avrebbe voluto condannarlo ad un inutile e doloroso accanimento terapeutico. Una vera e propria violenza utile solo a prolungare la sua agonia durante un inarrestabile deperimento del sistema nervoso e degli organi interni in una totale assenza di una qualche reale possibilità di cura (indipendentemente da chi prometteva chissà cosa solo per farsi pubblicità sulla pelle del piccolo).
C'è quindi da provare disgusto dinnanzi al concentrato di odio e diffamazione con cui Filippo Savarese si è lanciato nello sciacallaggio di un corpo ancora caldo. Attraverso una lettera inviata agli utenti di CitizenGo, l'integralista racconta una serie di baggianate contrarie ad ogni tangibile realtà: «Ad oggi non è stato dimostrato che questo gli provochi dolori che non possano essere calmierati coi più comuni metodi palliativi, mentre è stato senza dubbio chiarito che il piccolo non ha alcun danno cerebrale strutturale da considerarsi irreversibile. Nonostante ciò, il Giudice ha confermato la sentenza con cui consente all'Ospedale dove il bimbo è stato in cura fino ad oggi di staccare gli apparecchi che lo aiutano a respirare. Come puoi capire, quindi, Charlie morirà, soffocato».
Poi, parlando di una fantomatica terapia sperimentale mai provata su casi simili e non ancora testata neppure sui topi, Savarese spergiura che l'ospedale abbia voluto «impedire ai genitori di portare loro figlio negli Stati Uniti e provare una terapia sperirnentale che ha gia dato esiti signincativi in piccoli pazienti affetti da malattie molto simili a quelle di Charlie».
La lettera di Savarese passa così al sostenere che un minore non debba avere alcun diritto civile se i genitori dovessero avanzare pretese contro il suo interesse. Insomma, possibile che qualcuno pensi ai bambini se si possono compiacere i desideri dei suoi genitori? Ed è così che faziosamente domanda: «Perché il Great Ormond Street Hospital di Londra si è accanito in modo così spietato e osceno sulla libertà di una famiglia di amare, di sperare, di combattere per il miglior bene del figlio, che certamente non può essere quello di morire soffocato?». Attaccando poi quell'Europa che lui vorrebbe distruggere, aggiunge: «Perché il sistema giudiziario inglese - e quello europei visto che si è espressa anche la Corte Europea dei Diritti Umani - non hanno chiesto all'Ospedale di fare un passo indietro davanti ai più elementari diritti della famiglia Gard». Ed ancora: «Perché questa grande, colossale congiura contro il diritto alla Vita e alla Speranza?».
Al limite del patetico è come dica che il voler impedire un accanimento terapeutico su un bambino che soffre sarebbe un interesse «economico» perché «sostenere la vita, soprattutto la più sofferente, ha dei costi estremamente elevati, a motivo delle apparecchiature e delle terapie necessarie». Ed è negando l'evidenza di come Charlie fosse in uno stato terminale e che il suo sistema nervoso si stava disintegrando, afferma il falso nel sostenere che «mel caso di pazienti piccoli come Charlie si tratta di prevedere questi sostegni per una durata di tempo indeterminata. La tentazione di tagliare del tutto queste spese dai bilanci è più che forte, soprattutto in tempi di ristrettezze finanziarie».
Dice poi che Chris e Connie sarebbero «due persone buone e semplici» che sarebbero «finite nel tritacarne dell'ideologia» e in «un sistema li ha considerati dei pericolosi sovversivi». Spergiura così che i due siano tanto sempliciotti «da essersi fatti convincere, moralmente e psicologicamente stremati da mesi di faticosissima battaglia, che era davvero il caso di "lasciar andare" Charlie». Immancabile è anche la solita condanna morale: «Ma chi conduce alla morte è, per definizione, un boia.
Non possiamo condividere il cedimento, chissà quanto cosciente, della famiglia Gard. Allo stesso tempo, non possiamo neanche immaginare io stato di logorio psicologico e morale a cui sono stati ridotti dal pressing giudiziario dell'Ospedale e dei giudici che si sono trovati di fronte e che li ha portati allo smarrimento attuale».
Insomma, sarebbe tutta colpa dei giudici e della società se a Savarese è stato tolto quel giocattolino che nelle ultime settimane usava a proprio uso e consumo al fine di trarre un profitto dalla sua sofferenza.

Gravissime sono alcune che Savarese lancia contro l'ospedale. Scrive: «Ancora non ci credo. Un Ospedale che rinuncia a curare un bambino... fa causa alla sua famiglia per impedirgli di provare a curarlo dove sarebbero disposti a farlo. Se non avessimo toccato con mano la realtà di questa follia, non potrei credere a una storia del genere. Eppure è andata proprio cosi E mi domando, e forse anche tu... perché?».
Peccato che le cose non siano andate proprio così e che l'ospedale abbia rigettato l'ipotesi di portare il bambino negli Usa perché la fantomatica "cura" non era mai stata sperimentata e perché il viaggio avrebbe peggiorato la situazione già critica del bimbo. Da qui la decisione del comitato etico dell'ospedale.
Implacabile nella sua propaganda, Savarese dice anche che l'ospedale abbia agito per «orgoglio» e che abbia «assunto da subito una posizione molto netta sulle condizioni di Charlie e sulla presunta inutilità di qualsiasi terapia sperimentale. Talmente netta, da portare in Tribunale la famiglia per far valere le sue posizioni. Col passare dei mesi, al crescere dell'attenzione mediatica e con la riapertura del caso col coinvolgimento della comunità medica internazionale, le posizioni dell'Ospedale sono risultate spesso gravemente inficiate da superficialità e approssimazione, ove non proprio da clamorosi errori di valutazione».
Anche qui non si capisce la fonte delle sue asserzioni dato che tutte le corti e tutti gli esperti si sono sempre e solo pronunciati a favore dei medici.
La diffamazione pare sempre più efferata quando Savarese aggiunge: «La dirigenza sanitaria ha scelto di difendere il "buon nome" della struttura a tutti i costi pur di non dover incorrere nella pessima figura che avrebbe rischiato se avesse perso il processo. Cosi ha spinto il piede sull'acceleratore anziché frenare con la prudenza che era semplicemente dovuta». Così sentenzia Savarese, privo di titoli utili a valutare la sutuazione clinica del minore quanto interessato a strumentalizzare la sua storia a proprio vantaggio.

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