Una campagna social per non far scemare l'attenzione sulla purga dei gai in Cecenia


«Hanno iniziato a colpirmi con pugni e calci. Volevano sapere i nomi dei miei amici gay. Poi, mi hanno legato le mani con dei cavi e mi hanno messo delle graffette metalliche nelle orecchie per farmi l’elettroshock. Hanno un’apparecchiatura speciale, molto potente. Quando ricevi la scossa elettrica, ti sollevi da terra». È questa l'agghiacciante testimonianza di una delle vittime della purga anti-gay messa in atto dalle autorità cecene.
Più di 100 giorni fa, il 1° aprile, la notizia di quelle violenze è apparsa in un articolo pubblicato dal giornale indipendente russo Novaya Gazeta. Oltre 100 uomini erano stati perseguitati, arrestati, incarcerati e torturati perché sospettati di essere gay. Almeno sei di loro sono stati uccisi, altri sono stati restituiti in pessime condizioni alle loro famiglie mentre i carcerieri incoraggiavano i parenti a perpetrare «delitti d'onore».
Le autorità cecene hanno negato qualsiasi accusa sostendo che il solo affermare l'esistenza di uomini gay in Cecenia sia una «vile provocazione». Ayub Kataev, capo della polizia di Argun, ha dichiarato: «I miei uomini non toccherebbero neanche questo genere di persone, se esistessero, altro che torture e violenze». Le autorità federali russe sostengono che le accuse erano «una provocazione, un falso rapporto» e hanno rifiutato di intervenire.

Attraverso una campagna social, l'associazione All Out vuole far sapere alle autorità russe che la società civile continua a vigilare e a chiedere giustizia per i #100Ceceni. Nella necessità di fare pressione per consegnare alla giustizia tutti i responsabili di questa violenza, l'invito è di aderire alla campagna con il proprio profilo di Facebook, Twitter o Tumblr. A quel punto sarà importante far sapere che avete aderito cliccando sulle iconcine dei vostri social per diffondere l'invito ad aderire.

Clicca qui per partecipare alla campagna social.
Commenti