Aiazzone, da impero del mobile a città fantasma
Inaugurato nel 1081, il Mobilificio Piemontese fu presto ribattezzato in Mobilificio Aiazzone. A guidarlo c'era Giorgio Aiazzone, un intraprendente imprenditore che portò il piccolo nome dell'azienda biellese ai vertici della notorietà nazionale grazie ad una martellante pubblicità che occupò la televisione privata per tutti gli anni Ottanta.
In particolare, a dettarne il successo fu Guido Angeli, protagonista di spot e televendite divenuti celebri per motti come "provare per credere" o la "consegna gratuita in tutta Italia, isole comprese". Ed ancora, celebre erano i pullman organizzati per portare gente al mobilificio, con la promessa di essere ospiti "a pranzo e cena" dei loro architetti.
Aiazzone aveva creato un vero impero, ma il 6 luglio del 1986, a soli 39 anni, Giorgio Aiazzone muori prematuramente in un incidente aereo e fu l'inizio della fine. L'azienda aveva oltre 170 dipendenti nell'unica sede di Biella, il budget pubblicitario superava i 3 miliardi di lire l'anno ed il fatturato era di circa 30 miliardi di lire.
Naufraga il progetto per la costruzione della Città del Mobile a Verrone, in una struttura commerciale che avrebbe dovuto ospitare anche banche e ristoranti. Nel 1997 Mobilificio Piemonte Srl venne ceduta al gruppo Franceschini di Calenzano per 18 miliardi di lire, mentre la sede storica di Corso Europa a Biella viene rilevata nel 2002 da Mercatone Uno. Il marchio viene acquisito nel 2008 da Renato Semeraro. Nel 2010 viene dichiarato fallimento, con l'azienda non riesce neppure a rispettare i contratti di vendita coi clienti e a pagare dipendenti e l'inizio di denunce per bancarotta fraudolenta, distruzione di documenti contabili, riciclaggio di denaro, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, falsa presentazione di documentazione per accedere al concordato preventivo.
Ad oggi, i capannoni di Aiazzone sono ancora al loro posto. Divenuti ruderi usati anche per rave party, appaiono come una città fantasma di quel progetto per un impero del mobile.
Immagine: [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9] [10]