Cecenia. Rifugiato gay costretto a scusarsi in TV per «aver fatto vergognare» il popolo ceceno


Il canale televisivo statale ceceno Grozny TV ha mandato in onda un servizio "investigativo" in cui un rifugiato gay si è scusato per «aver fatto vergognare» il popolo ceceno.
L'uomo aveva raccontato le atrocità subite dal regime alla rivista statunitense Time ed è fuggito in Germania e nell'estate del 2013. Dopo essersi visto rifiutare una prima domanda di asilo, ne ha presentata una seconda lo scorso autunno, ma anche quella è stata rigettata.

Il suo calvario ha avuto inizio nel 2011, quando la polizia lo ha adescato con l'inganno in un presunto appuntamento con un'altro uomo. A quel punto è stato rapito e costretto a "confessare" la sua omosessualità in un video, poi sottoposto a ricatto per impedire la diffusione di quelle immagini. Lui non ce l'ha fatta a raccogliere i soldi che gli erano stati chiesto e quelle immagini sono finite sui social network, imponendogli una fuga a Mosca. Tornato in Cecenia per occuparsi della madre adottiva, è stato arrestato dalla polizia, interrogato sulla sua omosessualità, abusato fisicamente e sessualmente. Alla fine p stato rionsegnato ai parenti, affidando loro il compito di «occuparsi del problema».
Temendo per la sua vita, è scappato in Germania passando attraverso l'Europa orientale. Ma qui ha avuto inizio un secondo calvario. Le sue domande di asilo sono state sistematicamente rigettate mentre lo scorso novembre è stato aggredito a causa della sua omosessualità mentre si trovava in una centroo per rifugiati. I rapporti della polizia indicano che ad averlo riconosciuto ed aggredito sono stati tre ceceni che risultavano imparentatati con lui. Lo hanno minacciato con coltello fino a quando alcuni rifugiati provenienti dall'Africa non sono intervenuti.
Intanto sulle pagine del Time venivano pubblicate le costanti minacce che l'uomo riceveva su Facebook. La paura lo ha spinto persino a pensare al suicidio: «I ceceni non si preoccupano di dove andiamo. Possiamo fuggire anche su Marte, ma se ci sono altri ceceni, non ci lasceranno mai stare».
Dopo il rifiuto della sua seconda richiesta di asilo, l'uomo è scomparso per alcuni mesi sino a quando non è riapparso sulla tv di Stato cecena lunedì scorso.
Presentato al pubblico come un «malato di mente» che ha «inventato» una storia «frettolosamente gonfiata» dai media occidentali, l'emittente si è premurata di fornire il suo nome, cognome ed altre generalità che lo rendessero facilmente identificabile e reperibile.
Lo hanno così costretto a dichiarare: «Chiedo perdono al popolo della Cecenia, alla leadership cecena e ai ceceni che vivono nel Caucaso settentrionale e in Europa». Afferma anche che «ero sotto l'effetto di droghe contro l'epilessia, ma ora era sulla strada della ripresa».
le telecamere hanno bussato anche alla porta di sua sorella, pronta a dire di non volerlo più vedere. La madre adottiva ha invece dichiarato che si vergognava così tanto del figlio da non riuscire a guardare il giornalista negli occhi. Non è mancata la figura di uno psicologo, pronto a sentenziare che «probabilmente è uno psicopatico».

Alcune settimane fa, le organizzazioni per i diritti umani a Mosca hanno presentato le loro ultime informazioni sulla persecuzione dei gay in Cecenia e, per la prima volta, anche svariati testimoni oculari. Il regime aveva sempre negato la persecuzione, sostenendo spesso che non ci fossero omosessuali a Grozny e che i rapporti avrebbero attaccato l'onore della gente. Il presidente Ramzan Kadyrov dichiarò alla HBO: «Non abbiamo nessun gay, se ce n'è uno, che lo si porti in Canada. [...] Purificate il nostro sangue: se ce ne sono, portali via».
Grazie alle donazioni giunte dall'estero, la Rete LGBT ha aiutato decine di omosessuali a fuggire dalla regione e ha cercato di persuaderli ad andare all'estero perché non sarebbero stato al sicuro a Mosca o in altre città della Russia. Alcuni rifugiati sono riusciti ad ottenere un visto umanitario. Recentemente la rete ha avvertito gli affiliati di tutto il mondo a non fornire troppe informazioni sull'accoglienza dei rifugiati, in quanto ciò metterebbe a repentaglio la loro sicurezza. Recentemente un rifugiato era stato minacciato fisicamente a Toronto.
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