Gianfranco Amato chiede un processo di Norimberga contro quei politici che si preoccupano dei diritti delle minoranze


Ci siamo già occupati del comizio politico tenuto da Gianfranco Amato su Radio Padania. Sostenuta la necessità di abolire l'unità d'Italia e chiesto di assegnare la conduzione del festival di Sanremo a Povia in virtù di come Baglioni non dimostri sufficiente odio verso gay e immigrati, il leader integralista è stato capace pure di paragonare l'educazione al rispetto alle leggi razziali.
L'avvocato che si proclama "generale" spergiura che ad una sua conferenza si sia presentata una signora di 97 che gli avrebbe rivelato di aver partecipato alle sue conferenze perché «sono venuta  a fare quello che non ho fatto ottant'anni fa. Quando in Italia sono state applicate le leggi razziali, mica gli italiani siamo scesi in piazza a protestate. La stragrande maggioranza non sapeva nulla e quelli che come me sapevano, pensavano che agli ebrei in Italia non sarebbe successo nulla. Io andai dai mio parroco ma il mio parroco mi disse: "Figliola, ci sono problemi ben più gravi". Un sabato mattina dell'ottobre del '43 ci siamo accorti di cos'erano le leggi razziali quando le SS hanno portati via mille ebrei e sono tornati in sedici». Il tutto per sostenere: «È così, amici, che si perde la libertà».
E se pare curioso che una fantomatica 97enne gli abbia detto parola per parola ciò che sino al giorno prima erano asserzioni che uscivano dalla sua bocca, resta inspiegabile in che modo possa anche solo lontanamente sostenere che il contrasto al bullismo sia paragonabile alle leggi razziali. Tristemente evidente è anche come nella sua ricostruzione dei fatti si sia colpevolmente dimenticato di ricordare che già ai tempi i gay erano tra le persone deportate. E pare anche essersi dimenticato che, quando finì la guerra, gli ebrei vennero risarciti mentre i gay vennero tenuti in carcere. Siamo dunque dinnanzi ad una rivisitazione della storia, in cui fatti e vittime vengono alterati sulla base della convenienza personale.
La propaganda prosegue con un conduttore che si premura di sostenere che non ci sia alcuna omofobia in lui e nell'avvocato, asserendo che «non ce l'abbiamo con chi ha diversi gusti sessuali, ma ci fa incazzare che questa cosa venga imposta ai nostri bambini con la scusa del bullismo».
E se pare evidente che assicurare i bambini sulla loro identità sia a vantaggio dei  minori che dovessero avere la sfortuna di vivere in famiglie che non li accettano perché non conformi ai loro desideri, inquietante è ancor come Amato dica che l'omosessualità debba essere ritenuta «un vizio».
Dei transessuali dice siano «uomini confusi che non sanno se sono uomini o dinne». peccato che la realtà ci dica che l'identità sia molto chiara e che per essere sé stessi contro i pregiudizi integralisti ci vogliono due attributi che probabilmente il povero Amato non avrà mai. Facile è pontificare contro la vita altrui, più difficile è camminare a testa altra mentre il violento di turno sbraita i suoi insulti omofobi e xenofobi.
L'interminabile comizio non manca di raccontare anche alcune strane teorie sull'identità di genere volte a creare confusione in chi non ha dimestichezza con il tema, così come insulti e derisioni vengono riservati al Sindaco di napoli in virtù di come amato lo reputi "colpevole" di aver  impedito il passaggio dell'autobus transofobico guidato dal suo amico Savarese.
Riconducendo il tutto ad un fine prettamente politico e partitito, Amato afferma pure che «questa classe politica inetta, cialtrona, ciarlatana e di incapaci, che dovrebbe occuparsi di problemi veri e che invece non fa altro che sbandierare queste follie ideologiche, andrebbe processata. Servirebbe un processo di Norimberga». Il riferimento, ovviamente, è a quelle leggi che hanno dato pari dignità alle famiglie sgradite ad Amato o che hanno riconosciuto tutele giuridiche a quai minori che lui avrebbe voluto non fossero mai nati.

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