Il quotidiano di Belpietro: «L'omofobia è un'emergenza inventata dai giornali»


Continuano le aggressioni alla comunità lgbt pubblicate in prima pagina dal quotidiano di Maurizio Belpietro. Questa volta si passa dal negazionismo con un titolo a caratteri cubitali a dir poco vergognoso: «L'omofobia è un'emergenza inventata dai giornali. In media 12 denunce l'anno».
Nell'occhiello si parla invece di «tante bugie per una legge inutile» mentre nel sommario si spergiura che le «segnalazioni di aggressioni a gay e trans sono calate da 58 nel 2014 a 13 dall'inizio del 2017. Eppure la grande stampa alimenta allarmismo».

Una vecchia storia. La bugia che viene raccontata da La Verità non è altro che il plagio di alcuni falsi miti che da anni circolano sulla stampa integralista. Ad esempio è già nel 2014 che Gianfranco Amato dichiarava sulle pagine de Il Giornale che «Hanno inventato l'emergenza omofobia per avviare una persecuzione contro chi non la pensa come loro». Nel 2013 il settimanale ciellino Tempi titolava: «Omofobia in Italia: 83 segnalazioni in tre anni. Proprio sicuri si tratti di una emergenza?». L'anno successivo era l'Unione Cristiani Cattolici Razionali a pubblicare un articolo intitolato «L’omofobia in Italia? Solo 28 segnalazioni all’anno».
Non solo. In un intervento in Senato datato16 gennaio 2014, Carlo Giovanardi si lanciò nel dichiarare che «abbiamo acquisito in Commissione i dati dell'ISTAT che dimostrano che l'Italia è uno dei Paesi meno omofobi al mondo». Ed è citando i dati dell'Oscard che aggiunse: «Per quanto riguarda il mondo dei transessuali, degli omosessuali, dei transgender e così via, 83 segnalazioni, cioè una media di 20 all'anno, dettagliate, che riguardano offese, aggressioni, lesioni, istigazione alla violenza, danneggiamenti, casi di suicidio e minacce, relativamente all'orientamento sessuale. Ripeto, sono pervenute 83 segnalazioni in tre anni». L'intervento venne poi confezionato dallo stesso Giorvanardi in un comunicato stampa dal titolo "Come si tenta di impedire in Italia la libertà di opinione e riunione" che veniva introdotto dalla frase: «Nel disinteresse dei media nelle piazze e in Parlamento una ben orchestrata e mistificatoria campagna delle organizzazioni LGBT sta tentando di impedire la libertà di riunione e introduce leggi che criminalizzano le opinioni contrarie. Che il pericolo sia reale e non un allarme da bar, lo dimostra la risposta che il Vice Ministro dell'Interno Filippo Bubbico ha dato il giorno 16 gennaio 2014 in Senato ad una mia interpellanza».
Sembra dunque buffo che Belpietro pensi che una notizia vecchia di anni sia un qualcosa che merita caratteri cubitali nell'apertura della sua prima pagine. E questo ancor prima di analizzare perché quella storia non è mai stata in piedi.

I dati. L'utilizzo di un metodo di "informazione" alla Gianfranco Amato mediante la proposizione di cifre decontestualizzate dal loro contesto parrebbe lasciar intendere che il numero indicato sia ridicolo. Eppure basterebbe guardare il campione complessivo per osservare che i reati a sfondo omofobico rappresentino la terza motivazione di discriminazione (dopo quella etnica e quella religiosa, la quale ha registrato una vera e propria escalation a causa di chi genera cieco odio verso gli islamici).
E se la percentuale di crimini contro le persone lgbt è sceso dal 30% di tre anni fa al 16% di quest'anno è perlopiù a causa di un aumento di crimini dettati dal razzismo e soprattutto dall'odio religioso (spesso alimentato da quella parte politica che cerca voti vendendo disprezzo contro gli islamici).
Se poi si leggesse il resoconto della seduta della Commissione dell'Oscad riunitasi il 16 maggio 2017, si potrebbe scoprire come De Bonis abbia spiegato che «mentre per i reati a sfondo razziale c’è una norma che prevede la scriminante a sfondo razziale che quindi può emergere, questa non c’è per gli LGBT, per cui se non c’è l’operatore di polizia che, nel momento in cui raccoglie la denuncia, osserva che questa potrebbe essere una denuncia per discriminazione in base all’orientamento sessuale, non c’è un elemento normativo perché non c’è un reato di riferimento sotto cui incasellare. Questo potrebbe essere un elemento, una richiesta da parte nostra».
Pare dunque che Belpietro chieda che non sia introdotta una norma che permetterebbe di classificare quei reati che lui sostiene non esistano perché non classificati. Ma assai più grave è come la decontestualizzazione e lo stravolgimento dei dati viene sottolineato da come in Commissione Oscad ci fosse chi dichiarava che «mi sembrava emergere uno sbilanciamento sulle segnalazioni ricevute da persone che avevano subito reati legati alla loro appartenenza al mondo LGBT». Esatto. Sulla base della modalità di raccolta dati e sulla base del totale, il dato che Belpietro sbeffeggia viene ritenuto altissimo dalla fonte da lui citata.

L'articolo. A firmare questa vergognosa pagina di disinformazione omofoba troviamo il solito Marco Guerra, responsabile stampa dell'organizzazione omofobica La Manif Pour Tous di Filippo Savarese.
In quell'evidente conflitto di interessi in cui a creare odio contro un progetto di legge è il dipendente di un'organizzazione che rischierebbe di essere indagata per reati d'odio qualora l'omofobia venga equiparata al razzismo o alla xenofobia, l'integralista si affretta a sostenere che un articolo pubblicato da La Stampa riguardo ad una crescente emergenza omofobia debba essere ritenuta una "fake news". Non solo, Guerra dichiara pure si tratterebbe di «una chiara operazione ideologica in favore del provvedimento che suscita tante perplessità persino fra i senatori del centrosinistra e che, non a caso, hanno deciso di impantanarlo in commissione».
Nel tentativo di sostenere che stupori e pedofilia siano emergenze prioritarie all'omofobia. è calpestando qualunque codice etico e deontologico che l'articolo si mette a rapportare dati derivanti da rilevamenti effettuati con modalità non comparabili, sostenendo che se un dato Istat è maggiore a quello dell'Oscad, allora significa che debba essere ritenuto più importante. E non nasconde i suoi scopi propagandistici nel sentenziare: «Non serve andare oltre per capire quali sono le reali piaghe da affrontare con urgenza»

Contro il principio di pari dignità. In un capitolo denominato "mire liberticide", è citando Carlo Giovanardi che Guerra scrive: «Facendo un esempio concreto, il senatore di Idea ha sottolineato che a oggi "dire che un africano e una donna bianca non possono sposarsi ricade giustamente sotto il reato di razzismo, dire che non lo possono fare un cristiano e un'ebrea sotto quello della discriminazione" e, nel caso in cui il disegno di legge passasse, "dire che due persone dello stesso sesso non devono sposarsi ricadrebbe sotto quello dell'omofobia". Insomma basta un passaggio parlamentare per negare qualsiasi agibilità politica ai sostenitori della famiglia naturale. La strategia è chiara, leggi che ufficialmente si propongono di fermare le discriminazioni hanno come vero scopo quello di limitare la libertà di parola di chi sostiene posizioni che sono assolutamente nel pieno della legalità».
Va ovviamente ricordato che a sostenere che la "famiglia naturale" sia solo quella eterosessuale è proprio l'organizzazione per cui lavora Guerra, non certo una scienza che da decenni ha spiegato con chiarezza che l'omosessualità è naturale tanto quanto l'eterosessualità.
Per confutare la sua teoria besterebbe anche solo osservare che se qualcuno dovesse pubblicamente affermare che lui meriti la morte, che non gli si dovrebbe permettere di poter sposare la persona che ama o se si dovesse dire che è lo si ritiene un essere innaturale, lui potrebbe tranquillamente sporgere denuncia. Ma se Adinolfi difende il prete che dal suo pulpito dichiarava che i gay «meritano la morte», se Amato afferma che l'omosessualità sia «un vizio» o se Guerra scrive che le famiglie dei gay sarebbero «contro natura» in virtù di quanto lui si senta "ariano" nel portarsi a letto una donna, allora quello sarebbe da intendersi come un lecito odio che lui spergiura sia «nel pieno della legalità». Ed è così che il cponcetto di pari dignitàù se ne va a farsi benedire per mano di chi sbraita al mondo che si reputa più bravo, più bello e più meritevole degli altri.

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