L'integralismo a convegno per promuovere Paolo VI e il suo divieto all'uso dei contraccettivi


È presso la Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino di Roma che si è svolto l'ennesimo convegno volto a sostenere che se un uomo ha deciso che i gay non devono trovare spazio nella società, allora si deve sostenere che è nel nome di Dio che ad interi gruppi sociali deve essere negata pari dignità.
A diffondere le teorie del convegno è la solita Nuova Bussola Quotidiana, accorsa in gran fretta ad intervistare tal padre Serafino Lanzetta pur di sostenere che l'enciclica Humanae Vitae (scritta cinquantanni fa da Paolo VI) debba essere ritenuto «un insegnamento magisteriale autentico e definitivo riguardante la regolazione della nascite».
La teoria di Lanzetta è che si debba ritenere «immutabile» il sostenere che «ogni atto matrimoniale deve necessariamente conservare la sua intrinseca relazione alla procreazione della vita umana, evitando perciò ogni azione che ostacoli il raggiungimento del suo fine intrinseco: il concepimento. Paolo VI a modo di sintesi coniugò inscindibilmente due aspetti dell’amore umano e sacramentale del matrimonio: quello unitivo e quelle procreativo. Tale inscindibile connubio deve realizzarsi in ogni singolo atto coniugale come sua intrinseca verità. La contraccezione pertanto viene ad essere inquadrata come strumentalizzazione del matrimonio, sia nel suo fine unitivo che procreativo: è una manipolazione dell’amore che rendendo uno si apre alla pluralità, al bene della vita. La contraccezione è perciò contraria non solo alla procreazione ma anche all’amore. Questo in modo profetico ci dice l’enciclica di Paolo VI».
Sostenuto che il valore unitivo del matrimonio sia prerogativa dei soli eterosessuali e spergiurato che sia fondamentale esporre i ragazzi al rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili pur di garantire che ogni singolo schizzo di sperma possa rendere madre una quattordicenne, la frase pare orientata principalmente a contraddire quel Papa Francesco che durante il suo viaggio di ritorno dalle Filippine osservò che «essere cattolici non significa fare figli come conigli».
Il prete sostiene che «c’è un’infallibilità ordinaria del magistero, la quale consiste nella reiterazione dello stesso insegnamento in modo diacronico: attraverso i secoli e quale patrimonio di una dottrina ritenuta sempre, dovunque e da tutti». Insomma, tutto ciò che è vecchio sarebbe automaticamente vero solo perché non è stato messo in discussione per anni. Ma è tornando ad attaccare Papa Francesco che aggiunge: «Il tentativo teologico-morale di superare l’enciclica di Paolo VI consisterebbe non nel negare direttamente e apertamente l’insegnamento morale che contine, il che si configurerebbe come un'eresia conclamata, ma di superare piuttosto l’impostazione neoscolastica e giusnaturalistica che soggiace all’enciclica con un approccio più personalista. Amoris Laetitia contribuirebbe a spostare l’accento morale dalla legge alla persona e infine alla dignità della persona perfino nell’uso dei metodi naturali. Questo basterebbe per un cambio di paradigma nel valutare la dottrina morale che condanna la contraccezione: favorire la persona includendo in una moralità dell’amore idealmente fecondo i singoli atti sterilizzanti e contraccettivi. La parte nel tutto di un amore non troppo stretto e normativo come quello della legge naturale ed evangelica. Questo certamente, sebbene con belle parole, costituirebbe un sovvertimento della dottrina morale rivelata da Dio».

Sfogliando il programma del convegnio, pare difficile non osservare come i relatori risultino tutti esponenti della frangia più integralista ed omofoba. Tra loro c'era Roberto De Mattei (presidente della Fondazione Lepanto), don Shenan Boquet (presidente della Human Life International), Thomas Ward (fondatore e presidente della National Association of Catholic Families, UK), John-Henry Westen (co-fondatore e direttore di Lifesitenews) e l'immancabile monsignor Luigi Negri.
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