Mario Adinbolfi schiuma contro i vescovi: negare un suo comizio nelle chiese sarebbe "un atto intimidatorio"


Ero nudo e mi avete vestito? Avevo fame e mi avete dato da mangiare? Per fortuna c'è Mario Adinolfi a spiegarci che non avete capito nulla e che lui, quale cristiano più cristiano tra i cristiani, ci può spiegare che il vero senso delle parole di Gesù era un esplicito invito a costruire lunghi muri lungo i confini delle nazioni e a negare qualunque aiuto ai bisognosi. Anzi, ci tiene a sottolineare pure che la Madonna non si sarebbe accontenta di apparire al suo compagno di partito, ma sarebbe anche felicissima nel vedere i preti polacchi che pregano un enorme rosario recitati lungo il confine per respingere i suoi figli che scappano da fame e guerre.
Con gesta che non sembrano dissimili dai festeggiamenti dei miliziani dell'Isis quando qualcuno torna al campo con una testa decapitata in mano, i miliziano di Adinolfi festeggiano dinnanzi a quel Il Giornale che sta dando visibilità alla loro crociata contro i migranti, contro i gay e contro la vita di chiunque non si gradito a Salvini. Una visibilità che pare orientata a rendere sempre più accettata e accettabile l'idea che qualunque forma di odio possa essere giustificata nel nome di Dio, soprattutto se a trarne beneficio saranno i partiti vicini quella testata.
Nel probabile tentativo di creare inutili contrapposizioni sociali, Elena Barlozzari firma un articolo dal titolo "Grasso e Renzi in chiesa, un don richiamato per aver invitato il Popolo della Famiglia". È dunque sostenendo che Mario Adinolfi deve poter continuare a sfruttare quelle chiese in cui ha fatto nascere il suo movimento omofobo e in cui ha abbattuto i crocefissi dagli altari per far spazio al suo simbolo politico, l'articolo afferma:

Fuori la politica (ma non tutta) dalle chiese. Don Alessandro Guerinoni, parroco di San Giuseppe di Comacchio, è stato richiamato per aver ospitato il 25 ottobre, negli spazi parrocchiali, “un incontro di presentazione del movimento politico Popolo della Famiglia”.
È un monito duro quello rivolto al don “ribelle”, ufficialmente esortato in una missiva (con tanto di timbri dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio) “a recedere da condotte di pubblica disobbedienza”.
Durissima la replica di Mario Adinolfi a cui non è andato giù l’altolà al parroco. Secondo il numero uno del Popolo della Famiglia, si è trattato di “un atto intimidatorio”. L’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, monsignor Gian Carlo Perego, spiega Adinolfi, “considera il Popolo della Famiglia un avversario politico cui negare addirittura il diritto di parola”. Questo perché “non ama il nostro partito” e “pare ossessionato dalla necessità di ‘de-negrizzare’ la sua diocesi”. All’origine del “ramanzina” potrebbe nascondersi una divergenza tutta politica tra le posizioni terzomondiste del presule, nominato lo scorso febbraio alla guida della diocesi emiliana da Papa Francesco, e quelle assunte dal partito di ispirazione cattolica. “Perego – attacca Adinolfi – vuole essere gradito al colore politico che domina nella sua diocesi, tifa esplicitamente per lo ius soli, fa pressione sulle Camere affinché sia subito approvato, così come nei nove anni alla guida della fondazione Migrantes ha sempre fatto propaganda per la migrazione indiscriminata”.

E se l'idea di "cristianesimo" promossa da Mario Adinolfi è quella di una religione che deve essere usata per togliere dignità e vita al prossimo, negando la cittadinanza ai bambini che nascono in Italia da genitori a lui sgraditi o combattendo l'amore altrui, ecco che emerge un uomo che sbraita come un ossesso che il suo Cafarra sarebbe un santo perché odiava ai gay e che gli altri sarebbero dei demoni perché non gli permetterono di usare la chiesa come campo di indottrinamento ideologico.
Il Giornale pare non accorgersi neppure che c'è differenza nel chiedere un pulpito per comizi che possano portare soldi all'integralista di turno o discorsi in cui si possa dare visibilità ad un dibattito civile, motivo per cui cerca di sfruttare la situazione a vantaggio dei suoi candidati nel sentenziare:

In realtà, però, in quel di Comacchio esiste una norma che vieta espressamente “di mettere a disposizione sedi e strutture nel territorio dell’arcidiocesi per qualsiasi iniziativa organizzata o gestita a favore di singoli partiti o formazioni politiche”. Si tratta di un decreto generale arcivescovile emanato il 9 ottobre dallo stesso Perego. Se la presenza del Popolo della Famiglia è stata prontamente stigmatizzata, provvedimenti analoghi non sono stati presi quando ad affacciarsi in parrocchia furono Renzi (Paestum), Bonino (Biella) e Grasso (Palermo). Paese che vai, arcidiocesi che trovi.

E pensare che basterebbe un semplice calcolo numero per accorgersi di come le ottenute da Amato e da Adinolfi siano centinaia, motivo che sottolinea quanto la loro sterile polemica sia quanto di più patetico e vergognoso possa esistere.
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