L'indagata Silvana De Mari sarà la prima candidata di Mario Adinolfi


Se in Italia esistono tanti veri problemi di difficile risoluzione, il partito di Mario Adinolfi è una di quelle realtà estremista che ha preferito inventarsi dei falsì problemi su cui basare una crociata incentrata sul fondamentalismo religioso. Il loro leader chiede gli sia concesso un agoniato potere in cambio di un attacco alla vita e alle famiglie altrui, promettendo una dittatura in cui ai gay sarà impedito di esistere e in cui le donne siano obbligate a partorire a forza.
A dargli visibilità è Avvenire, con il quotidiano dei vescovi che annuncia come il fondanentalista racconti ai suoi che «arriveremo al 3%». Ma racconta anche che la loro prima candidata sarà Silvana De Mari, attualmente indagata per incitamento all'odio.
I suoi insulti ai gay o il suo chiedere che i giovani siano obbligati a possedere armi da fuoco da usare contro gli ilamici appaiono il patetico tentativo di creare una visibilità che ora verrà messa a frutto per tentare di conquistare uno stipendio pubblico pagato anche dalle sue vittime.
Il programma? No ai gay, no ad una morte dignitosa, no alla libertà religiosa per chi non si dice cristiano, no ai preservativi, no al sesso, no alle donne, no all'educazione sessuale nelle scuole, no all'accoglienza e sì al divorzio ma solo per il loro leader (contrario al divorzio altrui ma tronfio di aver mollato moglie e figlia «perché mi sono innamorato di un'altra donna, che non è la donna con cui convivo adesso»).
Ad ambire ad un posto da senatrice vogliono mettere una donna che appare ossessionata dal suo odio contro la diversità, ingabbiata in un mondo in cui la sua unica ragione di vita sono i buchi anali e le penetrazioni altrui.

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