Oggi Eugenia Roccella promette che abolità le unioni gay. Nel 1975 si batteva contro il Vaticano per l'aborto libero


Oggi Eugenia Roccella si presenta agli elettori integralisti di estrema destra come l'ultracattolica che odia i gay e lotta per vietare l'aborto. Tutte le sue frasi sono rigorosamente tempestate di riferimenti religiosi in un uso del "cristianesimo" quale pretesto per politiche che possano calpestare i più basilari diritti umani del prossimo. Nelle ultime ore si è pure presentata al fianco di Salvini, Meloni e Gasparri per promettere a Mario Gandolfini e ad Allenza Cattolica che lei abolirà le unioni civili e impedirà ai gay di poter veder riconosciute le loro famiglie anche attraverso una modifica costituzionale che mira a vietare l'adozione a chi non darà prova della propria eterosessualità.
Eppure simili posizioni integraliste paiono mostrare un curioso cambiamento in una donna che nel 1975 avrebbe firmato un libro dall'inequivocabile titolo: "Aborto, facciamolo da noi. Una proposta di lotta per l’aborto libero e gratuito in strutture sanitarie pubbliche e un trattamento alternativo per le donne" edito da Napoleone Editore.

Nella sua vecchia biografia (ora rimossa dal suo sito) Eugenia Roccella raccontava che «da piccola sono vissuta infatti in Sicilia, nel paese di mio padre, affidata ai nonni e a una zia, mentre i miei si erano trasferiti a Roma». Diceva anche che «sono stata una leader del Movimento di liberazione della donna, federato al Partito radicale, che ho frequentato fin da adolescente; ho partecipato a tutte le battaglie femministe di quegli anni, dall’aborto alla modifica del diritto di famiglia, dalle lotte contro la violenza sulle donne a quelle per le pari opportunità nel lavoro. Anche mia madre, pittrice straordinaria, a cui ero profondamente legata, condivideva la militanza femminista; negli anni Ottanta mi sono allontanata da ogni forma di politica attiva, proprio per stare vicino a lei che ha attraversato una lunga malattia e un coma da cui si è ripresa con una paziente opera di assistenza».
La parlamentare ultra-conservatrice risulta infatti figlia di Franco Roccella, uno dei fondatori del Partito Radicale Italiano. La madre, la pittrice Wanda Raheli, fu una attiva una femminista. Appena maggiorenne, la Roccella entrò nel Movimento di liberazione delle donne e fece carriera sino diventarne la leader. Risalgono a quegli anni le interviste e le pubblicazioni in cui Eugenia Roccella spiegava alle donne come abortire con una pompa di bicicletta, mentre ora si batte perché alle donne sia costretto dover tornare a quei barbari metodi in virtù di come lei voglia medici obiettori e limitazioni alla libertà della donna.
La parlamentare non entra nel dettaglio delle motivazioni della sua conversione ad un radicalismo liberticida né spiega come abbia vissuto l'allontanamento dal partito da parte di un Pannella che in suo padre vide un politico inadatto a quel ruolo, si limita solo a dichiarare che «per circa venti anni sono vissuta lontana dalla scena pubblica, occupandomi della famiglia (i miei bambini, ma soprattutto i genitori e i parenti anziani: sono figlia unica e anche mio padre è morto dopo una lunga malattia), e ho maturato un cambiamento profondo, pur mantenendo molto della mia formazione culturale».

Nel volume scritto da una Eugenia Roccella 21enne, le prima pagine sono tutte dedicarsi al suo scagliarsi contro il patriarcato e la Democrazia Cristiana. Poi, a pagina 18, scrive:

È un vecchio discorso che non ci stancheremo di ripetere, perché a difendere il diritto all'aborto dobbiamo essere proprio noi femministe, noi donne, che l'aborto in sé per sé siamo le ultime a volerlo: ma è un primo passo verso la libera disponibilità e l'autogestione del nostro corpo, senza la quale non c'è libertà né felicità possibile. Invece proprio su questo e in particolare sulle nostre funzioni riproduttive sono state messe ipoteche: il patriarcato Cl ha tolto ogni giurisdizione sul nostro corpo, sequestrandoci nella famiglia, applicandoci il bollo cognome maritale e paterno, imponendo alle donne una sessualità solo riproduttiva, vietandoci l'aborto, impedendoci qualunque possibilità di controllare la nostra fecondabilità.

Criticata quella che praticamente pare la sua attuale linea politica contro i diritti altrui, a pagina 19 aggiungeva:

Al Parlamento, che si rifiuta di essere e di agire come Parlamento eletto anche e soprattutto dalle donne, che si muove solo a spintoni, lo diciamo chiaramente: intanto noi cominciamo a farli gli aborti, onorevole. Fanfani, onorevole La Malfa e onorevole De Martino e onorevole Berlinguer, li facciamo alle donne democristiane, fasciste, socialiste e comuniste, alle donne che vengono a chiedercelo. E se vogliono proprio regolamentare qualcosa, proponiamo la regolamentazione della eiaculazione, con relativa casistica.
Si spaventeranno. Ci diranno che siamo delle mammane. Bene. È ora il tempo anche di ribaltare tutti questi insulti rivolti alle donne in quanto tali. Puttana, lesbica, ora anche mammana.
Puttana è la donna costretta a fare da contraltare a quell'altra povera venduta dell'«onesta», della moglie che si vende a un solo uomo e a cui vengono offerte misere gratificazioni in cambio.
Lesbica e la donna che non accetta di essere mezzo riproduttivo (e in quanto tale «riprovevole»), che vuole
scegliere con chi fare l'amore (e in quanto tale diversa-diabolica se chi sceglie ha il suo sesso);
Mammana e la donna che usa il suo sapere antico, tramandato, purtroppo inagibile perché privo di garanzie di sicurezza, in «aiuto» alle donne; e Tunica ad avere assicurato in questi secoli la libertà, rischiosa quanto si vuole, ma libertà, di abortire.

Ed è a pagina 31 che leggiamo anche:

L’Osservatore Romano, Civiltà Cattolica e tutti gli organi di contorno del potere clericale si scagliarono contro ogni ipotesi di aborto legale e persino –si dice– con minacce di scomunica contro il Parlamento se avesse osato approvare una legge più civile in materia, rispolverando quel dimenticato diritto alla vita che oramai costituisce l’asso nella manica del Vaticano pur di opporsi ad ogni tentativo laico di strappargli la gestione monopolistica della morale della famiglia e della maternità, che gli ha permesso di mantenere in maniera capillare e subdola il potere politico ed economico del nostro paese.
Ai tanti autorevoli avvertimenti sulla catastrofe sociale che l’aborto, come il divorzio, avrebbe provocato, si aggiungeva un pesante documento della CEI in cui, pur nella comprensione che non ogni trasgressione di una norma morale deve necessariamente essere perseguita penalmente (!!) e nella coscienza della mortalità delle pratiche clandestine, la facile speculazione di sanitari compiacenti, il rischio dell'eccessivo aumento della popolazione, o quelli relativi alle difficoltà nelle quali la gestante o a futura prole vengono a trovarsi in alcuni casi, ecc., si ribadiva che l'aborto comunque doveva rimanere un reato, rendendo così ancora più chiaro che tale criminale e irresponsabile insensibilità non è dovuta ad ignoranza.

Non male per una donna che oggi racconta che lei esige il divieto alle unioni gay perché i vescovi ci vedrebbero dietro un fantomatico collegamento con la Gpa. Una tesi che nega l'evidenza di come siano principalmente gli eterosessuali a ricorrere a tale pratica anche se in quel caso il Vaticano non pare chiedere che si vieti loro di potersi sposare in virtù di quell'inesistente collegamento tra una causa e un effetto ad essa non vincolata.

Se è pur vero che le idee possono cambiare, tali scritti ci permettono di osservare che una trasformazione del genere pare un po' troppo irrealistica perché la si possa accettare senza porsi domande. Vien da sé che la coerenza politica non dovrebbe mai essere optional in cui le persone possono divenire merce di scambio o un mero bacino di voti. Eppure pare che i casi diu improvvise folgorazioni sulla via di Damasco spopolino nel mondo politico italiani, tra un Adinolfi che girava l'Italia in camper per promuovere la candidatura di Renzi ed oggi si auto-proclama il suo più acerrimo nemico o quel Cerno che ora si candida nel Pd dopo un passato in An e nell'Udeur.

Clicca qui per leggere il libro scritto nel 1975 da Eugenia Roccella.
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