Dal «ho studiato duramente per diventare una critica d'arte» al «io, sottomessa a Mario»


Alle recenti elezioni politiche, la seconda moglie di Mario Adinolfi è stata candidata nelle liste del marito a Merano, in Alto Adige. Si tratta di un atto abbastanza surreale, non tanto per il classico tentativo di garantirsi un doppio stipendio pubblico, ma soprattutto perché lei è quella stessa donna che non più di 8 anni fa dichiarava pubblicamente che non reputava che gli abitanti di quella regione potessero essere definiti italiani. Sul suo blog personale, nel 2011 scriveva:

Sì, l'Alto Adige sarà pure tutto bello, pulito, ordinato, silenzioso. Ma stamattina, all'edicola del paese, avevano solamente due copie di Repubblica. Questo per dire che c'ho pensato: c'è stato un temporale forte, fino a poco fa. Dal balconcino della stanza ho guardato le case intorno. Densità zero. Rumore zero. Italiani zero.
Sarà bella la montagna, ma questa (come del resto l'Alto Adige tutto, e forse il resto delle Dolomiti e delle Alpi) è lontana anni luce dall'Italia, quella viscerale, quella in confusione, quella colorata, quella viva. E questo lo trovo un punto a sfavore non irrilevante.

Poi, mesi dopo, ha avuto il coraggio di andare da quella stessa gente a chiedere il loro voto perché pretendeva di rappresentarli. Non che con i romani andasse meglio, dato che in un altro post ci illuminava anche sul fatto che: «qui a Roma, voi romani, avete il difetto/pregio di non fare un accidente fino ad una certa ora». E riguardo al vicinato, lamentava di come la quiete di casa Adinolfi venisse disturbata perché «al piano sotto il nostro c'è una coppia che scopa di continuo».

Sono tutti post datati tra il 2010 e il 2011, quando lei era ancora una studentessa, studiava per dare gli esami e aveva appena partorito la secondogenita di Mario Adinolfi. Scriveva di come da piccolina volesse diventare una archeologa o di come coltivasse interesse per il naturismo. Raccontava anche di come provasse «schifo» per un'Italia che sostiene la condannasse a «discriminazioni basate sul proprio stato di famiglia». Era madre e non sposata con l'uomo divorziata che l'aveva messa incinta e con cui conviveva. Lei, la stessa donna che oggi chiede si tolga dignità alle unioni civili e a qualunque relazione non preveda un matrimonio.
Se oggi scrive che lei ritiene che la donna possa essere donna solo in quanto madre, già ai tempi non nascondeva di non reputarsi minimamente vicina al femminismo e di essere convinta esistessero «cose da donne». Forse non è un caso che raccontasse anche di come solo l'asilo o i suoi genitori che le tenevano la figlia fossero l'unico aiuto che le permettesse di avere un minimo di tempo per sbrigare le altre faccende di casa. Non in una sola occasione parla di un marito che la aiutasse con la figlia. Forse, in quanto maschio, aveva il pieno e totale diritto di pensare solo alla sua carriera e a quel suo fallimentare progetto editoriale che fu The Week.
Un progetto praticamente identico a quello attuale: ai tempi se la prendeva con gli anziani, oggi con i gay.Ed anche allora si piazzava davanti ad una webcam e giocava a fare "la tv" con il suo elargire rassegne stampa mattutine, commentare il calcio e dibattere su presunti temi di attualità. Tra queste anche la diretta del 2011 in cui si riprometteva di decretare se Napoli dovesse essere ritenuta «una città di merda». E forse la sua risposta pareva scontata dato lui che dichiarava pubblicamente il suo dirsi certo sul fatto che i rapinatori della villa di Seedorf fossero «napoletani in trasferta».

A quella che sarebbe poi diventata la sua seconda moglie, Adinolfi lasciò uno spazio davanti alla webcam per parlare di arte. E fa un po' tenerezza vedere come lei ne parlasse con orgoglio, quasi come se fosse davvero un «programma tv da critica d'arte» come lei lo definiva. Diceva anche:

Il mio sogno è sempre stato quello di diventare una critica d'arte. Ho studiato duramente per questo obiettivo, mi sono laureata nella storica università di Bologna proprio al Dams Arte in metedologia della critica, ho scritto sul patrimonio artistico della mia città. Ora sto cercando la mia strada, a venticinque anni non ancora compiuti e con un marito e una figlia a cui badare. Non è semplice, ma mi sto battendo. Ho fondato con le mie amiche Flaminia a Sara una piccola azienda che organizza eventi artistici.

Tutti sogni che pare aver messo da parte per essere la donna sottomessa che è solo mamma così come la propaganda di Adinolfi dice debba essere. Ovviamente, qualora di sia trattato di una sua scelta, come ogni altra scelta dev'essere rispettata... ma diverso è il discorso se l'intenzione del loro gruppo è quello di indottrinare le bambine a ritenere che il mettersi da parte per servire l'umo e la sua carriera sia un dovere delle donne in quanto donne.
Ed è forse significativo anche come lei dichiarasse che se fosse stata uomo, sicuramente avrebbe voluto sperimentare «il potere di un uomo ricco».
3 commenti