Salvini e le intimidazioni verso chi indaga sui conti della Lega


Mentre Matteo Salvini si cimenta in conferenza stampa da ministro della Repubblica con dietro i simboli del suo partito, da Genova giunge notizia di vere e proprie intimidazioni contro chi indaga sui suoi finanziamenti.
Tre giornalisti, appartenenti alle testate Il Fatto Quotidiano, La Repubblica e La Stampa, che erano stati inviati a Bolzano per seguire l’indagine della Procura di Genova sui flussi finanziari della Lega, sono stati identificati dalla Guardia di finanza, convocati e trattenuti in caserma per tre ore per rispondere, su richiesta della Procura genovese, di alcuni articoli in materia.
La Federazione nazionale della Stampa italiana, Associazione Ligure Giornalisti, Ordine Giornalisti della Liguria e Gruppo Cronisti Liguri hanno condannato il comportamento intimidatorio messo in atto da magistratura e polizia giudiziaria nei confronti dei colleghi impegnati a illuminare una delle vicende più oscure di questi ultimi anni, riportando aggiornamenti importanti e di sicuro interesse pubblico su un'indagine finanziaria che riguarda riciclaggio conseguente a truffa ai danni dello Stato nel percepimento di 48 milioni di fondi pubblici.
Le organizzazioni si dicono sorprese
dalla scelta “muscolare” di magistratura e polizia giudiziaria, e dal loro tentativo di imbavagliare l'informazione e imbrigliare la libertà di stampa.

Nel frattempo, Matteo Salvini ha spiegato che per lui gli italiani vengono solo dopo gli egiziani, soprattutto quando un italiano osava indagare sui traffici di chi l'ha voluto eliminare. Spiegando che lui non chiederà alcun accertamento delle verità, ha dichiarato: «Comprende bene la richiesta di giustizia della famiglia di Giulio Regeni. Ma per noi, l'Italia, è fondamentale avere buone relazioni con un Paese importante come l'Egitto».
Anche verso le violazioni dei diritti umani della Russia, il leghista dice che l'1,6% di export verso quel Paese giustificherebbe la sua intenzione di chiedere l'abolizione delle sanzioni dato che pochi euro di possibili introiti varrebbero più della vita di chi è stato fatto tacere con la forza perché dissidente.
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