Arcigay scrive al Vescovo di Rimini


È una lettera aperta quella scritta da Arcigay Rimini al Vescovo della città, Francesco Lambiasi, dopo la sconfessione delle "preghiere riparative" che neofascisti ed adinolfiniani volevano scagliare contro i partecipanti ai Pride.

Gentile vescovo Lambiasi,
ho molto apprezzato il suo interessamento a un tema, quello delle persone e dei diritti di lesbiche gay bisessuali e transessuali, che mi riguarda molto da vicino sia per condizione personale che per rappresentanza politica. Non solo come uomo gay e presidente di Arcigay, ma anche come uno dei fondatori, pur da ateo, del gruppo di credenti LGBT “Narciso e Boccadoro” nato oltre 20 anni fa anche grazie all’amicizia del compianto don Filippo Di Grazia.

Come lei stesso ha affermato è necessario il reciproco rispetto e una solida identità per potere aprire un confronto veritiero; solo grazie alla chiarezza è possibile stabilire dialoghi, e le sue parole possiedono questa rara qualità. Raccolgo quindi il suo invito a un franco e rispettoso dialogo, ed è con questo spirito che mi rivolgo a lei.

Nel suo sconfessare, insieme a un recente articolo di Avvenire, la cosiddetta "processione di riparazione" – e con essa presumo anche i suoi fiancheggiatori del Partito della Famiglia e di Forza nuova – lei afferma che le persone omosessuali devono essere “accompagnate” e trattate con delicatezza. È apprezzabile lo spirito caritatevole che muove le sue parole ma mi corre l’obbligo di affermare che le persone LGBT non hanno alcuna esigenza speciale di accompagnamento né di delicatezza. Al contrario le nostre esigenze sono quelle che dovrebbero essere un diritto sacrosanto e imprescindibile di ogni persona, cioè vivere la propria vita in serenità e sicurezza, potendo esprimere i propri affetti e la propria personalità senza giudizi né condanne, potendo formare nuclei familiari stabili, riconosciuti e valorizzati; la nostra esigenza, specialmente dei e delle giovani, è quella di poter sviluppare la propria autentica personalità in libertà senza essere bullizzati o scherniti né tantomeno giudicati “inesistenti” da un ministro. Le persone omosessuali sono persone prima di tutto, e in quanto tali esprimono tutta la caleidoscopica e meravigliosa varietà umana in termini di caratteristiche personali, convinzioni politiche, tendenze religiose, strutture culturali, reticoli sociali, scelte familiari, situazioni affettive. Come ogni essere umano deve trovare il suo posto nel mondo così pure la persona lesbica, gay, bisessuale o transessuale deve avere il diritto di non partire con uno svantaggio dovuto a infondati pregiudizi. Affermo con convinzione che nessuna persona dovrebbe essere mai costretta, né per legge né per pressioni sociali familiari o religiose, a “rinnegare il proprio io”; al contrario dovrebbe essere un dovere di una società libera ed equilibrata quello di favorire lo sviluppo di un’individualità stabile e affermativa consona al proprio essere innato. Tutto ciò indipendentemente da qualsiasi scelta di vita o di fede che chiunque potrà fare in piena libertà, anzi col maggior valore di aver scelto scevramente da costrizioni interne o esterne.

Le manifestazioni dei pride sono anche una chiara rappresentazione simbolica di questo bisogno radicale e umano di libertà e benessere, quando non ci si limiti a guardarli da lontano. L’escludere abiti formali è un simbolo del rifiuto della convenzione sociale che ci vorrebbe assimilati e mimetizzati, il travestirsi è figurazione esuberante del reclamare visibilità per ogni identità, il cantare insieme e il ballare pieni di colore rappresentano la gioia e la fratellanza che questa libertà procura. I Pride sono partecipati da persone di ogni tipo, dalla cattolica osservante alla coppia monogamica, dal single eterosessuale al libertino, e l’unica “ideologia” che propugniamo è quella della libertà di ognuno di vivere la propria vita nel modo più ricco e felice possibile. Questi aspetti si incarnano in modo naturale nel portato simbolico del Summer Pride che, ispirandosi al calore umano e alla naturale accoglienza dell’estate, si effettua a Rimini, capitale mondiale dell’Estate, ogni ultimo sabato di luglio. Sono valori universali che scintillano nei nostri occhi e nelle nostre mani, chiunque vi abbia partecipato non può non averlo visto e provato, ma in realtà riguardano tutte e tutti. È questa la ragione per cui il pride è frequentatissimo anche da persone e famiglie eterosessuali che condividono un messaggio caloroso di accoglienza e di ricerca della felicità; sono anche mamme e papà che sperano che i loro figli potranno crescere in una società che li accetterà e rispetterà qualsiasi cosa diventeranno crescendo.

Sono molti gli argomenti sollevati dalla sua intervista, tanti da non poterli argomentare pienamente in questa lettera aperta. In particolare è molto apprezzabile il suo continuo rimando a papa Francesco, il quale ha recentemente ricevuto Antonello Dose e suo marito in occasione dell’assegnazione del premio Biagio Agnes. Da osservatore esterno ma attento della Chiesa trovo che la rivoluzione bergogliana di una Chiesa non al di sopra ma parte del mondo non possa che essere uno dei pilastri del dialogo che lei auspica. Mi permetto, concludendo, di far notare che le sue riflessioni, così come la sua apertura al dialogo, sono giunte proprio come conseguenza della “scossa” data dal Pride, proprio come le cosiddette “processioni di riparazione” e le prese di posizione pro e contro. Il Pride perciò, evidentemente, è proprio lo strumento giusto per portare avanti le nostre battaglie di civiltà.

Con la disponibilità e l’augurio a proseguire questo ricco dialogo rispettoso delle rispettive identità e differenze le invio i miei migliori saluti.


Marco Tonti, presidente Arcigay Rimini
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