La7 ci propina l'ennesimo siparietto di Vittorio Feltri che da dei «ricchioni» ai gay


È un siparietto ormai stantio quello che vede Vittorio feltri invitato in televisione ad insultare i gay. Perché se non pare mancare mai la sceneggiata in cui il conduttore finge imbarazzo, pare lecito ipotizzare che chi lo invita come ospite e gli fa una domanda sui gay stia cercando una qualche dichiarazione che faccia finire il suo programma sui giornali.
In quello che appare come un plagio di quanto già accaduto il 10 giugno scorso su Retequattro, è nel corso di L’Aria che Tira Estate (La7) che Vittorio Feltri ha dichiarato: «Omosessuali? Non riesco a capire da chi e in quale modo siano minacciati i loro diritti. Milano è un vivaio di finocchi». Ed ancora: «Io non li posso chiamare "gay", perché non mi piace parlare in inglese in televisione. Quando poi si dice "Gay Pride" è davvero ridicolo. E non li chiamo "omosessuali", perché è un termine medico e io non sono neanche infermiere. Io li chiamo "ricchioni" oppure "froci", come fa la gente normale».
Tra le risate, il conduttore Francesco Magnani ha replicato dicendo: «Sono parole oltraggiose rispetto alle quali prendo le distanze». Poi ha annunciato la pubblicità, rassicurandosi un'eco mediatico grazie a parole che in Italia restano impunite ogni qualvolta vengano propinate al pubblico televisivo.
E come si potrebbe commentare il titolo in sovrimpressione? Il solo fatto che si cerchi di sdoganare l'idea che l'omofobia possa essere ritenuta «difesa della famiglia tradizionale» appare come un atto ben più oltraggioso delle parole di Feltri, in una vergognosa legittimazione di chi cerca di creare contrapposizioni sociali a fini elettorali.

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