Lega e M5S vogliono consegnare la Rai nelle mani di Foa, il sovrasnista anti-gender che inneggia al "family day"


Marcello Foa è l'uomo a cui Lega e M5S vogliono affidare la Rai. Ex-caporedattore esteri de Il Giornale, nel 2015 promosse il "family day" di Massimo Gandolfini dicendo di credere fermamente all'esistenza del "gender".
Secondo Di Maio, la sua nomina rappresenterebbe una «rivoluzione culturale per liberarci di parassiti e raccomandati». Non la pensano così i senatori del Pd, contrari alla nomina di un «amico sovranista di Salvini come offende su Facebook il presidente Mattarella come un troll di bassa lega, nella spartizione delle poltrone tra M5S e Lega vince la nomina a presidente della Rai. Non c'è che dire, il cambiamento, in peggio, è servito». L'ex premier Paolo Gentiloni fa ironia: «Un sovranista indicato per la presidenza Rai. Usciremo dall'Eurovisione?».
Di certo sappiamo che lui avrebbe tentato di trasmettere in eurovisione i comizi anti-gay di Adinolfi, Brandi e Gandolfini. Lo affermava lui stesso dalle pagine de Il Giornale in un articolo intitolato "Il coraggio di dire no al gender". In quell'occasione parlava del "family day" di Gandolfini asserendo:

Certo che l’Italia è un Paese strano. Centinaia di migliaia di persone – forse addirittura un milione – si riuniscono in piazza per dire no all’ideologia gender e la notizia viene trattata con sufficienza, alla stregua di un fatto marginale, sebbene non fosse semplicemente una manifestazione cattolica contro il matrimonio tra omosessuali, ma un evento interreligioso che – fatto rarissimo – ha unito la Chiesa, l’Imam di Centocelle e il Rabbino capo di Roma.
Se così tante persone sentono il bisogno di esprimersi, proveniendo da ceti sociali che di solito non sfilano per le strade, significa che il disagio è profondo, reale. Per chi ha capito, davvero. Già perché il punto è che i fautori dell’ideologia gender sono abilissimi nel dissimulare le loro intenzioni. Cavalcano la battaglia per il riconoscimento dell’omosessualità – battaglia sacrosanta anche se in gran parte conclusa – per infiltrare nella società e innanzitutto nella scuola l’idea, aberrante, che la sessualità non sia innata ma frutto di condizionamenti culturali e che pertanto si possa decidere se essere o no gay.

In realtà nessuno ha mai sostenuto si possa «scegliere» l'orientamento sessuale. Anzi, casomai è solo il fondamentalismo cattolico a sostenere che i gay dovrebbero poter «scegliere» di non esserlo in virtù di quelle fantomatiche "terapie riparative" disconosciute dall'Oms che Adinolfi e Brandi amano promuovere. Eppure Foa conclude:

Ho affrontato questo tema in un post che qualche settimana fa ha fatto rumore e che ripropongo oggi qui (il riferimento è ad un post intitolato "Che orrore il gender: confonde i diritti di tutti, anche dei gay", ndr); ribadendo il mio convinto no all’ideologia gender. E’ una battaglia fondamentale non per negare i diritti dei gay e tanto meno per discriminarli (il passato non deve tornare) ma per scongiurare una pericolosa, assurda, folle manipolazione sociale, volta a inibire la propria naturale sessualità e la forma più ovvia, elementare, naturale di associazione tra umani: quella della famiglia con un padre e una madre. Una normalissima famiglia eterosessuale.

L'articolo citato completa la contrarietà di Foa alla pari dignità delle minoranze. Corredando l'articolo con una fotografia di Conchita Wurst, scriveva:

Provate a chiedere a un bambino se vuol giocare alle bambole. Nove volte su dieci risponderà di no e si ritrarrà scandalizzato. Provate a domandargli se ha una fidanzatina: spesso rispondono con un espressione di disgusto: «Io non ho una fidanzatina, a me le bambine non piacciono», urlerà. E provate a chiedere a una bambina se ama giocare al calcio, se desidera fare giochi di guerra, se vuole azzuffarsi. Vi guarderà con un’aria sconsolata. E se le domandate se preferisce trascorrere le vacanze estive con una femmina o con il figlio della vostra amica, nove volte su dieci non avrà dubbi : meglio, molto meglio l’amica.
E’ così da sempre, eppure domani potrebbe non essere più così. Già, perché nel mondo occidentale si diffonde sempre di più la cosiddetta ideologia gender (in italiano identità di genere) che in nome di una causa apparentemente sacrosanta, quella della lotta alla discriminazione sessuale, impone norme di comportamento ed educative estreme.

Sorvolando sulle sue teorie complottistiche riguardo all'educazione al rispetto, nel suo citare a pappagallo gli slogan del fondamentalismo cattolico il signor Foa parte dimenticarsi di un aspetto importante: cosa capiterà a qual bambino su dieci che non corrisponde ai suoi stereotipi di genere? Lo renderà vittima di bullismo omofobico così come capita oggi?

Sempre citando la propaganda integralista, Foa scriveva anche:

Come narrato nei giorni scorsi dai giornali, in alcune scuole italiane, ad esempio, i bambini vengono costretti a travestirsi da femmine e a giocare alla mamma, mentre alle bambine vengono imposti giochi di ruolo decisamente maschili. Nel frattempo si impongono modelli che tendono a sradicare identità centrali insite nella natura umana. In certi Comuni italiani ed europei – ma fortunatamente non dappertutto, ad esempio non ancora in Svizzera – quando si iscrive il proprio figlio a scuola o all’anagrafe le autorità non richiedono più di indicare padre e madre, bensì genitore 1 e genitore 2. E alcuni Paesi stanno anche abolendo la voce «sesso» sui documenti da sostituire con quella «genere» ; il tutto in difesa dei diritti degli omosessuali.

Surreale è come Foa lanci i suoi anatemi mentre dimostra di non avere idea del tema di cui sta parlando. Un gay è un maschio che sulla carta d'identità avrà scritto "maschio". Casomai saranno le persone transessuali che avranno la necessità di indicare un sesso corrispondente al loro genere. Ma non è questo che scrive Foa.

Si passa così a raccontare che un gay dovrebbe accontentarsi di non essere insultato più di tanto. Evidentemente a Foa va bene che Fontana possa sostenere che le loro famiglie none esistano o che un ragazzo possa essere aggredito per strada, magari negando pure l'evidenza di come la maggior parte dei gay ancor oggi debbano nascondersi per non essere resi vittima di violenza. Ma è sostenendo che i gay non debbano volere più di quanto hanno già conquistato che aggiunge:

Ritengo che un vero Stato liberale debba permettere a ogni cittadino di vivere in libertà e nella tutela della privacy la propria sessualità e sono lieto nel poter dire: ormai ci siamo. Gli omosessuali non devono più nascondersi e men che meno vergognarsi. Una vittoria civile.
Il problema, però, è che una battaglia giustissima e nei suoi tratti salienti conclusa, si sta trasformando in qualcosa di ben diverso; assume dimensioni inaspettate e per molti versi ingiustificate, al punto che talvolta si ha l’impressione che a essere diversi siano gli eterosessuali e che avere una famiglia normale sia quasi scandaloso. Mi riferisco, lo avete capito, alle rivendicazioni più oltranziste e all’isteria quasi intimidatoria che accompagna certe pretese e che recentemente ha indotto gli stilisti Dolce e Gabbana a protestare pubblicamente. Il loro «Basta!» è risuonato alto, ma pur essendo omosessuali sono stati messi alla gogna mediatica in nome del politicamente corretto.
Il problema nel problema – e veniamo al punto – è che l’estremismo progay viene usato come ariete mediatico e legislativo per propagare e imporre l’ideologia gender. Ideata dallo psichiatra americano John Money, sostiene che le differenze sessuali tra maschio e femmine non sono naturali, biologiche, come peraltro avviene in tutto il mondo animale, bensì culturali: dunque gli uomini sarebbero tali solo perché educati da maschi e le donne sarebbero donne solo perché educate da femmine. E che attraverso gli opportuni condizionamenti sociali, a cominciare dall’educazione nelle scuole, accompagnato da un vero e proprio bombardamento mediatico, si possa convincere chiunque a decidere a quale sesso appartenere o a vivere l’ambiguità sessuale come un fatto naturale.

Davvero. Ripetendo a pappagallo la propaganda di Giafranco Amato e di Mario Adinolfi, Foia se ne esce con la storiella di Money, ossia di un caso clinico che Amato era solito sostenere dovrebbe portarci a ritenere che qualcuno pensi che il genere possa essere scelto. Peccato che i fatti e il buonsenso mostrino come un episodio simile possa solo dimostrare che il mancato riconoscimento della natura di una persona transessuale potrebbe spingerlo alla morte. Ed ancora:

E’ il ribaltamento del mondo: una battaglia a tutela della minoranza gay viene usata per tentare di sradicare l’identità sessuale naturale della stragrande maggioranza delle persone e convincere le nuove generazioni che ognuno può scegliere se diventare omosessuale o bisessuale o transessale. Diciamola tutta: è un’aberrazione, che però si afferma sempre di più, agendo su più livelli. Il potere di emulazione del mondo dello spettacolo e del cinema è noto. Pensate all’ambiguità sessuale di Lady Gaga (che omosessuale non è ma si presenta come icona trans) o della barbuta Conchita, ai messaggi reiterati dei film di Hollywood o dei serial tv dove addirittura la Disney propone alcuni classici in versione gay. Osservate il mondo della moda: si scelgono sempre di più modelle androgine e modelli effeminati, al punto che talvolta non si capisce più se a sfilare è un uomo o una donna. Non è un caso che a Londra sia stato aperto pochi giorni fa il primo negozio gender.

Il riferimento è alla solita propaganda di Gianfranco Amato che, proprio in quel periodo, era impegnato a sbraitare contro un negozio che proponeva capi di abbigliamento unisex.

Ma ancor più inquietante è il fatto è che i casi italiani non sono affatto isolati. Nelle scuole francesi è diventato obbligatorio un corso di insegnamento per promuovere la libertà dei sessi e per combattere l’omofobia che si propone di «sostituire categorie mentali come quella di ‘sesso’ con il concetto di ‘genere’ che mostra come la differenze tra uomo e donna non siano basate sulla natura ma siano prodotte storicamente e replicate dalle condizioni sociali». Corsi analoghi vengono insegnati nelle scuole inglesi.
E’ una battaglia subdola perché, schermandosi dietro alle rivendicazioni gay, inibisce un dibattito normale. Si impedisce alla gente di capire cos’è l’ideologia gender, di interrogarsi e in un’ultima analisi di decidere. Come dovrebbe accadere in democrazia.

La sola idea che la Rai possa essere consegnata nelle mani di chi scrive simili articoli dovrebbe toglierci il sonno la notte. Chissà se aprirà programmi per insegnare che la femmina deve lavare e stirare o che il maschio sia maschio solo se rutta, bestemmie e vota un Salvini che appende crocefissi in offesa alla religione altrui.
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