Tra le proteste delle destre, parte il processo torinese per diffamazione contro Silvana De Mari


La punta dell'iceberg è il suo essere andato in radio a sventolare i suoi titoli accademici prima di asserire che l'omosessualità è una malattia. Ma Silvana De Mari ha una lunga lista di aggressioni e insulti rivolti al mondo lgbt, tra cui le sue accuse di pedofilia, il suo sventolare immagini pornografiche per sostenere che basterebbero quelle a dimostrarne l'anormalità o il suo spergiurare che la scienza definirebbe sesso solo ciò che serve a procreare.
Partirà dunque domani il processo a Silvana De Mari, l'ex candidata di Adinolfi vicina al movimento estremista di Magdi Cristiano Allam. Il 7 dicembre scorso i giudici hanno respinto la richiesta di archiviazione che la procura aveva depositato perché, secondo l’accusa, non sarebbe stato individuabile il soggetto destinatario delle offese.
In difesa della fondamentalista è stato reso pubblico un un appello firmato anche da Carlo Giovanardi, Francesco Agnoli, Luigi Amicone, Roberto Casadei, Roberto Cota, Alessandro Meluzzi, Assuntina Morresi, Eugenia Roccella, Giacomo Vurchio e Peppino Zola. C'è dunque Alleanza Cattolica, l'ex direttore di Tempi ed oggi candidato di Forza Italia, vari leghisti, l'ex presidente piemontese e altri personaggi che sull'omofobia basano il loro fatturato. A detta loro, sotto processo ci sarebbero «le fondamentali libertà di pensiero, scienza e religione, garantite dalla nostra Costituzione laica e repubblicana, in un contesto di oscurantismo e silenzio non degno di una città come Torino».
Stando alla loro tesi, sarebbe dunque «oscurantista» negare la «libertà costituzionale» alla diffamazione aggravata e non ci sarebbe nulla di male se un medico dovesse dire a Giovanardi che lui è contrario alla scienza ufficiale e preferisce appellarsi alla superstizione.Se tutto diventa "opinione", allo tutto diventa lecito in una negazione di come una presunta libertà personale non debba mai poter ledere i diritti altrui.
La signora De Mari era già stata rivirata a giudizio anche per un altro processo che la vede alla sbarra degli imputati in seguito della sua propaganda omofoba. Dichiarò che gli iscritti al Circolo Mario Mieli di Roma fossero «simpatizzanti della pedofilia».
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