Il Messaggero, l'ombra dell'omofobia e la richiesta di regole speciali per chi si professa cristiano


È Il Messaggero a proporre assurde contrapposizioni che paiono orientate alla promozione dell'omofobia. Lascia sbigottiti imbattersi in un articolo intitolato: "Irlanda, il Papa troverà anche coppie gay e teologi pro Lbgt ma non i cristiani perseguitati dell'Iraq".
Non sembra un caso che, tra le tante persone incontrate dal pontefice, loro scelgano proprio i gay. Nell'Italia de "prima gli italiani", raccontano che prima verrebbero i cristiani che fanno sesso con una donna. Probabilmente credono ad una graduatoria della discriminazione dove non ci sia spazio per chi non è in cima alle loro liste (motivo per cui le persone lgbt discriminate dalla Chiesa verrebbero dopo le minoranze cristiane che vivono in Paesi in cui i gay vengono gettati dai tetti dei palazzi). È la logica per cui i migranti possono anche morire se la Miriano teme di non poter più impossessarsi di assegni da falsa madre single per pagarsi una domestica: prima vengo io, poi i miei amici e gli altri non devono chiedere nulla.

L'articolo parte con il sostenere che se Dublino concede un visto a dei gay, non si capisce perché non lo conceda a quella gente che Salvini etichetta come «terroristi» perché iracheni. O forse ci vogliono far credere che i controlli dovrebbero essere diversi se un iracheno si professa cristiano dato che i razzisti odiano solo i mussulmani:

Al Festival cattolico internazionale sulla famiglia in corso a Dublino, dove è atteso Papa Francesco domani, sabato 25 settembre e domenica 26 settembre, sono stati ammesse famiglie gay e teologi che chiedono l'inserimento nelle parrocchie di persone Lgbt, ma non sono stati concessi i visti dal governo irlandese ai cristiani perseguitati dell’Iraq. Una specie di paradosso la mancata partecipazione della delegazione irakena alla nona edizione della kermesse dovuta ai problemi per i visti delle persone che avrebbero dovuto partecipare.

La tesi viene rilanciata attraverso le parole di un tal monsignor Warduni, il quale spiega che i controlli alla dogana dovrebbero essere basati sulla religione e non sull'origine: «È terribile che persino i cristiani irlandesi non concedano il visto ad altri cristiani. Non siamo fanatici, né terroristi: per verificarlo sarebbe bastata una semplice telefonata alle ambasciate e ai ministeri».
Una telefonata che non pare venga auspicata quando i sedicenti "cristiani" della coorte di Cascioli inneggiano ad un Matteo Salvini che ne sequestra 170.

Resta dunque l'interrogativo di cosa diamine c'entri un paragone con i gay riguardo alla mancata concessione di visti ai 50 iracheni che hanno presentato domanda troppo tardi. Forse Il Messaggero sostiene che ai gay dovrebbero essere applicate restrizioni simili a quelle dei Paesi che le destre sostengono rappresentino una minaccia terroristica? E perché il sostenere ingiusta la discriminazione contro le prsone lgbt viene dipinta come una posizione «pro-gay» quasi si volesse sostenere sia legittimo essere ostentatamente omofobi?
Dall'introduzione pare quasi che i gay siano ritenuti una feccia e che la giornalisca sostenga che se c'è stato spazio per chi osa sostenere che non li si debba cacciare dalle parrocchie, allora chiunque altro avrebbe dovuto avere diritto di priorità. Tutto questo nell'Italia salviniana del 2018, quella in cui la violazione della Costituzione da parte del governo passa dal televoto e in cui l'odio viene reputato norma.
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