Di Maio non gradisce le critiche dei giornali e propone tagli all'editoria nella speranza di silenziare il dissenso


Nella classifica di Freedom House, l'Italia è al 62esimo posto nel mondo in termini di libertà di stampa, così come quella di Reporter Sans Frontieres la colloca al 51esimo posto. In pratica, il bel Paese è ai livelli di stati come la Palestina, il Gabon e il Kyrgyzstan.
È in tale scenario che lascia perplessi come il vicepremier Luidi Di Maio annunci di voler inviare una lettera alle società di Stato per invitarle a tagliare la loro pubblicità sui giornali, sperando che ciò limiterà la libertà degli editori nel fare informazione.
Dalla sua pagina Facebook, Di Maio sostiene esista un «odio dei media» nei confronti del suo partito e sostiene che «i giornali dei 'prenditori editori' ormai ogni giorno inquinano il dibattito pubblico e la cosa peggiore è che lo fanno grazie anche ai soldi della collettività: in legge di bilancio porteremo il taglio dei contributi pubblici indiretti e stiamo approntando la lettera alle società partecipate dallo Stato per chiedere di smetterla di pagare i giornali (con investimenti spropositati e dal dubbio ritorno economico) per evitare che si faccia informazione sui loro affari e per pilotare le notizie in base ai loro comodi».
Il Movimento 5 Stelle chiede che la stampa sottolineai quanto siano bravi e belli, che lodino incondizionatamente le loro iniziative contro i migranti o che tacciano sull'evidenza di come sarà ben difficile che possano trovare soldi per regalare miglia di euro a chi è disoccupato o non ha voglia di lavorare. Peccato che la descrizione da loro proposta assomigli alla stampa id regime, tipica di ogni dittatura.
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