Il giornale di Belpietro torna a diffamare Mario Mieli, definendolo «un teorico della pedofilia e della coprafagia»


La Verità di Maurizio Belpietro continua a propinare bugie. Lo fa con un evidente piano ideologico finalizzato alla promozione dell'odio omofobico, spiegandoci perché le pagine dell'organizzazione forzanovista Provita Onlus siano ricolme dei suoi banner pubblicitari o perché la CitizienGo di Arsuaga lo abbia premiato per il contributo offerto alle rivendicazioni del fondamentalismo organizzato.
Raccattata all'interno della propria redazione quella Silvana De Mari che risulta indagata per il reato di diffamazione in merito al suo aver pubblicamente sostenuto che i soci del Circolo Mario Mieli di Roma siano «simpatizzanti della pedofilia», è sempre tentando di diffamare l'attivista lgbt romano che il quotidiano di Belpietro se ne esce con un vergognoso articolo dal titolo "Il ministero paga il film che celebra l’attivista gay teorico della pedofilia" a firma di Francesco Borgonovo (ex capo-redattore di Libero ed oggi vicedirettore del giornale di Belpietro).
Classificato l'articolo nella rubrica "pensiero unico", è sempre tra titoli ed occhielli che il quotidiano si lancia pure nel sostenere che Mieli «difendeva i rapporti sessuali con i bambini» prima di lamentare: «Paghiamo il film sul profeta della pedofilia».

In realtà il collegamento tra pedofilia e Mieli è un'invenzione del fondamentalismo cattolico, intenzionato da anni a proporre quella loro perversa interpretazione dei suoi tesi attraverso una reinterpretazione di alcune righe estrapolate dal suo contesto. Nella realtà, è con un linguaggio colorito e volutamente provocatorio che Mieli attaccava il bigottismo della società del tempo e rivendicava che i bambini non fossero angeli asessuali come si cercava di sostenere. Raccontava che i bambini avevano una sessualità e sosteneva che la rivoluzione sessuale avrebbe permesso lodo di poterla esprimere.
D'latra parte è provato che Mieli non ebbe mai rapporti con minorenni, di fatto smentendo le credenze che il fondamentalismo cattolico ha cercato di diffondere contro di lui.

Eppure è rilanciano quella tesi diffamatoria che il quotidiano di Belpietro ne approfitta per attaccare quello che loro definiscono «uno dei primi e più celebri attivisti lgbt del nostro Paese, a cui non per nulla è dedicato il circolo arcobaleno romano noto per aver portato in tribunale Silvana De Mari».
Tirata in ballo la loro redattrice, l'articolista inizia a lamentarsi di come Mieli parlasse di transessualità nonostante la lobby di Gandolfini sia stata molto chiara sul fatto che loro esigono si guardi nelle mutande dei bambini e si affibbi loro un ruolo sociale dettato da ciò che vi troveranno dentro. A quel punto Borgonovo inizia a sostenere che negli scritti di Mieli siano «a tratti raccapriccianti» e che esisterebbero «pagine in cui si occupa di pedofilia».
L'attacco prosegue senza sosta, asserendo che Mieli fosse& «un personaggio problematico» e che frequentasse «la fossa dei leoni» definita come un «luogo di prostituzione milanese nei pressi di Parco Sempione». In realtà si trattava di un luogo degradato che negli Sessanta veniva frequentato dai gay in cerca di incontri a causa del clima di omofobia che rendeva impossibile poter vivere apertamente la propria sessualità. Erano anni in cui per avere un possibile incontro bisognava frequentare la strada, inq uel clima in cui ogni locale sarebbe stato chiuso dalla polizia. Il tentativo di negare la storia e sorvolare sulla contestualizzazione storica di quanto affermato chiarisce l'intento ideologico del testo.
Forse ignaro di come le droghe scorressero a fiumi in quegli anni, Borgonovo lamenta anche che Mieli «fu arrestato» perché «nudo e alterato dalle droghe aveva cercato di abbordare un poliziotto». Dice anche che «tra un'intemperanza e l'altra, Mieli è stato tra i fondatori del Fuori!, il fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiani», salvo por ricorrere al solito uso politico della religione nel lamentare come osò invitare alcune persone ad «andare a contestare il vescovo in piazza Maggiore».
Curioso è come nel suo articolo Borgonovo abbia elencato solo aspetti negativi, omettendo completamente qualunque ricostruzione storica dei meriti di Mieli. Il tutto per sentenziare: «È una storia nera, la sua, fatta sez'altro di solitudine e di dolore. Una storia che si può sicuramente raccontare, come no: nessuno pretende che cali il silenzio. Ma spendere migliaia di euro pubblici per un film che descrive come "un genio" un teorico della pedofilia e della coprafagia, bhe, francamente lo eviteremmo volentieri».

Tra i commenti è un tripudio d'odio. Fioccano insulti contro 'attivista gay, tra chi chiede che Salvini possa imporre Foa alla Rai in modo da assicurare la censura di qualunque storia non sia gradi al fondamentalismo (sia mai che la pellicola possa sfatare la loro propaganda). C'è chi dice che i gay sono pedofili, chi dice che per colpa dei gay qualcuno voglia sdoganare la pedofilia e chi dice che Mieri doveva essere ucciso.
Annarosa Rossetto, responsabile della Manif pour tous di Forlì ed esponente del comitato di Gandolfini, ci tiene a definire Mieli come «un poveraccio che ha abusato della sua vita in modo terribile fino ad uccidersi».

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