Il leghista Simone Pillon rappresenterà Gandolfini nel difendere la legge fascista contro l'eutanasia


Lo scorso aprile il senatore neocatecumenale Simone Pillon (Lega) depositò per conto di una delle tante associazioni del neocatecumenale Massimo Gandolfini un atto di intervento davanti alla Consulta nell'ambito del procedimento sulla costituzionalità del «delitto di istigazione o aiuto al suicidio» scaturito durante il processo Cappato.
Il reato, introdotto in epoca fascista, è stato sottoposto all'attenzione della Consuta dai giiudici di Milano a seguito dell'assoluzione di Marco Cappato dopo la denuncia scaturita per aver accompagnato Fabiano Antoniani nel suo viaggio nella clinica svizzera in cui ha chiesto ed ottenuto il suicidio assistito. La Corte sostiene che quella norma possa violare i principi costituzionali e Pillon rappresenterà Gandolfini nel tentativo di difendere quel divieto all'autodeterminazione dei malati.

Accompagnato da Filippo Savarese (ossia l'uomo di Gandolfini che presiede la sezione italiana della CitizienGo e la Manif pour tous), è «per conto dell'associazione VitaÈ» che il senatore leghista ha depositato ieri presso la Corte Costituzionale la sua memoria in cui tenterà di sostenere «il principio di intangibilità della vita» contro il diritto di scelta dei malati. In altre parole, chiederà che ai malati venga impedito di poter decidere per sé stessi dato che Gandolfini vorrebbe imporre loro le sue scelte.
Se è facile perdersi nelle innumerevoli associazioni create dal fondamentalismo, va sottolineato che dietro all'associazione VitaÈ ci sono sempre i soliti nomi noti: Massimo Gandolfini col suo comitato, Gianfranco Amato e i suoi Giuristi per la vita e Toni Brandi quale presidente dell'associazione forzanovista Provita Onlus.
Dopo aver fatto carriera sostenendo che i gay non debbano poter sposare chi vogliono e dopo essersene uscito dicendo che lui vorrebbe obbligare le donne a partorire, il senatore leghista Simone Pillon torna ancora una volta ad attaccare la libertà di scelta altrui. L'utero è tuo ma decide lui, il corpo è tuo ma decide sempre lui. Questa pare la sua idea di "democrazia".

Pare anche che il fondamentalismo organizzato sia intenzionato a trattare un tema così delicato con il suo solito approccio basato su populismo, semplificazioni e spergiuri. Lo si deduce dal messaggio pubblicato da Savarese, nel quale il fondamentalista si mette a raccontare ai propri proseliti che «la Corte dovrà dire se è giusto che la legge vieti di aiutare altre persone a suicidarsi. Se dirà di no, anche in Italia l'eutanasia diventerà un grande business per le cliniche della morte. Un appuntamento decisivo che dovrà vederci tutti schierati a difesa dei più deboli ed emarginati. Dentro siamo ben difesi, fuori dovremo essere all'altezza».
Se il tema in discussione è il diritto dei malati e non certo quei fantomatici soldi che la sua CitizienGo ama tirare sempre in ballo (peraltro a sproposito, dato che le cliniche hanno tutta la convenienza a tenere occupati i propri posti letto), evidente è il tentativo di coniare neologismi che possano far leva sulla paura dopo aver praticamente sostenuto che l'eutanasia verrà imposta contro il volere dei pazienti. Non si capisce, infatti, con quale coraggio possano dire che rispettare il volere del malato sarebbe un atto illegittimo e che bisognerebbe imporre loro atroci sofferenza in «difesa dei più deboli ed emarginati».
Ma forse è inutile trovare una logica in un Simone Pillon che si è espresso a favore della libera commercializzazione della armi da fuoco e che difende strenuamente chi ammazza qualcuno (meglio se extracomunitario) anche se quando il ricorso all'omicidio non era strettamente necessario per legittima difesa, poi racconta che la vita si «difenda» impedendo il diritto di scelta ai malati. Facile a dirsi quando si è in salute e quando sono altri a vivere quelle situazioni.
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