Provita Onlus contro il ddl per il contrasto all'omofobia: «È omosessualista e dittatoriale, una sorta di MinCulPop»


L'organizzazione Provita Onlus è tra i gruppi integralisti che maggiormente promuovono l'odio omofobico. Giurano che il rispetto sia una violazione alle "libertà" di discriminare e continuano ossessivamente a ripetere che la mancata attribuzione di maggiori privilegi civili e sociali ai coiti vaginali del loro presidente sarebbe «ideologia gender».
Per quanto l'organizzazione forzanovista ci abbia abituato ad isterie e violenze, surreali sono le "argomentazioni" con cui vorrebbero contrastare una legge che punisca i crimini d'odio basati su quell'omofobia che promuovono come parte del loro business economico.

In un articolo intitolato "Omofobia: in Puglia ddl liberticida e discriminatorio" condannano l'estensione ai gay del ddl Mancino che da anni tutela stranieri e gruppi religiosi. Scrivono:

In Puglia, il disegno di legge regionale contro l'omofobia Emiliano/Negro, rischia seriamente di essere approvato, e molto presto.
Le Commissioni congiunte III e VI del Consiglio regionale della Puglia, giovedì 20 settembre, hanno dato il via libera con 12 voti a favore e cinque contrari e adesso passerà all'esame dell'aula. Il ddl che sembrava destinato a cadere nel dimenticatoio, ha ottenuto invece l'approvazione della maggioranza, dietro la promessa (per ora puramente verbale) del presidente della Regione, Michele Emiliano, di eliminare i riferimenti al gender, dal testo. Una modifica che, seppure fosse approvata, risulterebbe insufficiente a cambiare l'impianto fortemente omosessualista e dittatoriale del ddl.

Parte così il solito spergiuro e il solito tentativo di cambiare le carte in tavola:

Basta scorrere alcuni degli articoli del disegno di legge per averne una idea: l'art. 3 prevede che «la Regione promuova attività di formazione e aggiornamento per gli insegnanti e per tutto il personale scolastico, nonché per i genitori, in materia di contrasto degli stereotipi di genere e di prevenzione del bullismo motivato dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere». Ovvero il sistema scolastico dovrà impegnarsi attivamente nella diffusione delle teorie di gender nelle scuole di ogni ordine e grado, qualunque sia la volontà dei genitori, venendo di fatto meno al patto di “corresponsabilità educativa” che, all'inizio di ogni anno scolastico serve invece, a suggellare un rapporto di fiducia e collaborazione tra scuola e famiglia che, in questo modo, rischia di fratturarsi e senza che ci sia una reale emergenza omofobia in Puglia.

Se fa ridere che gli omofobi dicano di non vedere omofobia e se fa paura vedere come vorrebbero punire i bambini nati in famiglie con cattivi genitori (al punto da affermare che lo stato non debba proteggerli da chi li vorrebbe indottrinarli alla loro ideologia), proseguono:

Passiamo poi all'art. 8 che «disciplina le funzioni del CORECOM (Comitato Regionale per le Comunicazioni), prevedendo che tale organismo di garanzia effettui la rilevazione sui contenuti della programmazione televisiva e radiofonica regionale e locale, nonché dei messaggi commerciali e pubblicitari, eventualmente discriminatori rispetto alla pari dignità riconosciuta ai diversi orientamenti sessuali, all'identità di genere o a una condizione intersessuale della persona», in sostanza ogni tipo di messaggio trasmesso attraverso qualunque tipo di mezzo comunicativo, dovrà essere filtrato dal Comitato perché non risulti offensivo verso le varie identità di genere. Una sorta di MinCulPop regionale che rende bene l'idea dell'impianto “democratico” del DDL.

In realtà si tratta delle stesse tegole per cui Btandi non può produrre spot in cui sostiene che le donne debbano essere trattate come oggetti o per cui non può comprare una pagina pubblicitaria per scriverci una bestemmia. Eppure lui pare sostenere che debba essere ritenuto lecito insultare e offendere le persone lgbt.

In quel meccanismo propagandistico in cui ci si auto-nomina "maggioranza" per far sentire legittimati i violenti, aggiungono:

Una legge che non piace nemmeno al presidente della Commissione alle Pari Opportunità della Regione Puglia, Patrizia Del Giudice, la quale, dopo l'approvazione di ieri, lamenta la totale assenza di riferimenti, nel testo, alle violenze contro le donne, sostenendo di non aver potuto nemmeno verificare i dati percentuali afferenti alle violenze e alle discriminazioni a carico delle persone omosessuali, «manca ad oggi una rilevazione specifica sul territorio pugliese, e non mi sembra giusto far passare i Pugliesi per omofobi perché, ad “occhio”, appaiono molto più numerosi i casi di discriminazione e violenze a danno delle donne» ha dichiarato testualmente.

Se in realtà la rivelazione di quei dati è uno dei punti del progetto di legge contestato da Provita Onlus, l'organizzazione forzanovista prosegue:

Ha poi lamentato, a proposito dell'art. 2 (che prevede che la Regione costruisca, attraverso i servizi per il lavoro, precisi percorsi di formazione e inserimento lavorativo per le persone che si sentono discriminate per la propria identità di genere) la totale assenza di ogni riferimento ai giovani che espatriano per trovare un impiego, ma, in realtà, in questo caso, manca l'accenno anche ad altre categorie di persone svantaggiate, come ad esempio i disabili, o le donne in età fertile, discriminate rispetto alla possibilità di mantenere il proprio posto di lavoro a causa di una gravidanza.
Insomma l'unica categoria degna di considerazione, a giudicare dal ddl Emiliano, sembra essere quella delle persone LGBTI.

Non sarà forse che un progetto contro l'omofobia si basi sul contrasto all'omofobia e non sulla soluzione di tutti i problemi del mondo? E davvero la Puglia non avrebbe progetti per l'inserimento dei disabili nel mondo del lavoro?

Nonostante l'evidente pressapochismo e lo smodato populismo delle loro contestazioni, i fondamentalisti concludono:

Così com'è scritto, il disegno di legge sembra violare apertamente, oltre che il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, anche quello della imparzialità sancito dall'art. 97 della Carta Costituzionale che dichiara che i pubblici uffici debbano essere organizzati in modo da assicurare l'imparzialità dell'amministrazione. Eppure, il prossimo 25 settembre questo DDL rischia di diventare legge: le forze dell'opposizione e le associazioni familiari non staranno a guardare.

Buffo, dato che Provita sostiene che l'articolo 3 non debba garantire il riconoscimento delle famiglie gay in virtù del loro slogan: «Situazioni diverse vanno trattate in modo diverso». Ma poi ci raccontano che loro si sentirebbero violentati se si contrasta la discriminazione anche se loro vorrebbero promuoverla.
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