Andrea Zambrano: «Il film di Guadagno promuove la pederastia. A nome di don Bosco, si vieti ai salesiani si poterlo proiettare»


È peccando di superbia che il fondamentalista Riccardo Cascioli si è messo a sbraitare come un indemoniato che gli altri cattolici non saprebbero fare i cattolici dato che osano non genuflettersi al suo volere. Qualcuno dirà che Cascioli non è cattolico e che stupra la religione per fini meramente politici finalizzati alla promozione dell'ultra-destra, ma anche volessimo accettare la sua opinabile teoria sul fatto che lo si dovrebbe ritenere cattolico, nulla renderebbe meno grottesco il suo atteggiamento.
Dopo la crociata contro «la stregoneria» nelle scuole di Brescia (che di fatto era un attacco all'educazione al rispetto sotto copertura n un abuso della credulità popolare), ecco che i suoi giornali hanno deciso di puntare il mirino contro il film di Luca Guadagnino che da mesi è al centro delle polemiche cattofasciste.
A guidare la crociata fondamentalista è il solito Andrea Zambrano, capace di porre come assunto del suo attacco il suo sostenere che Chiamami col tuo nome sia un film che «promuove la pederastia» e che lo di debba ritenere «un film moralmente inaccettabile».

Parlando a nome di Don Bosco in un'ennesimo atto di superbia (un peccato capitale che secondo la loro dialettica dovrebbe permetterci di sostenere che Zambrano verrà condannato alla dannazione eterna), il fondamentalista attacca un cinema che ha osato proporre il film nonostante lui ne pretendesse la censura. In un articolo intitolato "Film omo al cinema salesiano Ma se critichi, dividi la Chiesa", scrive:

A Rivoli il cinema dei Salesiani proietta il film di Guadagnino Chiamami col tuo nome. Pellicola moralemente inaccettabile per ogni cattolico perché racconta in maniera anche sconcia di rapporti pederasti, ma che i gestori invece giustificano senza però motivare alcunché. E se si prova a criticare la decisione, ecco che si viene accusati di "dividere" e "di voler giudicare". Un'arroganza che farebbe impallidire don Bosco e mostra a che punto si sta riuscendo a normalizzare l'omoeresia.

Continuando a giocare con i santi, l'attacco prosegue sostenendo che non si possa essere cattolici senza ostentare omofobia e che i cinema dovrebbero «mettere in guardia» lo spettatore sul fatto che quel film non è conforme all'odio promosso fondamentalisti:

Il film parla di pederastia, ma per molti cattolici questa parola è ormai sdoganata. Così come è sdoganato il fatto che se qualcosa è moralmente offensivo, il limitarsi a guardarlo basti a esorcizzarne la tesi. Però fa specie che un cinema cattolico dedicato a don Bosco lo proietti. Soprattutto se si pensa che i cinema cattolici non nascono per fare concorrenza ai grandi multisala, ma per offrire una programmazione edificante per le anime e per i giovani. E questo vale ancora di più se di mezzo c’è un santo come don Bosco.
Ma a Rivoli invece è tutto assolutamente normale. A cominciare dal fatto che il film viene annunciato in programmazione senza mettere alcuna nota che metta in guardia. Anzi. L’unica recensione offerta è assolutamente positiva. Col proseguire col fatto che non si capisce bene quale sia la motivazione per la quale i salesiani di Rivoli hanno deciso di consigliarlo al loro pubblico che immaginiamo per la gran parte composto da cattolici.

Si passa così a raccontare che La Nuova Bussola Quotidiana si è erta a massima autorità morale e che, dall'alto del suo appoggio a Salvini e il suo contrasto al Pontefice, ha chiamato la sala cinematografica per esigere spiegazioni. Il tutto viene raccontato con una dialettica che cerca di far passare per deficienti i sacerdoti che hanno osato sfidare la lobby di Cascioli:

E’ quello che la Nuova BQ ha cercato di scoprire telefonando ai responsabili della sala, che però hanno immediatamente messo le mani avanti. La decisione di proiettare il film? “Non ve lo diciamo, perché così ci state infangando”; La pederastia è un peccato? “Non si può decidere a priori che cosa è peccato”; Don Bosco sarebbe contento? “Chiedetelo a lui”… fino a concludere, quando le ragioni per giustificare una scelta non si trovano, col buttarla con la frase passepartout: “Il Papa ha detto chi sono io per giudicare?”. E con questo lasciapassare che si vorrebbe apodittico, giustificare anche le scelte più discutibili moralmente, oltre che cinematograficamente.

Evidentemente Zambriano ritiene che Gesù Cristo fosse deficiente nel suo invito a non giudicare, tant'è che si affretta a sostenere che il suo dichiararsi opinabilmente "cattolico" deve essere ritenuto il lasciapassare per giocare ad ergersi a giudice del mondo:

Invece la Chiesa giudica, eccome. Anche le scelte che si pongono come educative, e non si riferisce solo ai giovani, perché l’educazione è una componente necessaria all’uomo. Per questo è sconfortante il colloquio che abbiamo avuto con il responsabile della sala, omettiamo il nome perché non è nostra intenzione fare una battaglia personale, ci interessa di più mostrare a che punto di confusione si arriva quando si cerca di nascondere il peccato secondo criteri che sono falsamente cattolici arrivando, spesso senza volerlo, a giustificarlo.

A quel punto non poteva mancare il vittimismo di chi si dice discriminato perché non può discriminare. In espediente tentativo di attaccare chiunque non obbedisca ai loro ordini, Zambriano scrive:

Alle nostre critiche circa la decisione (sì critiche, perché a volte le critiche non sono attentati di lesa maestà, ma necessari momenti di scontro alla ricerca della Verità) del cinema, il giudizio è stato lapidario: “Invece di dividere la Chiesa dovreste aiutarci a veicolare il messaggio cristiano”. Che, in soldoni significa: dato che noi riteniamo la vostra scelta sbagliata, ricordiamo che stiamo contestando la decisione di proiettare un film che promuove la pederastia e di questi tempi, anche nella Chiesa non c’è molto da scherzare, allora siamo noi che provochiamo divisione.

Ma spiegarci come l'obbiettivo delle sue ingiurie sia sempre politico è l'attacco finale a quella Cei che è al centro delle sue invettiva da quando ha osato criticare le politiche razziste del suo amatissimo Salvini, forse il suo unico e vero dio. Scrive il fondamentalista:

Normalizzando di questo passo, e molti salesiani sembrano abituati, si finirà per definire “amore” anche l’atto sessuale più immondo. L’importante è però essere in regola con le carte: “La Commissione Nazionale Valutazione Film (organismo della Cei ndr) ha detto che il film si può vedere”. Appunto. Invece di mettere in discussione le finalità e gli approdi di un ente sul quale già in passato sono emerse problematiche di valutazione su diverse pellicole, ci si fa scudo come se si trattasse di un dispaccio ministeriale. Chissà che cosa direbbe don Bosco. Peccato che nessuno glielo abbia voluto chiedere.

Non sarà che don Bosco è morto e che è quello l'unico motivo per cui non potrà denunciare per diffamazione uno Zambriano che gli ha messo in bocca parole inaccettabili?
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