La fantomatica ideologia gender? Una truffa per nascondere la promozione del sessismo


Spesso si ha l'impressione che l'odio contro i gay che viene promosso dall'organizzazione forzanovits Provita Onlus sia un mezzo e non il fine ultimo e reale delle loro rivendicazioni.
D'altro canto se un uomo si alzasse in piedi e iniziasse a dire che lui ritiene lecito che un uomo possa picchiare la moglie, pare prevedibile che gli astanti prenderebbero le distanze. Ma se dicesse che i gay sono cattivi, che danneggiano i bambini o che li «comprano», è facendo leva su un'omofobia socialmente accettata che potrebbe iniziare a raccattare i primi consensi.

Probabilmente Toni Brandi sa benissimo che i matrimonio egualitario non «minaccia» le famiglie etero come lui è solito spergiurare, ma forse sa altrettanto bene che agli omofobi non interessano le argomentazioni quanto il fatto che li si legittimi nel loro odio. Ed è così che può osare quell'argomentazione per attaccare famiglie che forse lo infastidiscono per tutta'altra ragione: d'altra parte se due uomini o due donne possono trovare un equilibro che li faccia vivere felici, come potrà pretendere che la donna se ne stia in cucina solo perché lui porta i pantaloni?
La sua idea di famiglia ce l'ha raccontato in quel vecchio spot in cui la signora Francesca Romana Poleggi interpretava una donna che arrivava tutta trafelata a casa dopo aver fatto la spesa e recuperato il bambino e sistemato casa mentre il marito, interpretato dal figlio del leader di Forza Nuova, se ne stivava tranquillamente spaparanzato in poltrona a leggersi il giornale (un quadretto che ricorda quell'Adinolfi che si fa fotografare mentre se ne sta comodamente seduto e la moglie gravida è in piedi). Intenzionato a non alzarsi per parlare con il figlio, l'uomo convocava la donna e le chiedeva di rendergli conto di quella fosse il problema in modo che lui, uomo, potesse prendere le decisioni del caso e dirle che cosa avrebbe dovuto fare.
Insomma, era l'emblema di un sessismo anni '50 in cui l'uomo comanda e la donna obbedisce. Ed è lo stesso concetto espresso dai manifesti che la CitizienGo ha fatto stampare contro i bambini transessuali, nei quali si classificavano gli oggetti per colore in modo da sostenere che il sesso determini precisi ruoli sociali. Da prassi, si diceva che il bambino dovesse giocare con soldatini e trenini e che la bambina doveva preferire bambole con cui allenarsi alla maternità o cosmetici con cui farsi bella per il suo uomo.
Anche in quel caso pare che l'odio contro le persone transessuali fosse un cavallo di Troia per promuovere sessismo dietro a slogan volti a sostenere che l'educazione al rispetto «confonda i bambini».

In tale filone si inserisce anche l'editoriale del numero di ottobre della rivista di Provita Onlus, dove il loro presidente dice che sarebbe in atto una «contemporanea maschilizzazione delle donne» e di «femminilizzazione del maschio». Lamenta che oggigiorno l'uomo si curi e accetti ruoli paritari, senza presentarsi sporco e sudato dopo aver preteso che «la sua donna» passasse ore a farsi bella per lui.
Brandi lamenta tutto infastidito che «oggi vediamo maschi con pelle glabra, sopracciglia definite, che usano creme, makeup e frequentano saloni di bellezza tanto quanto le donne». Insomma, lui non vuole che un uomo possa essere presentabile, preferendo l'idea del maschio rozzo e puzzolente che si presenta con la canotta sporca di sugo perché ritiene che la cura del corpo sia una prerogativa riservata alle solo donne.
Nel suo editoriale Brandi non si dimentica di dire che la colpa sarebbe del fantomatico «gender»  o che l'educazione dei figli sarebbe danneggiata da uomini che curano il proprio aspetto al posto di dire che la donna deve accontentarsi dato che loro non hanno tempo da perdere. E in fondo speravate davvero che anche questa volta non tirasse in ballo bambini in modo da usarli per la sua propaganda?
Proponendo una connotazione temporale, il presidente di Provita Onlus dice che il mondo che lui disprezza sarebbe «cominciata con la moda unisex negli anni Sessanta». In altre parole, il fatto che una donna potesse portare la stessa maglietta di un uomo o che indossi pantaloni sarebbe stato il colpo di grazia alla sua ideologica separazione dei ruoli sociali a cui ritiene si debbano indottrinare maschi e femmine.

Ma qual'era la situazione prima della data da lui indicata e quali erano i ruoli del mondo che lui rimpiange in nome del «gender»? A giudicare dalla pubblicità dell'epoca, era un mondo in cui il maschio poteva picchiare la moglie e pretendeva di essere riverito come se lei fosse la sua schiava.
A raccontarcelo sono gli scatti degli anni che la sua organizzazione continua ripetutamente a presentare quale esempio del mondo che vorrebbe fosse inflitto ai figli degli altri. Ma dato che quegli scatti sono si per sé disgustosi, ve li proporremo affiancati alle rivisitazioni ideate dall'artista e fotografo libanese Eli Rezkallah. Così, giusto per assicurarsi che a Brandi possa venire il mal di pancia nel vedere che un uomo può contestare il suo amato sessismo o rappresentando quella parità di genere che pare togliergli il sonno.


«Se tuo marito scopre che non compri il caffè fresco…»



«Le donne non abbandonano mai la cucina!»



«Non preoccuparti cara, almeno non hai bruciato la birra!»



«Stai dicendo che una donna potrebbe aprirlo?»



«Mostragli che il mondo è degli uomini»



«È bello avere una ragazza per casa»



«La mattina di Natale lei sarà più felice con un aspirapolvere»



«Esci dalla cucina più in fretta!»



«Stiamo spingendo le calzamaglie»
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