Le teorie di Stefano Zecchinelli: «Le unioni civili portano criminalità. I cultori del gender contribuiscono ad arricchire una oligarchia mafiosa»


Sul suo profilo Linkedin, Stefano Zecchinelli si presenta come un «giornalista pubblicista. Esperto di geopolitica, ricercatore indipendente su tematiche inerenti il neofascismo». Dice anche di essere «regolarmente iscritto all'Ordine dei giornalisti della regione Lazio».
Dal 2014 lavora per uno di quei siti che sostengono di detenere una verità che tutti gli altri tacerebbero perché parte di un complottane globale. «Se preferite essere rassicurati piuttosto che informati e se siete allineati al sistema politico, mediatico e ideologico dominante, questo giornale non è per voi», recita una frasetta inserita in tutte le pagine del sito, la quale promette poi che da loro si troverà una «informazione realmente libera, senza padroni e fuori da ogni coro».

E quale sarebbe questa presunta verità che nessun altro avrebbe il coraggio di annunciarci? Secondo il signor Zecchinelli, gente cattiva tacerebbe che «le, cosiddette, unioni civili hanno favorito la penetrazione d’elementi criminali nelle reti sociali autoctone».
Esatto. Sarebbe colpa delle unioni civili se dei criminali arrivano in Italia. Non solo, il signor Zecchinelli che ci tiene pure a dirci che lui «le ritiene un accorgimento legislativo ambiguo, da riconoscere soltanto alle persone prive di precedenti penali proprio per impedire che la situazione degeneri ulteriormente».
Il contesto dell'affermazione è un articolo in cui si sostiene che esista una «mafia trans» e in cui si giunge a simili conclusioni sulla base di un singolo fatto di cronaca. Stando alla sua teorie, il fatto che due dei quattro italiani che costringevano alcune ragazze trans alla prostituzione «si erano congiunti con formale unione civile con due transessuali tra i capi dell’organizzazione per dare loro la possibilità di restare legalmente in Italia alla scadenza del permesso di soggiorno». E tanto gli basterebbe per sostenere una correlazione, quasi fosse ignari dei tanti casi di matrimoni di interesse o di unioni eterosessuali scelte per finalità criminali (eppure Zecchinelli vuole imporre limiti solo alle unioni civili, quasi non gli importasse un granché se eterosessuali con precedenti penali possono tranquillamente sposarsi).
Naturalmente pare superfluo ricordare che l'articolo 3 della Costituzione vieterebbe simili discriminazioni e che la giustizia preveda che chi ha scontato una pena non possa subire ulteriori restrizioni alla sua libertà.

Nonostante si parli di una gang di italiani che sfruttava ragazze transessuali e nonostante si riporti il testo di un articolo in cui si spiega che «i criminali attiravano i transessuali attraverso messaggi sui social nei quali promettevano che avrebbero partecipato a concorsi di bellezza in Italia e offrivano loro operazioni di chirurgia plastica» anche se poi subivano operazioni in cliniche clandestine per aumentare i loro seni e avviarle «verso il mercato della prostituzione», il pubblicista incalza:

Si tratta di schiavismo moderno avvallato dalle organizzazioni LGBT, dato che diverse madrine da anni partecipano ai concorsi di bellezza organizzate da chi, in Italia, dovrebbe promuovere i diritti legittimi degli omosessuali e la lotta contro le discriminazioni di genere. Contrariamente, i cultori del gender contribuiscono ad arricchire una oligarchia mafiosa mettendogli a disposizione i loro palchi. Silenzio, omertà e complicità da parte dei settori più corrotti della borghesia nazionale: le gang basano su questi grandi mali la loro forza. Le aguzzine delle giovani transessuali erano solite ostentare la loro vita lussuosa su face book.
Lo sporco business delle transessuali va imputato alla lobby LGBT con la collaborazione dei peggiori affaristi nazionali.

Sostenendo che la criminalità sia colpa dell'immigrazione e giurando che le persone lgbt siano colluse con la malavita, il pubblicista ricama curiose teorie anche attorno al ricatto a cui le ragazze venivano sottoposte, ossia la possibilità di comprarsi la libertà. Davanti a quel dramma, lui se la prende con l'immigrazione:

All’interno di questo circuito ogni prostituta rimane libera di coltivare segretamente il "sogno" di trasformasi, a sua volta, in madrina; un circolo vizioso, potrei scrivere una "genuflessione cerebrale", che garantisce alla Cupola la fedeltà d’un esercito di professioniste del sesso a pagamento. L’immigrazione senza regole, la demolizione degli Stati nazionali e d’un controllo democratico delle frontiere implica, fra le diverse cose, la globalizzazione della perversione e dell’anti-etica criminale. Sconfiggere questa tipologia di criminalità significa decolonizzare la mente delle vittime, sradicare "legami" diabolici.
La maggiore gang brasiliana in affari con la ‘ndrangheta, il Primeiro Comando da Capital (PCC) divisa in cellule chiamate sintonias, è dichiaratamente omofoba quindi è difficile immaginare legami fra il PCC e la "mafia trans". Con tutta probabilità le gang LGBT godono del sostegno di alcuni settori europei della malavita organizzata, coinvolgendo i palazzinari che mettono a disposizione delle pappone interi quartieri ed i clienti più affezionati e "generosi".

Se sinceramente sarebbe bastato fermarsi al fatto che il signor Stefano Zecchinelli spergiuri l'esistenza di un fantomatico «gender» per comprendere di quanta ideologia sarebbe stato pervaso il suo articolo, a spiegarci l'ossessione anti-gay del soggetto è un altro articolo firmato sempre da Stefano Zecchinelli ed intitolato "Le inquietanti origini della lobby gay".

Usando gli slogan della propaganda integralista, scrive:

Un mito della propaganda lgbt è la contrapposizione fra nazismo ed omosessualismo, essendo l’omosessualità antitetica al “bigottismo machista” della dittatura hitleriana. Le cose non stanno così. Hitler coltivò una elite di feroci nazionalisti omosessuali che celebravano il culto della virilità.La cultura pre-nazista preparò la matrice ideologica dell’omosessualismo hitleriano, basti pensare allo scrittore antisocialista Karl Heinrich Ulrichs, più volte messo alla berlina da Marx ed Engels, oppure al testo Sesso e carattere di Otto Weininger dove vennero gettate le basi del lobbismo gay e dell’antisemitismo neocolonialista. Secondo Weininger il grado di emancipazione di una società si misura dalla "maschilizzazione delle elite", mentre l’ebreo è per sua natura "donna" quindi "spiritualmente inferiore".
Questa ideologia partorì le milizie gay dei Männerbünde, omosessuali cultori dell’autorità, della gerarchia e di uno dei miti dello Stato nazionalista (e capitalista): l’eroe maschile.

Se in realtà pare che sia più che altro gente come la signora Miriano ad inventarsi curiose teorie sulla mascolinità, l'articolo inizia a fare un po' di confusione tra la repubblica di Weimar e la dittatura nazista. Cita brani in cui si sostiene che «Berlino si trasformò nella Babele del mondo» o che i «ogni studente di liceo desiderava raggranellare qualche soldo (praticando la prostituzione maschile) e nei bar si potevano vedere pubblici funzionari e magnati della finanza adescare senza vergogna marinai ubriachi».
Si passa così a sostenere che «molti uomini vicinissimi ad Hitler erano gay» e si sostiene che «le milizie gay si sporcheranno le mani del sangue degli operai berlinesi che, sotto la guida di Rosa Luxemburg, rivendicavano il Comunismo dei Consigli. L’omosessualismo, da oltre un secolo, è una ideologia di destra, profondamente reazionaria ed antipopolare. La Lobby dei gay nasce proprio in quel drammatico momento storico».

Dopo altri tentativi volti a sostenere che i gay siano nazisti, sentenzia: «Non è un caso che Usa ed Israele abbiano mutuato una parte della ideologia perversa del nazismo, sia nel campo dei costumi che del razzismo eugenetista. Tel Aviv è la patria del "genderismo omosessualista" ma anche una delle città più razziste del mondo, con il governo israeliano impegnato in un mostruoso progetto di pulizia etnica e di massacro etnico e religioso nei confronti del popolo palestinese».
Ed ancora, afferma che «Il Partito Nazionalsocialista statunitense si connota come una sorta di "grande partito dei gay islamofobi e razzisti’"; la destra della Lobby dei gay, ora impegnata ad appoggiare Donald Trump. I locali gay frequentati dai neonazisti ci mostrano delle immagini raccapriccianti, figli, non sempre riconosciuti, di una società capitalista ormai in decomposizione. E le stesse compertine dei giornali pro-Gay sono simili a quelle dei giornalacci dei neonazisti. Il capitalismo non ha più nulla da offrire se non depravazione».
Si arriva così a sostenere che i gay siano manovrati da razzisti di origine nazista: «Il mondo gay vanta molti attivisti per i diritti civili ma l’origine della Lobby dei gay – ora vergognosamente schierata con la guerrafondaia Clinton – è a molti sconosciuta. I sinceri democratici, che nulla hanno a che vedere con il razzismo islamofobo e sionista sostenuto anche dalla ideologia genderista, sono capaci di prendere atto di queste inquietanti radici storiche di quel potere che cerca di manovrarli?».
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