È in nome di Putin che Salvini porterà a Verona chi limitò l'aborto in Russia e si inventò la legge sulla fantomatica "propaganda gay"


«Dalla Russia putiniana con amore, più un pizzico di estremismo religioso americano e qualche compagno di strada neo-fascista. Benvenuti nella galassia anti-LGBT italiana, dove non va più di moda l’autarchia, ma la famiglia tradizionale, qualsiasi cosa ciò voglia dire». Esordiva così l'articolo pubblicato il 25 settembre 2017 sulle pagine di The Vision in cui si spiegava che «esiste un collegamento tra bus arancioni, Putin e Salvini».
Mesi prima dell'inchiesta de L'Espresso in cui si dimostrano che Russia ed Arzebajan stanno comprendo di rubli le organizzazioni nazionaliste, omofobe e neofasciste che si battono contro i diritti umani in nome di Dio e di Salvini, già si parlava di come i pulmini omotransofobici di Savarese e Gandolfini servissero a tutto fuorché a «difendere i bambini». Ed è da l' che si partiva:

L’ultima iniziativa è partita sabato 23 settembre. Un pullman arancione sta circolando per il nostro Paese con su la scritta di straordinario acume: “I bambini sono maschi, le bambine sono femmine”, che è sempre vero, tranne per chi è nato femmina e si sente uomo o viceversa. Lo chiamano il Bus della libertà, la libertà di dire alle persone transgender che loro non sono normali e che non devono esistere.

Spiegato che quel bus era una replica di iniziative similari organizzate dalla CitizienGo in Spagna e negli Stati Uniti, spiegava anche come l'assenza di iniziative italiane a sostegno dell'inclusione  delle persone transgender avesse reso necessario modificare gli slogan e parlare di una fantomatica iniziativa «contro il gender nelle scuole», ovvero «la caricatura che la destra tradizionalista fa di normalissime campagne educative per l’antibullismo omofobico e il rispetto delle donne».

L’iniziativa arancione fa capo, oltre all’italiana Generazione Famiglia, la Manif pour tous italiana (che in Francia ha stretti legami con la Russia ed è tra le poche associazioni ad aver chiesto esplicitamente di non votare Macron al ballottaggio contro Marine Le Pen), a Citizen Go, che su Internet si presenta così: “Una fondazione spagnola (registrata con il n° 1582) nata dall’esperienza e dall’amicizia di un gruppo di persone desiderose di lavorare al servizio della società, per promuovere il rispetto in tutti i contesti della dignità umana e dei diritti che scaturiscono da essa”. In Italia CitizenGo si contraddistingue per sostenere battaglie di avanguardia (!) come quella contro la legge sui vaccini, “che strappa i bambini alle madri”.

Ed immancabile arriva l'identificazione di chi siano le persone dietro a quell'organizzazione:

Fanno parte del Board of trustess: Ignacio Arsuaga, Walter Hintz, Blanca Escobar, Luca Volontè, Brian Brown, Gualberto García, Alexey Komov, Alejandro Bermudez e John-Henry Westen. A parte l’italiano Luca Volontè, cinghia di collegamento con la politica italiana “centrista” sono due i nomi da tenere a mente: Brian Brown, presidente del World Congress of Families e Alexey Komov, referente russo della stessa associazione.

Com'è noto, Komov è anche il politico russo che presenziò l'elezione di Salvini a nuovo leader della Lega e che organizzò svariate manifestazioni anti-gay in collaborazione con l'ultra-destra nazionalista. Volonté è l'ex leader Udc che L'Espresso indica come il referente europeo che smista i fondi neri provenienti dalla Russia. Brown è l'organizzatore del convegno integralista che Fontana e Salvini porteranno a Verona.

Particolarmente interessante è il passaggio in cui l'articolo ricostruisce la storia di come l'odio anti-gay sia stato trasformato in un'opportunità politica:

Tutto inizia più di vent’anni fa nella Russia post-sovietica: la vicenda è raccontata per bene qui, ma io ve la riassumo. Anatoly Antonov e Victor Medkov sono due sociologi russi della Lomonosov Moscow State University. Il Paese che sta provando a rialzarsi dalle macerie del comunismo è un luogo dove i tassi di natalità e i matrimoni sono in picchiata. Cosa sta succedendo alla Russia? Quali colpe ha il sistema capitalista? Nel loro interrogarsi, i due trovano le risposte che cercano nel libro Family Questions, dello studioso americano Allan Carlson, presidente dell’Howard Center for Family, Religion, and Society, in Illinois. Secondo Carlson, qualcosa di simile sta succedendo negli Stati Uniti e la colpa è del femminismo e della rivoluzione sessuale sessantottina che ha minato la tradizionale struttura familiare su cui si basava la società americana. Antonov e Medkov sono entusiasti di questa teoria, così invitano Carlson a Mosca e, insieme a un mistico ortodosso, Ivan Shevchenko, concepiscono insieme l’idea del World Congress of Families, un’associazione internazionale per la difesa della famiglia tradizionale che tiene il suo primo congresso a Praga nel 1997, che inaspettatamente, con oltre 700 partecipanti da tutto il mondo, si rivela un grandissimo successo. L’associazione americana diventa un punto di riferimento internazionale, soprattutto nell’Europa dell’Est e in Russia. Ma bisogna aspettare gli anni di Putin per il salto decisivo.
Michel Casey ha ricostruito bene su Il Politico cosa significa per il regime putiniano farsi prima araldo del cristianesimo tradizionale nel suo Paese, annullando le distanze rispetto alla Chiesa ortodossa, per poi proiettare in una logica imperialista questa identità sul resto del mondo, dapprima in Europa orientale e poi in Occidente.

Spiegando come gli ospiti di Salvini e Fontana abbiano «giocato un ruolo chiave nella definizione della prima legge russa che limita il diritto all’aborto e poi, nel 2013, in quella che proibisce la propaganda LGBT e la sospensione delle adozioni internazionali verso i Paesi dove è in vigore il matrimonio egualitario, Usa in primis. La deputata Yelena Mizulina, ospite fissa agli incontri del Wcf, è la donna di punta di questa deriva reazionaria: c’è lei dietro la legge che limita l’aborto, quella che vieta le adozioni e la propaganda a favore dei diritti degli omosessuali, e che depenalizza pure la violenza domestica nei confronti delle donne. Tutto in nome della famiglia tradizionale, ovviamente».

Per quanto riguarda l'Italia, osservano:

Per il nostro Paese l’uomo di riferimento è proprio Alexey Komov, membro del board di Citizen Go cui abbiamo rimandato prima. Komov è un tizio interessante: è stato proprietario di un nightclub e studente di Antonov, il professore russo tra gli ispiratori della Wcf, e adesso ha fatto carriera in nome della famiglia tradizionale. Dopo un periodo mistico da appassionato di yoga, oggi è il rappresentante russo di Wcf, con buoni agganci nel mondo putiniano. In genere se ne esce con cose del genere: “Come russi, vogliamo avvisare l’Occidente dei pericoli di questo nuovo totalitarismo. Ci sono lobby influenti che stanno promuovendo un’aggressiva campagna di trasformazione della società usando come mezzo l’attivismo LGBT”.
Inoltre Komov ha buoni amici in Italia: nel 2013, è stato ospite del congresso della Lega Nord e, in seguito, è stato nominato presidente onorario dell’associazione Lombardia Russia attraverso cui Matteo Salvini voleva stringere i legami con il Cremlino. Ma la Lega Nord non è l’unico interlocutore. Komov è soprattutto gradito ospite di molti convegni dell’associazione ProVita, il cui presidente Toni Brandi è solito indossare deliziosi papillon tartan che non sfigurerebbero a un Gay Pride, se solo avesse voglia di venirci.

Per cercare di far capire il livello di fondamentalismo di Brandi (che purtroppo i lettori di questo sito già conosceranno), riportano un testo di propaganda pubblicato sul sito dell'organizzazione a cui il Comune di Verona ha deciso di regalare soldi pubblici:

In un’Europa alla deriva, che non riesce nemmeno a inserire all’interno della propria costituzione un richiamo a valori più alti rispetto al mero libero mercato, che foraggia il controllo delle nascite, che impone ai propri figli un modello di sessualità al limite del patologico e cerca in tutti i modi possibili di equiparare la famiglia tradizionale alle coppie composte da gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, queer e intrasessuali… ebbene, in un’Europa giunta a questo stadio, sentir parlare Alexey Komov è come aprire una finestra su un mondo possibile per cui combattere. Un mondo dove è proibito istigare con propagande ad hoc i minori a comportamenti sessualmente disordinati, in cui il popolo è convinto che sia normale avere un padre e una madre, in cui la costituzione deve riportare anche i valori etici che ne fondano l’identità.

Ed anche loro osservano alcune casualità di cui ci eravamo occupati nel 2015:

Toni Brandi, che come si legge nell’articolo ha rilasciato una simpatica intervista a Radio 24 in cui afferma che “i gay hanno tendenze pedofile, rompono i coglioni e possono essere curati”, nega rapporti tra ProVita e il movimento di Roberto Fiore, a cui però lo lega una lunga amicizia, dice. Il figlio maggiore di Roberto, Alessandro, è portavoce di ProVita. Le sue sorelle, spiega l’articolo del Corriere della Sera, sono state titolari della società che, in un primo momento, ha curato la distribuzione della rivista di ProVita che ha come fondatore un ex attivista dell’estrema destra, Beniamino Iannace.

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