Eugenia Roccella: «Pillon non è in Senato come militante leghista, è lì per conto di Gandolfini»


Oltre a sostenere che il senatore leghista Simone Pillon promuova «il gender», è in un lungo messaggio pubblicato su Facebook che la deputata anti-gay Eugenia Roccella si lancia nel sostenere che i senatori non siano espressione del voto popolare ma servi di quei poteri forti che gli hanno procurato la loro poltrona.
Parlando di come lei ritenga che il ddl Pillon «distrugge il concetto stesso di famiglia» perché non promuove il sessismo, la donna incalza:

Parlarne non è piacevole per una semplice ragione: incredibilmente (almeno appare incredibile a me) il primo firmatario della legge è un amico, ma soprattutto è un cattolico che proviene dal Comitato difendiamo i nostri figli, e che è nella Lega NON IN QUANTO LEGHISTA, ma perché dovrebbe rappresentare lì dentro quel popolo pro life e pro family che si è riconosciuto nelle grandi manifestazioni di piazza.

Interessante è come la donna dica che il leghista non debba essere espressione del partito per cui gli eletoori l'hanno votato, ma un servo fedele di Massimo Gandolfini. Evidentemente ritiene che i cittadini non contino nulla e che ogni politico debba fungere da faccendiere per chi gli ha garantito la poltrona.
Sostiene anche che il definirsi opinabilmente «cattolico» sia un qualcosa che imponga il dovere di battersi contro la laicità dello stato, in un'ottica in cui quell'auto-definizione basterebbe a legittimare una crociata contro la libertà altrui nella speranza di poter imporre regole e dogmi. Si tratta di una visione pare molto simile a quella del fondamentalismo islamico, con l''unica differenza è che il fondamentalismo islamico ce l'ha fatta mentre il fondamentalismo cattolico non riesce ancora a usare la religione come pretesto per imporre politiche che legittimino chi vuole gettare i gay dai tetti dei palazzi o chi vuole lapidare le donne adultere.
Quasi comico è anche come la signora Roccella sostenga che si possa definire «pro-file» un uomo che ha esultato davanti alla liberalizzazione delle armi da fuoco, che pare non interessarsi dei  bambini che affogano nel Mediterraneo e che ha festeggiato il decreto che depenalizza l'omicidio se si spara alle spalle di un ladro in fuga. Pare quasi che nella dialettica della Roccella, il definirsi «pro-file» significhi disprezzare la vita, attaccare le famiglie, promuovere odio sociale e imporre il il volere dei propri leader.

Ribadendo che Pillon non deve essere ritenuto parte della Lega e che chi si dichiara «cattolico» debba cercare di imporre opinabili interpretazioni della «dottrina» contro la libertà di scelta laica dei cittadini, aggiunge:

Capisco il lungo silenzio: anch’io ho taciuto sperando che i tanti segnali negativi mandati dal mondo cattolico, dalla Bussola al Centro Livatino, da Avvenire al Forum delle Famiglie, bastassero a convincere il senatore Pillon a desistere. Non capisco invece il senso del comunicato, uscito, fra l’altro, dopo una pessima intervista a Pillon sul Corriere, in cui si citava anche Gandolfini.
Nel comunicato si dice che il Comitato non c’entra con il disegno di legge, e che il tema della bigenitorialità sta nel contratto di governo. Ma Pillon viene SEMPRE citato in relazione al Comitato e alle manifestazioni anti-gender, e nell’intervista del Corriere su questo punto c'è l’avallo di Gandolfini. Come ho detto, mi sembra che Pillon non sia in Senato come militante leghista, ma proprio per conto del Comitato. Se così non è, se Simone è solo uno dei tanti senatori leghisti con il compito di applicare il contratto di governo e di seguire sempre e comunque Salvini, va benissimo, basta dirlo e fare chiarezza. Io credo che questa sia la sostanziale differenza tra un politico che è ANCHE un cattolico e un cattolico che sceglie di fare il politico. Se si entra in politica perché si vuole dare corpo ai principi della dottrina bisogna essere disposti anche a dissociarsi e combattere contro le cose sbagliate che il proprio partito fa, fino eventualmente ad andarsene. L’importante è comunque che tutto sia fatto in trasparenza.

Pare inutile ribadire quanto detto: se Pillon voleva essere eletto per conto di Gandolfini, forse avrebbe dovuto fare come Adinolfi e presentarsi a nome del progetto politico che intendeva servire (anche se forse Pillon sa i dati ci indicano che quei progetti siano condivisi solo dallo 0.6% dell'elettorato).
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